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Repubblica-Nel palazzo insulti e tafferugli rovinano la festa del ministro

Nel palazzo insulti e tafferugli rovinano la festa del ministro Gli studenti delle consulte di sinistra si agitano, fanno capannelli. Poi in un attimo sale la tensione: "Ma questa non ?...

21/12/2001
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la Repubblica

Nel palazzo insulti e tafferugli rovinano la festa del ministro
Gli studenti delle consulte di sinistra si agitano, fanno capannelli. Poi in un attimo sale la tensione: "Ma questa non è democrazia..."
I cori ritmati dei giovani di destra. Dalle prime file un'insegnante inveisce contro il premier: "Vergogna". E se ne va
MASSIMO DELL'OMO


MASSIMO DELL'OMO
ROMA '#8212; Ultima curva, tre metri all'arrivo. Gli Stati generali l'abbordano bene stringendo sulla destra. Il pubblico ha l'applauso in canna, ma il traguardo è rimandato. Succede che un gruppo di studenti attraversa la strada col rosso. Li avevano chiamati a partecipare; erano stati a guardare per tutta la giornata di mercoledì. Ieri mattina avevano perfino rinunciato al corteo. Ora vogliono farsi un giro anche loro. Sennò bloccano la corsa. Intervengono vari servizi d'ordine in borghese e in divisa.
Seguono esercitazioni di fisica elementare su spinte e controspinte, legge di gravità applicata alle mani, spostamenti di corpi nello spazio e nel tempo, altri esercizi sparsi di geometria variabile sull'orlo di possibili e più rovinose reazioni a catena. Che però vengono disinnescati da uomini e donne di buona volontà di ambo le parti del pressing. Il consuntivo contempla un contuso lievissimo, sgorgo di lacrime nervose e parecchi abbassamenti di voce per via delle grida. E accuse volanti e non identificate. Come quella di una ragazza che, rivolta a probabile interlocutore maschile, scandisce alto un: "Lei mi ha toccato una tetta". Il ferito più grave risulta essere l'epilogo degli Stati. Niente ovazioni, niente inni, niente di niente. Il convegno si liquefa, con l'ultima parola di Berlusconi, in quieti e ovattati rivoletti.
Giornata delle sorprese, dunque. La platea del Palazzo dei Congressi presenta larghi vuoti. Proprio sulla destra, ma non vuol dire niente, si contano dieci file di sedici poltroncine ciascuna, praticamente deserto. Il fumo di Londra è il colore dominante. Se fosse in omaggio alla padrona di casa che mercoledì si è presentata in principe di Galles, sopra, e nero, sotto, il calcolo è sbagliato. La Moratti compare solerte in giacca bianca su camicia bianca. Dettagli ininfluenti. La sostanza è altra. Salto di qualità rispetto al giorno prima. Linguaggio chiaro, eloquio spedito, contenuti interessanti. La va per il meglio anche durante la parata dei ministri. Ma cominciano gli scricchiolii. Gli studenti di sinistra si agitano, fanno parecchi capannelli, si consultano di frequente. Che succede? Faticano a non dirti quel che hanno in mente. Spiegano perché hanno preferito gli Stati al corteo. Emilio Vitola di Salerno mostra il cartoncino del pass appeso al collo: "E' un problema di coerenza. Siamo rappresentanti delle consulte. La consulta ci ha pagato il viaggio, dovremo riferire. Il nostro posto è qua dentro". Chapeau. A destra si allertano. Annusano manovre. Cercano di intercettare possibili exploit. Che invece arrivano da un'altra parte.
Dalle prime file si leva un grido: "Vergogna". Grida più alto: "Vergogna". E' una signora bien soignée che, in piedi, sventola il settimanale "Chi" con la foto di Berlusconi e signora in copertina. "Vergogna '#8212; continua '#8212; questa è la vostra cultura". Prende e se ne va strascicandosi dietro un "lei non è una persona democratica" del ministro Marzano. Chi è? "I'm a teacher", replica lei. Come ha fatto ad entrare? "Ho trovato un pass per terra e me lo sono messo al collo". Bene, brava, un sacco di foto, uscita di scena non senza deporre un'altra vergogna ben scandita.
Sarà un caso ma è il tuono che annuncia tempesta. Marzano esce, Moratti al microfono, Berlusconi sull'uscio. Due o tre frasi di riscaldamento, l'abbrivio per arrivare alla parola "democrazia" che dal settore di sinistra si leva un ululato in crescendo. Poi sono urla. Quelle che hanno rimuginato dentro per tutta la mattinata: "Ma quale democrazia, non ci avete fatto parlare". Le voci si moltiplicano. Volano insulti. Dall'altro lato '#8212; fisico e ideologico '#8212; si levano in piedi gli studenti di destra. Coro ritmato: "Fuori/Fuori". Mattia Stella, della consulta di Roma, sale sulla poltroncina e si sgola fuori tempo: "Libertà/libertà". Arrivano una decina tra gorilla privati, sceriffi pubblici conclamati, per via della piastra al petto, e agenti pubblici con look e aria casual di chi stava lì per caso a fischiettare. Stella viene abbrancato e accompagnato fuori; gli altri, venti/trenta, si accodano. Le urla salgono. C'è il tentativo di estromettere il gruppo dal Palazzo dei Congressi. Gli studenti si ancorano al bancone delle hostess che han preso il volo. Si formano tre cerchi ondulanti. In mezzo, Stella e altri quattro o cinque rebeldes, placcati da cinque o sei vigilanti, a loro volta circondati da altri studenti, prigionieri degli sceriffi. Un grappolo in cui ognuno spinge in direzione diversa senza saper bene che altro fare se non dare ordini contraddittori al proprio vicino di spinta. Si prosegue nel corpo a corpo. Anche gli studenti spintonano tra di loro volendo, alcuni, andare fuori alla manifestazione; volendo, altri, tornare in sala dal Berlusca subentrato al parlatoio. Le urla si annullano a vicenda. C'è qualche smanacciata vagante. Una giornalista del Manifesto, Iaia Vantaggiato, denuncerà, dopo, "una mano sulla faccia". Nel bailamme sale, sul bancone delle hostess a fianco dei contestanti, il vicequestore Antonio Del Greco che pronuncia l'unica parola da pronunciare: "Non spingete". Come si dice in gergo, la tensione cala. Gli studenti decidono di rientrare. Troppo tardi. Le porte sono ostruite da file di agenti della Celere venuti a dar man forte da fuori. Ricomincia il corpo a corpo con ripiegamento di un finto archivolto di legno. Stavolta Stella dà una mano a Del Greco. "Non spingete gli agenti, sono ragazzi come noi". Trattative varie e il gruppo rientra in sala. Dove, mentre gli altri baccagliavano inutilmente fuori, era accaduto che una biondina minuta, con gli occhi celesti '#8212; Maria Francesca Imbaldi, 17 anni, quinta liceo "Caccioppoli", della consulta di Napoli era riuscita nell'impossibile. Si era quattamente avvicinata al palco di Berlusconi. Bloccata dai vigilanti, aveva avuto il tempo per protestare '#8212; un po' gridando, un po' piangendo, un po' da ferma, un po' durante la rimozione '#8212; quello che le stava nel groppo: "Voglio parlare... Pretendo di essere ascoltata... Se mi avete invitata dovete stare a sentire quello che ho da dire... Scendi da là sopra...". Forse anche qualcos'altro. Il pianto, più che i vigilanti, non le ha permesso altro.