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Roma, le aule scarseggiano. Bambini fermi al posto

La campanella suona nel 95% degli istituti, tra entusiasmi e preoccupazioni. Emergenza alle superiori: gli spazi non bastano. Per più di 11 mila sarà ancora Dad

15/09/2020
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il manifesto

Giansandro Merli

Il ritorno del traffico ha annunciato ieri la riapertura delle scuole della capitale. Quasi tutte (il 95%), anche se molte con orari ridotti. Poco dopo le otto all’incrocio tra via delle Cave e Tuscolana, strada medievale che dà il nome al quartiere, c’è una piccola folla. Sotto le due torri imponenti della scuola dell’infanzia e primaria Cagliero, mamme, papà e bambini attendono dietro le mascherine la combinazione di numero e lettera che indica la classe. «1C», e i neo alunni sorpassano per la prima volta il cancello. La tradizionale fila per due è dimezzata, con distanziamento frontale e posteriore. Gli adulti salutano l’ingresso con un applauso dal suono liberatorio. «Una è andata – dice una mamma – Vado a prendere l’altra. Entra alle 9».

In fila per uno alla elementare Verdi di via Gela, foto di Giansandro Merli

IN VIA AMULIO, alle spalle dello stesso monumentale edificio, sui gradini una donna con mascherina, visiera e termometro digitale a infrarossi misura la temperatura ai bambini. La maestra li chiama per nome, mentre tre gilet gialli si assicurano che mantengano il distanziamento. Non sono esponenti del movimento francese che fa tremare il presidente Macron, ma genitori degli alunni della scuola primaria di I grado, cioè media, Albio Tibullo. «Abbiamo fatto il possibile, speriamo duri», dice la maestra dal piano rialzato quando sotto sono rimasti solo alcuni genitori.

La scuola media Albio Tibullo dopo l’ingresso degli alunni, foto di Giansandro Merli

APPENA DOPO piazza dell’Alberone, il liceo ginnasio Augusto affaccia su via Appia. Gli studenti sono già dentro, divisi in base alle classi tra varie entrate e due orari: 8 in punto e 8.15. «Sulle superiori c’è un problema. A Roma e provincia mancano 476 aule. Molte non saranno recuperate. Almeno 11 mila studenti dovranno continuare con la Dad, ma saranno di più: molte scuole invece di chiedere altri spazi si sono attrezzate per la rotazione delle presenze. È un dato molto negativo: il rientro doveva essere in sicurezza, ma per tutti», dice Alessandro Tatarella, segretario generale Flc Cgil Roma e Lazio.

Una studentessa entra in ritardo al liceo Augusto, foto di Giansandro Merli

DAVANTI ALL’ISTITUTO tecnico industriale Galilei, quartiere Esquilino, i ragazzi riempiono il marciapiede. «Finalmente si lavora», dice il barista che fa i caffè là vicino. Sul portone della scuola: le classi sono chiamate col megafono; le mascherine autoprodotte sostituite con quelle monouso; le mani disinfettate con uno spruzzino.

L’appello al megafono all’Its Galilei, quartiere Esquilino, foto di Giansandro Merli

DIETRO L’ANGOLO c’è il plesso Di Donato, istituto comprensivo (Ic) Manin. Le mascherine dei genitori sono incorniciate da chador, turbanti, capelli ricci e varie tonalità di pelle. «Fino all’ultimo c’è stata agitazione, ma poi ho visto felicità e voglia di ricominciare. Sta andando benissimo», afferma la dirigente scolastica Manuela Manferlotti. Nelle due sedi dell’Ic ci sono 800 alunni. Con avanzi di bilancio sono stati acquistati autonomamente banchi e dispositivi di protezione individuale. A parte la mensa, che inizierà dopo il weekend elettorale, qui è tutto pronto.

Suona la campanella alla scuola Di Donato, foto di Giansandro Merli

NELLO STESSO QUADRANTE EST della città ma fuori dal raccordo, alla media Pagano i banchi monoposto sono arrivati solo ieri mattina. «A livello logistico è andata comunque bene – dice Serena Orazi, insegnante di lettere – I problemi sono altri. I ragazzini devono stare praticamente fermi. Non tutti sopportano la mascherina. La ricreazione si fa al banco. E poi qui mancano tantissimi docenti, praticamente tutti quelli di sostegno». Orazi descrive un clima di preoccupazione tra chi insegna per le possibili sanzioni derivanti da un’applicazione scorretta di linee guida ministeriali e protocollo d’istituto. «Così le procedure prevalgono sulla didattica e il docente diventa una sorta di controllore», afferma. Una scuola in cui il contatto è fonte di rischio e dunque di problemi avrà effetti di lunga durata sulla formazione delle personalità degli alunni. Intanto, però, la campanella è suonata. «Mi è piaciuto, c’erano compagni simpatici, mi sono emozionato», racconta Leo, sei anni, dopo l’esordio alla Montessori di Villa Paganini.