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Stop a bar, teatri e musei per non chiudere le aule. Il modello della Francia

Solo 41 giorni persi contro i 93 dell’Italia La difesa dell’istruzione è una priorità dichiarata

04/03/2021
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la Repubblica

Dalla nostra corrispondente Anais Ginori

PARIGI - Quando si è trattato di sacrificare attività sociali per arginare l’epidemia, la Francia ha rinunciato a molto. A bar e ristoranti che restano chiusi da fine ottobre nel Paese che ha inventato la gastronomia. Quattro lunghissimi mesi che stanno mettendo in ginocchio gli esercenti, costretti ad accontentarsi della vendita da asporto, senza neppure una data fissata per una possibile riapertura. Tutta la vita culturale, solitamente molto tutelata Oltralpe, è stata abolita. Niente cinema e teatri, ma neanche i musei.

L’eccezione francese, termine che una volta si usava proprio per la cultura, sono oggi le scuole. Gli istituti hanno riaperto dopo il primo lockdown di primavera e da allora hanno seguito il normale calendario scolastico senza particolari scossoni, forse aiutati dal fatto che ogni sei settimane in classe ne sono previste due di vacanza. «Siamo orgogliosi di aver permesso alla Francia di essere uno dei Paesi che ha mantenuto il maggior numero di giorni di scuola per i suoi bambini», dice il ministro dell’Istruzione, Jean-Michel Blanquer. I dati gli danno ragione. Secondo l’Unesco, la Francia è tra i Paesi europei che hanno penalizzato meno l’insegnamento in presenza dall’inizio della pandemia. Solo 41 giorni di chiusura totale - dati aggiornati a gennaio - rispetto alla Spagna (70 giorni), il Regno Unito (72 giorni) o l’Italia (93 giorni). La Francia non è un’eccezione assoluta. In Europa nel plotone di testa ci sono Svezia e Islanda. Ma data la taglia della popolazione (67 milioni) e il numero di alunni (12,5 milioni) esiste un enigma francese, tanto più visto dall’Italia.

Emmanuel Macron ha sbagliato tante cose nella gestione della crisi. Il governo ha cercato un anno fa di nascondere la penuria di mascherine e test, ed è partito con clamoroso ritardo nella campagna di vaccinazione. Ma la difesa dell’istruzione è una priorità dichiarata che il Presidente, sposato a un’insegnante e nipote di una nonna preside, ha saputo mantenere sin da quando ha scelto la riapertura a maggio contro il parere del Cts e poi ancora nel secondo lockdown di novembre, durante il quale la serrata non è stata applicata agli istituti. L’unico aggiustamento fatto da quattro mesi è la Dad al 50 per cento nei licei.

Secondo i dati pubblicati ogni fine settimana dal ministero, le chiusure di classi e istituti non hanno mai superato l’1% del livello nazionale. E non si può dire che la Francia abbia avuto finora un’epidemia più fuori controllo e letale che in altri Paesi dove le scuole sono state più chiuse. I decessi per Covid sono 87mila, rispetto ai 98mila in Italia e ai 123mila del Regno Unito. Ora l’apparizione delle varianti può cambiare tutto. L’epidemia ha ricominciato a correre. L’ultimo bollettino registra 23mila nuovi contagi, con 25.111 ricoverati in ospedale, 3.636 in terapia intensiva, 326 decessi. Il tasso di incidenza medio è a 220, quello di positività al 7% con una media di 300mila tamponi al giorno.

Dall’autunno il coprifuoco non è mai stato tolto, anticipato alle 18 a metà gennaio. Nelle prossime settimane il gove rno vuole seguire un approccio localizzato, sull’esempio italiano. Venti dipartimenti sono stati dichiarati sotto «sorveglianza rafforzata », tra cui Parigi, Lione e Marsiglia, mentre a Nizza e Dunkerque è già stato varato un lockdown durante i weekend. Il protocollo sanitario nelle scuole è stato modificato da metà febbraio. Per chiudere una classe bastano tre casi di Covid, variante inglese compresa, e solo un caso per le varianti brasiliana o sudafricana. L’autoisolamento è passato da 7 a 10 giorni. A breve dovrebbero arrivare i test salivari nelle scuole per velocizzare i controlli. Il tasso di incidenza tra i più giovani sta già aumentando per effetto delle varianti. Nell’incertezza della pandemia, l’eccezione francese resta fragile. Il premier Jean Castex ha però ribadito l’ordine di priorità: «Non escludiamo nuove restrizioni ma le scuole saranno l’ultima cosa che chiuderemo ».