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Repubblica-QUANTO DISTANO DA ROMA DUBLINO ED HELSINKI

MARIO PIRANI QUANTO DISTANO DA ROMA DUBLINO ED HELSINKI' I giornali di giovedì scorso davano rilievo al discorso preoccupato del presidente della Confindustria, Luca di Montezemolo, sulla s...

20/12/2004
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la Repubblica

MARIO PIRANI
QUANTO DISTANO DA ROMA DUBLINO ED HELSINKI'

I giornali di giovedì scorso davano rilievo al discorso preoccupato del presidente della Confindustria, Luca di Montezemolo, sulla situazione economica, pronunciato nel corso di un seminario sulle trasformazioni industriali in Europa ricco di analisi e comparazioni che non potevano trovar spazio sui quotidiani. Approfitto, quindi, della mia rubrica per dar conto di almeno qualcuna delle questioni che ho trovato di maggior interesse. Una riflessione generale concerne proprio la parzialità dell'imputazione mossa all'alto cambio dell'euro quale causa del nostro ristagno produttivo. Sia Montezemolo che il professor Garonna nella sua relazione hanno rammentato che l'andamento non era brillante neppure quando i corsi dell'euro erano bassi.
Per contro dal 2003, con l'euro in ascesa, grazie all'impegno dei suoi industriali, agli accordi con i sindacati che peraltro si accompagna al costo orario di lavoro fra i più alti del mondo, alle riforme messe in atto dal governo socialdemocratico-verde, la Germania è diventata nel 2003 il più grande esportatore mondiale, superando anche gli Stati Uniti, per un ammontare pari ad un quarto di tutte le esportazioni europee.
Un altro aspetto preso in esame concerne le linee di politica economica che hanno permesso notevolissimi risultati positivi in alcuni paesi. In particolare l'attenzione è stata portata su Irlanda e Finlandia, la prima governata da un partito moderato e la seconda da una alleanza socialista-liberale. Cominciamo dall'Irlanda che dal 1994 al 2003 è cresciuta in media dell'8% all'anno (l'Ue del 2), il reddito pro capite è salito del 39% ed è oggi il più alto d'Europa, la produzione del 13%, gli occupati del 38%, il tasso di disoccupazione è sceso dal 14,3 al 4,6, il debito pubblico è il più basso in assolto (32% del Pil). Alla base di questa straordinaria performance ci sono precise scelte: una politica per attrarre massicci investimenti diretti stranieri grazie al basso costo e all'estrema facilitazione burocratica per le nuove localizzazioni, ad una aliquota fiscale sui redditi da capitale che è la più bassa d'Europa, alla moderazione salariale concordata con i sindacati, ad una utilizzazione ottimale dei fondi concessi dall'Ue (dall'86 al 95%) seconda solo a quella del Portogallo, infine ad un sostegno alla ricerca (il 3% del Pil contro l'1% scarso dell'Italia) che ha portato nell'ultimo decennio ad una alta specializzazione produttiva nelle nuove tecnologie tanto che, pur essendo una economia di dimensioni ridotte, l'Irlanda è presente in sette sui dodici settori considerati nelle classifiche high tech.
Vengo ora alla Finlandia che dopo la grave recessione degli anni Novanta ha saputo emergere e risollevarsi collocandosi tra le più dinamiche economie europee. Il Pil da meno 3,5 e passato a più 4,7 e la disoccupazione si è più che dimezzata. Il clou dello sviluppo è dovuto al massiccio impegno nella ricerca (gli stanziamenti sono passati dall'1,5 al 3,5) attraverso un sistema nazionale per l'innovazione che ha garantito un approccio molteplice e coordinato. Oltre ai nuovi settori ad alta tecnologia, in particolare nelle telecomunicazioni, i processi innovativi basati sulle "nuove conoscenze" sono stati applicati anche ai settori tradizionali (legno, metalli, carta, alimentari) con una interazione stretta fra università e industria. Un ruolo trainante lo hanno avuto anche alcune grandi imprese come la Nokia.
Le poche notizie qui riportate credo possano dare spunto ad amare riflessioni sulle non-scelte o le scelte sbagliate (vedi l'ultima trovata fiscale) che caratterizzano la politica italiana e che spiegano, almeno in parte, le ragioni del nostro declino ma, secondo la mia abitudine, preferisco dar la parola ai lettori. Dopo l'ultima rubrica nella quale lamentavo la soppressione dell'Istituto per la Fisica della Materia ecco cosa mi scrive, ad esempio, il dottor Enrico Vigezzi, rappresentante dei ricercatori dell'Istituto di Fisica nucleare: "Gli enti di ricerca con la Finanziaria subiranno tutte le restrizioni che coinvolgono gli enti pubblici (diminuzione dei finanziamenti, limitazione della spesa al 2%, blocco delle assunzioni per tre anni). Questi tagli non distinguono tra le aree che funzionano e quelle in cui invece si spreca il denaro pubblico. Sono poi del tutto incompatibili con i proclami sulla necessità di incrementare la ricerca e il numero dei ricercatori, di gran lunga inferiore alla media europea, mentre centinaia di scienziati di alta qualificazione attendono di essere assunti o di passare di livello, dopo concorsi regolarmente vinti". Quanto distano da Roma Dublino ed Helsinki?