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ScuolaOggi: Il ministro Brunetta e la "conventio ad excludendum " nei confronti della CGIL

Ma a chi giova veramente una politica muscolare, fatta di anatemi, scomuniche e di contrapposizioni a tutti i costi ?

11/12/2009
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ScuolaOggi

Il ministro Brunetta parte nuovamente all’attacco ma non dei soliti fannulloni. Questa volta la bestia nera è la CGIL di Guglielmo Epifani, cioè il maggior sindacato italiano. L’occasione è la convocazione dei sindacati, preannunciata dal Ministro, sui rinnovi contrattuali del pubblico impiego. Non tutti i sindacati ma soltanto quelli che hanno sottoscritto l’accordo quadro sui nuovi modelli contrattuali: quindi, fuori la CGIL . Questo sarebbe per il ministro il motivo della “conventio ad excludendum” che colpisce la CGIL . Una scortesia o uno strappo istituzionale, politico e sindacale?

In verità la mossa di Brunetta è parte di una strategia , già riproposta dal centro-destra con alterna fortuna, in questi ultimi anni.Fu così col Patto per l’Italia, pensato allora con le stesse finalità strategiche: dividere i sindacati buoni, CISL e UIL da un lato , dai cattivi, vale a dire dalla CGIL di Cofferati ieri e oggi di Epifani. Ma a chi giova veramente una politica muscolare, fatta di anatemi, scomuniche e di contrapposizioni a tutti i costi ? Non giova certo a Cisl e Uil che anche in questa occasione hanno subìto in silenzio, senza batter ciglio, l’iniziativa del ministro ultras. Eppure le ragioni dell’unità con la Cgil stavano tutte dentro la piattaforma unitaria del 2008 sui nuovi modelli contrattuali, prima della rottura e del grande freddo, calato sulle confederazioni con l’accordo separato del 22.1.09.

Da allora non si può dire che la situazione sindacale e contrattuale sia migliorata, basti pensare al pubblico impiego e alla scuola, come vengono trattati nella finanziaria del 2010. Col peccato originale della divisione, avviato nel 2002 e ahimè riproposto nel 2009 non hanno vinto né la concertazione né la modernizzazione delle relazioni sindacali. Hanno vinto, invece, le posizioni più oltranziste dentro la Confindustria e dentro il Governo. Hanno vinto i falchi che hanno perseguito fino all’ultimo l’obiettivo di isolare il maggior sindacato italiano, la Cgil, pensando così d’indebolire non solo il sindacalismo confederale nel suo insieme ma l’intera opposizione politica e sociale a questo Governo. Hanno vinto quanti dentro e fuori dal Governo hanno bisogno di sentirsi in guerra quotidiana contro qualcuno. Gli stranieri, i diversi,la stampa, la magistratura,le istituzioni, le opposizioni e più in generale chiunque manifesti un pensiero critico o divergente da quello della maggioranza che ci governa, diventa automaticamente un bersaglio da colpire e quindi un nemico da abbattere. E’ questa la deriva cui sta pericolosamente approdando la nostra democrazia.

Gli amici di Cisl e Uil non hanno niente da dire a proposito? Gli accordi separati e per ultimo il decreto Brunetta sul Pubblico impiego ha reso più forte il sindacato o lo ha indebolito? C’è più contrattazione, più salario nelle tasche dei lavoratori dipendenti pubblici e privati o una deriva autoritaria che attraversa anche i rapporti di lavoro, con minor garantismo e ridotte tutele? L’invito alla riflessione vuole partire da qui, da come ci siamo ridotti, marciando divisi non per colpire uniti ma per essere colpiti , perchè divisi come non mai. Il sindacalismo confederale se vuole avere ancora un futuro, deve smetterla di fare da stampella o alibi a questo o a quel governo, lucrando le poche briciole che cascano dalla mensa del ricco epulone. Tutti devono fare un passo indietro, rinunciando per sempre alle rendite di posizione e mettendo definitivamente da parte i veti incrociati.

Le piattaforme e così anche gli accordi vanno discussi e convalidati dai lavoratori, altrimenti non si capisce in nome e per conto di chi i sindacati firmano gli accordi con validità “ erga omnes” . E non è un caso che proprio sulla democrazia di rappresentanza e di mandato che si sono incagliate tutte le più recenti buone intenzioni confederali. La piattaforma unitaria del 2008 costituiva anche su questo terreno un dignitoso punto di partenza. Perché, una volta riconosciuti gli errori commessi, soprattutto nel corso del 2009 , non ripartire da lì? Finita l’ubriacatura berlusconiana, prima o poi bisognerà mettere da parte le proprie bandierine e riprendere anche in casa confederale il dialogo interrotto.

Un dialogo che deve ripartire dal basso, dai luoghi di lavoro, restituendo ad una rappresentanza vera, indipendente e autonoma dalla controparte, il compito di difendere i lavoratori e di renderli protagonisti, non con la demagogia o il populismo ma acquisendo, di volta in volta, il loro consenso con gli strumenti della partecipazione e della democrazia.

Pippo Frisone