Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Ricercatori, la stretta fa litigare il governo

Ricercatori, la stretta fa litigare il governo

a riforma del reclutamento universitario spacca la maggioranza: il progetto di ridurre ad un massimo di 5 anni il periodo del precariato, allo studio del Movimento 5 Stelle, ha creato uno scossone nel mondo accademico dove la maggioranza dei docenti e dei ricercatori è a tempo determinato

19/03/2019
Decrease text size Increase text size
Il Messaggero

La riforma del reclutamento universitario spacca la maggioranza: il progetto di ridurre ad un massimo di 5 anni il periodo del precariato, allo studio del Movimento 5 Stelle, ha creato uno scossone nel mondo accademico dove la maggioranza dei docenti e dei ricercatori è a tempo determinato. Oltre i 5 anni, infatti, sarebbero costretti ad uscire dal percorso universitario. La proposta del viceministro all'istruzione Lorenzo Fioramonti, riportata ieri dal Messaggero, fa discutere e crea non pochi malumori nella maggioranza. Perché? Da un lato c'è la volontà di tagliare i tempi del pre-ruolo nelle università con l'obiettivo di permettere ai precari di rivolgere il loro impegno in altri percorsi, ad un'età ancora giovane. Eliminando quella giungla di contrattini e borse di dottorato che prolungano l'attesa di un ruolo che, nella stragrande maggioranza dei casi, non arriva mai. Dall'altro però c'è la paura, da parte di decine di migliaia di docenti e ricercatori, di vedersi tagliare fuori una volta per tutte.
LE POSIZIONIE allora dal progetto di riforma, che vede protagonisti anche la valutazione e i percorsi per l'abilitazione scientifica, la Lega ha già preso le distanze. Il presidente della commissione Cultura al Senato, il leghista Mario Pittoni, dice «L'idea di Fioramonti, di mettere fuori i ricercatori se dopo 5 anni non hanno ottenuto la cattedra, è una proposta non concordata e tutta da verificare». Il progetto di riforma sul reclutamento universitario, quindi, non parte dalla VII commissione, che non ne era al corrente, né rientra nei progetti della Lega. Nel contratto di governo, all'articolo 30, per quanto riguarda l'università si legge: «E' necessario incrementare significativamente le risorse finanziarie per valorizzare i nostri docenti e ricercatori, assicurando adeguate condizioni lavorative e superando la precarietà che in questi anni ha coinvolto in misura sempre maggiore anche il mondo universitario e della ricerca».
Per superare la precarietà, quindi, servono investimenti. Per ora è stata annunciata l'assunzione di 1511 ricercatori di tipo B. Ma restano ancora fuori decine di migliaia di precari. Tanti da superare in numero i docenti a tempo indeterminato. Secondo un'indagine della Flc Cgil sul precariato universitario Stesso lavoro, stessi diritti. Perché Noi no?, nel 2017 il 56% dei docenti e dei ricercatori era a tempo determinato. E si tratta di una crescita costante dal 2003 ad oggi visto che, 16 anni fa, la quota dei precari si fermava al 41% e nel 2009, a metà del periodo preso in considerazione, era già arrivata al 54%. Di anno in anno cresce la percentuale dei docenti senza ruolo e diminuisce, in maniera proporzionale, la presenza di personale giovane. Vale a dire che sono in molti, tutti, quelli che superano abbondantemente i 5 anni di precariato. I docenti e i ricercatori di ruolo sotto i 35 anni, ad esempio, nel 2500 erano 3500 su tutto il territorio nazionale. Nel 2017, dopo una riduzione impressionante, sono scesi a 42. Drastico calo anche per i docenti e i ricercatori di ruolo della fascia di età più grande, dai 35 ai 44 anni: nel 2005 erano 16mila, nel 2017 sono stati dimezzati fino ad arrivare a 8mila unità. Resistono solo i cinquantenni e oltre. E lo spazio per i giovani si assottiglia sempre di più.
Ma lasciare fuori quelli che lavorano precariamente da oltre 5 anni non sembra essere la soluzione migliore per il governo. Anche al ministero dell'Istruzione, infatti, ieri è sceso il gelo su una proposta di riforma non condivisa. Anche perché fino ad oggi le scelte ministeriali e quella della maggioranza in generale miravano a considerare le questioni dei precari, cercando di dare un peso agli anni di servizio nell'insegnamento: a cominciare dalla complessa questione delle maestre diplomate magistrali che, per anni, sono state in cattedra come supplenti in attesa del ruolo per poi vedersi estromettere dalle graduatorie. Ora potranno accedere al concorso straordinario, proposto dal Miur proprio per non veder vanificato il loro servizio. Poi ci sono i 15mila docenti di religione precari, su un totale di 27mila: è allo studio un concorso che arriverà a breve per garantirne la stabilità. Per questo la riforma del pre-ruolo all'università, ad oggi, non sembra in linea con le scelte portate avanti dal governo.
Lorena Loiacono