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Scuola, nei prossimi 10 anni un milione di studenti in meno

Un futuro decisamente meno vivace rispetto ad oggi, quello che si prevede per la scuola italiana da qui ai prossimi 10 anni. Secondo un'elaborazione della Fondazione Agnelli sui dati Istat relativi all'evoluzione demografica

13/04/2018
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Il Messaggero

 Se gli studenti non ci sono, non ci sono neanche le classi. E quindi neppure i docenti in cattedra. Un futuro decisamente meno vivace rispetto ad oggi, quello che si prevede per la scuola italiana da qui ai prossimi 10 anni. Secondo un'elaborazione della Fondazione Agnelli sui dati Istat relativi all'evoluzione demografica, nel 2028 i ragazzi in età scolare, compresi tra i 3 e i 18 anni, diminuiranno dai 9 milioni attuali ad 8 milioni. Un milione di studenti in meno per un calo demografico dovuto a diversi fattori: principalmente dipende dal numero di madri potenziali che, dal 2007 al 2017, sono diminuite del 10%. Poi vanno presi in considerazione aspetti come la propensione delle donne ad avere figli, visto che in 10 anni il tasso di fecondità è sceso del 6%, e la riduzione dei flussi migratori internazionali, con un saldo migratorio con l'estero sceso dal 7,5% del 2007 al 3% del 2017. 
In base a questa tendenza, quindi, tra dieci anni la scuola italiana avrà un milione di studenti in meno che equivale a 55 mila cattedre in meno. Nel dettaglio saranno 6.343 le classi in meno necessarie nella scuola dell'infanzia, 17.956 in meno alle elementari, 9.420 classi in meno alle medie e 3.002 classi in meno nelle scuole superiori. Un calo che investe l'Italia intera, da Nord a Sud, nella stessa maniera ma porta differenze da regione a regione. Per quanto riguarda la scuola materna infatti, con bambini da 3 ai 5 anni, il calo maggiore si registrerà al Sud con il 17% di iscritti in meno, a seguire Nord e Centro a pari misura con un 14% di bambini in meno: la Sardegna perderà il 20% di iscritti, la Campania il 15%, l'Umbria il 13% mentre regioni come Lombardia, Liguria e Valle d'Aosta perderanno l'8%, Piemonte e Veneto l'11%. Si tratta di dati allarmanti che, pur evidenziando un calo generale per tutte le regioni, mettono ancora più in risalto le criticità a cui andranno incontro i docenti del Sud già oggi costretti a spostarsi al Nord per insegnare. Un flusso migratorio che sarà ancora più necessario da qui al 2028, visto il calo nel meridione, ma a cui il settentrione non potrà dare risposte visto che anche nelle regioni del Nord ci sarà una brusca riduzione di iscritti. Come mette in rilievo la Fondazione Agnelli, a differenza del passato il calo di studenti interesserà infatti tutte le regioni, comprese quelle del Nord anche se in minor misura, e quindi si assisterà ad una diminuzione della mobilità dei docenti proprio poiché diminuiranno le opportunità di trasferirsi dal Sud al Centro-Nord per entrare in ruolo. Il fenomeno è costante anche alle elementari dove mancherà il 19% di ragazzi al Sud, il 16% al Nord e il 14% nelle regioni del Centro. Alle medie il divario si allarga tra il calo del 19% al Sud e il calo del 10% e del 9% rispettivamente al Nord e al Centro. Per quanto riguarda le scuole superiori, la differenza è ancora più accentuata visto che a fronte della diminuzione di studenti del Sud pari al 13% ci sarà un aumento del 4% al Nord e del 6% al Centro. 
SPAZIO INSUFFICIENTEIn quel caso i docenti potranno trovare maggiore spazio nelle regioni settentrionali ma non sarà comunque sufficiente. Guardando le singole regioni emerge che quella che perderà il maggior numero di classi alle superiori sarà la Campania con 1866 sezioni in meno, a seguire la Puglia con 1228 sezioni in meno e la Sicilia con 1.085 classi in meno. Guadagneranno classi in più, invece, regioni come la Lombardia con 669 in più al liceo e l'Emilia Romagna con 625 sezioni superiori in più. Si assisterà quindi ad un inevitabile rallentamento nel turnover dei docenti con un minor numero di assunzioni rispetto ai pensionamenti e il corpo docenti tornerà ad invecchiarsi in barba all'innovazione didattica. D'altro canto la perdita di 55mila cattedre corrisponde per lo Stato a 2 miliardi di euro risparmiati sugli stipendi ogni anno. Ma, se le politiche scolastiche lo consentiranno, con quei 2 miliardi in più l'anno sarà possibile rafforzare il tempo pieno, aumentare la presenza media di insegnanti per classe e snellire le aule che, oggi, risultano sovraffollate. 
Lorena Loiacono