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Scuola lite Di Maio-Renzi: «Via la riforma». «Così tornano i precari»

Il leader Pd: «Così 132mila docenti torneranno a fare i precari». Il capo M5S: «Smantelleremo la scuola-azienda». Ma inciampa sul rapporto spesa-Pil

18/01/2018
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Corriere della sera

Antonella De Gregorio

Volano stracci sulla scuola. Che sotto elezioni assume un peso altissimo e accende critiche e promesse, va a caccia di consensi e drena il malcontento. A fare la voce grossa è il candidato premier M5S Luigi Di Maio, che in un’intervista a Tecnicadellascuola.it, rilanciata dal blog di Beppe Grillo, sostiene che «La riforma Renzi non ha nulla di buono». E - aggiungendo che «le nostre non sono promesse elettorali» - promette di «smantellarla». Via i super-poteri ai presidi, la chiamata diretta dei docenti, il bonus premiale e la card formazione per i docenti. E poi: eliminazione dei test Invalsi e della chiamata diretta; meno ore e più tempo pieno. Per poi concludere con una boutade difficilmente realizzabile «La prima cosa che faremo sarà aumentare le risorse per l’istruzione: nel medio termine vogliamo arrivare al 10,2% del Pil, in linea con la media europea». A parte il fatto che quella percentuale si riferisce al peso della spesa in istruzione sulla spesa pubblica totale e non in rapporto al Pil (dove la media europea è pari al 4,9 per cento contro il 4 per dell’Italia), promettere di portare la spesa pubblica in istruzione dal 7,9 al 10,2 per cento significa continuare a non fare i conti con l’Europa: il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici ha appe richiamato l’Italia (e il M5S) a mantenere il deficit italiano entro i limiti.

132mila precari

A Di Maio ha risposto a stretto giro l’artefice della Buona Scuola: così, su Facebook, il segretario del Pd, Matteo Renzi: «Prendiamo sul serio Di Maio, non sottovalutiamolo. Ci sono 132 mila insegnanti che erano precari, che noi abbiamo assunto e che tornerebbero a fare i precari». «Viva il precariato, torniamo a scuole meno sicure, inventiamoci cifre e numeri a casaccio». Dopo di lui hanno rincarato la dose anche il senatore Pd Andrea Marcucci, presidente della commissione Istruzione a Palazzo Madama («La buona scuola ha consentito di assumere circa 130 mila nuovi insegnanti, di avviare un piano di edilizia scolastica da quasi 10 miliardi, di rilanciare la scuola dell’infanzia, di prevedere aumenti nel nuovo contratto della categoria e di finanziare la card di 500 euro per l’aggiornamento professionale»), e la responsabile scuola del partito Simona Malpezzi («Alle nostre proposte con risorse avete sempre votato contro. Poi ci dite che volete smantellare una legge che contiene il più grande investimento sulla scuola che sia mai stato fatto»).

«Non intendiamo licenziare»

Silvia Chimienti, deputata M5S difende invece le posizioni del leader pentastellato: «Non intendiamo licenziare nessuno. Al contrario di ciò che ha fatto Renzi, che ha assunto senza criterio, svilendo gli insegnanti, noi vogliamo assumere sulla base del fabbisogno reale». E i capigruppo Daniele Pesco alla Camera e Vilma Moronese al Senato attaccano: «Le assunzioni di cui si vanta oggi erano soltanto un atto dovuto, arrivato peraltro con notevole ritardo, dopo decenni di abuso dei contratti a termine nel comparto scolastico. Il Pd ha realizzato un piano di assunzioni scriteriato che ha svilito la professionalità dei precari storici costringendoli a fare i tappabuchi e i jolly alla mercé dei dirigenti scolastici o trasferendoli a migliaia di chilometri da casa attraverso un algoritmo impazzito».

I programmi sulla scuola

Nel frattempo, le trattative per il rinnovo del contratto scuola stentino a decollare verso una possibile intesa. Molte le gatte da pelare per chi siederà sulla poltrona occupata da Valeria Fedeli, peraltro l'unica novità nel passaggio tra l'esecutivo Renzi e il governo-fotocopia di Paolo Gentiloni. Quale sarà la ricetta del nuovo governo per la scuola? Quella del Pd che promette più fondi per il merito dei docenti, o della Lega che li vuole correggere? Chiamata diretta da migliorare (Lega), rilanciare con retribuzioni differenziate (Forza Italia) o da abolire (Cinque Stelle, ma anche Liberi e Uguali)? E se tutti sono più o meno d'accordo sulla necessità di potenziare l’istruzione tecnica, sul'alternanza scuola-lavoro c'è meno consenso: Leu la proporrebbe su base volontaria, la Lega la rivedrebbe. Concorsi su base regionale (Forza Italia), nazionale, chiudendo le Gae (Pd), stabilizzazione pluriennale dei docenti precari e, soltanto in seguito, l'avvio dei concorsi (Leu)? Persino sulla sperimentazione dei licei a 4 anni i partiti si azzuffano. Gli insegnanti, intanto, consapevoli del loro potere, si stanno togliendo (via social), qualche sassolino dalle scarpe. E in vista delle elezioni del 4 marzo promettono di assegnare il voto a chi saprà meritarsi la loro fiducia.