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Sempre più lauree flessibili con innesti interdisciplinari

Un po’ per adeguarsi al mondo del lavoro che cambia e che richiede saperi sempre più trasversali, un po’ per intercettare i gusti mutevoli degli studenti. Fatto sta che molti atenei cominciano a usare con una certa continuità gli spazi di autonomia consentiti dall’ordinamento universitario

29/06/2020
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Il Sole 24 Ore

Eu.B.

Un po’ per adeguarsi al mondo del lavoro che cambia e che richiede saperi sempre più trasversali, un po’ per intercettare i gusti mutevoli degli studenti. Fatto sta che molti atenei cominciano a usare con una certa continuità gli spazi di autonomia consentiti dall’ordinamento universitario. Come dimostrano i trend di alcuni ambiti dell’offerta formativa fino a poco fa considerati di nicchia: da un lato, i corsi interclasse, che crescono in maniera costante e rappresentano più o meno il 4% di tutte le lauree; dall’altro, quelli flessibili, che registrano un boom in vista dell’anno prossimo.

A spiegare la differenza tra i due strumenti è Marco Abate, prorettore per la Didattica dell’università di Pisa e membro del Consiglio universitario nazionale (Cun): «I corsi interclasse sono corsi che appartengono contemporaneamente a due classi diverse, soddisfacendo i requisiti di entrambe. I corsi flessibili sono invece corsi che fanno riferimento a una sola classe determinata, ma contengono anche dei settori in più non previsti dalla classe e proposti dall’ateneo. In altre parole, i corsi interclasse rimangono strettamente all’interno della struttura delle classi dei corsi di studio come le conosciamo; i corsi flessibili provano invece a esplorare delle combinazioni di saperi un po’ diverse da quelle previste dalle classi attuali».

Considerando che le lauree interclasse erano 177 nel 2019/20 e adesso dovrebbero diventare 184 (il condizionale è d’obbligo perchè la pronuncia dell’Anvur sull’offerta formativa 2020/21 non è ancora arrivata, ndr), a suo giudizio, conviene soffermarsi su quelle flessibili. E a supporto della sua tesi giungono anche i numeri.

Se escludiamo i professionalizzanti, fino all’anno scorso la flessibilità - che rispettando una certa coerenza nel piano di studi può portare a sostituire fino al 50% dei crediti di base e/o caratterizzanti con altri non previsti dalla stessa classe di laurea - era stata utilizzata solo per tre corsi: Scienze e tecniche psicologiche cliniche e preventive all’università di Messina; Scienze gastronomiche a Parma e Mathematical modelling a L’Aquila.

Nel 2020/21 si dovrebbero aggiungere i 12 (+300%) che hanno ottenuto il via libera del Cun e attendono ora quello dell’Anvur. Rinviando alla tabella pubblicata qui sotto per il dettaglio, in questa sede ci limitiamo a rilevare che metà dei corsi riguarda Ingegneria e che sono quasi tutti esplicitamente interdisciplinari, a giustificare dunque la richiesta di una maggiore flessibilità rispetto agli interclasse. Fatta eccezione per Ingegneria elettronica e informatica di UniCusano, dove si è puntato a inserire la chimica di base di solito non prevista dalla classe L-8; Ingegneria gestionale di Messina, dove grazie agli elementi di chimica industriale si scommette sulla gestione di impianti sostenibili, ed Economia e management di Napoli Parthenope, che punta a rafforzare la preparazione di matematica pura accanto alla statistica.