Silvia, prof di sostegno «per caso»: non cambio ma ogni anno è la lotteria
Precaria, ha un contratto al 30 giugno e non sa se avrà la conferma del suo incarico. Ma non cambierebbe per niente al mondo: «Sono il loro punto di riferimento». Le famiglie sperano. Ma 40 mila cattedre restano «precarie» come lei
Valentina Santarpia
Ad un certo punto della sua carriera, avrebbe potuto scegliere, Sivlia Luglia, 41 anni, di Modena: se insegnare informatica, la materia per cui si è abilitata dopo la laurea in giurisprudenza, o continuare a seguire quei ragazzini difficili. Lei non ha avuto dubbi: «Mi sono sentita attratta dal sostegno: eppure ho iniziato per caso, e senza alcuna competenza. Ma ho capito che quella era la mia strada». Una vocazione, un bisogno, una necessità, di certo non un’improvvisazione: «Oggi sembra che tutti si mettano sul sostegno per cambiare sede, per avere punti, per ottenere la cattedra o la scuola ambita. Non è giusto. Io lo scelgo ogni giorno perché i miei alunni mi danno qualcosa di speciale, ogni giorno». Le danno anche un sacco di grattacapi, per carità. Quando sette anni fa fu messa a seguire un ragazzo autistico all’istituto Meucci di Carpi, lei che insegnava solo da tre anni e non aveva alcuna esperienza di sostegno, le sembrò complicatissimo: «A volte lui diventava violento, e io non sapevo come comportarmi. Non avevo gli strumenti. Chiedevo, leggevo, studiavo. Mi sono messa a studiare. Il corso di specializzazione mi ha aiutato tantissimo: ho scoperto che mi piace entrare in empatia con i ragazzi che hanno qualche difficoltà, l’ho presa come una sfida».
Il precariato
Silvia è ancora precaria, ha un contratto al 30 giugno in un istituto professionale di Vallauri dove segue tre studenti «speciali». «Avevo finito il Pas troppo tardi per riuscire a fare il concorso, poi quando sono stata inserita nelle prove suppletive non le ho superate. Non importa. A me interessa continuare a lavorare con loro, non perderli, come temo ogni anno». Due studenti hanno ritardi mentali lievi/medi, un altro è autistico e soffre di un mutismo selettivo: «Con lui è fondamentale l’atteggiamento giusto. Ad esempio, lui ha difficoltà nel rispondere presente all’appello, e se il professore di turno lo chiama insistentemente si sente aggredito. Basta spiegare che bastava usare un tono normale e tranquillo, e lui avrebbe risposto». Piccoli «trucchi», di chi ogni giorno studia per creare un canale di comunicazione, un ponte tra scuola e handicap. «Sono rimasta qui dall’anno scorso, ma non so se ci sarò l’anno prossimo: con 40 mila cattedre di sostegno che restano ballerine, da confermare ogni anno, non è detto che gli alunni ritrovino il proprio insegnante. Per me non è un problema ricominciare ogni volta, ma per loro è una tragedia: l’anno scorso c’era un ragazzo autistico molto grave che ha subito ben tre insegnanti diversi che sono andati in malattia, a gennaio non aveva ancora un riferimento, come si fa a pensare che possa progredire?».
Le cattedre ballerine
Ne sanno qualcosa le famiglie che da settembre devono farsi carico di rimpalli continui e ritardi snervanti per poter ottenere il giusto riconoscimento di ore e tutela dei nostri figli. «La continuità didattica col docente specializzato è fondamentale per un’adeguata crescita formativa degli alunni con disabilità- sottolinea Ernesto Ciraci, presidente dell’associazione MISoS, movimento insegnanti di sostegno specializzati- come può realizzarsi senza la stabilizzazione dei tantissimi insegnanti specializzati precari e senza la trasformazione delle cattedre di sostegno in organico di diritto?- Occorre cambiare passo sul sostegno e operare scelte di responsabilità». Anche perché di sostegno non si può solo sopravvivere, ma ci si può elevare: «Il sorriso, la fiducia con cui mi accolgono- insiste Silvia- non c’è niente di paragonabile, non cambierei con niente al mondo. Sono un punto di riferimento e di sostegno, e sì, sono un po’ il loro angelo!».