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Un'altra scuola per il sud

Da quando esistono rilevazioni obiettive sulla qualità dell’istruzione, il Sud accumula ritardi su ritardi, senza che il problema venga considerato un’emergenza per il Paese nel suo complesso.

11/12/2019
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la Repubblica

Tito Boeri

Mentre si susseguono i vertici di maggioranza che rinviano decisioni su micro-tasse destinate a raccattare sì e no qualche centinaio di milioni, mentre l’opposizione lavora alacremente per far apparire insostenibile agli occhi del mondo il nostro debito pubblico, il Mezzogiorno si allontana sempre di più dal resto del Paese. Non avrà mai un futuro fin quando la sua scuola non sarà in grado di generare coorti di diplomati che sappiano leggere, fare di conto e avere rudimenti di scienza almeno al pari di quanto avviene nelle altre scuole italiane.

Da quando esistono rilevazioni obiettive sulla qualità dell’istruzione, il Sud accumula ritardi su ritardi, senza che il problema venga considerato un’emergenza per il Paese nel suo complesso.

La scorsa settimana sono stati resi pubblici i dati dell’ultima indagine Pisa ( Program for international student assessment ) dell’Ocse, riferita al 2018. Ancora una volta il commento a questi dati offerto nel dibattito pubblico si è concentrato sui nostri ritardi rispetto agli altri Paesi europei. Ma i divari nei punteggi medi fra Italia e Paesi come la Germania e la Francia sono relativamente contenuti, nell’ambito dell’errore statistico. Così non è per i divari tra il Nord e il Sud del nostro Paese che ci fanno precipitare da un estremo all’altro nella gerarchia per qualità dell’istruzione (passando dall’undicesimo al cinquantacinquesimo posto).

I punteggi del Sud e delle Isole sono mediamente del 15% più bassi che nel Nord (circa tre quarti della dispersione nei punteggi tra Paesi) e non ci sono indicazioni che il gap si sia ridotto da vent’anni a questa parte. Al contrario, si è addirittura ampliato nel periodo più recente. È come se la scuola al Sud durasse un anno in meno che altrove.

Cosa spiega un divario nella qualità dell’istruzione così marcato e persistente? Qualcuno lo attribuisce alla bassa spesa per istruzione, a insegnanti pagati troppo poco. Ma in realtà i docenti nel Mezzogiorno vengono oggi retribuiti meglio che nel resto del Paese. Lo stipendio è lo stesso, ma il costo della vita è molto più contenuto al Sud. In termini di potere d’acquisto la retribuzione di un insegnante di Agrigento vale quasi il doppio di quella di un insegnante di Verona. Se il problema fosse nelle paghe degli insegnanti (comunque basse in rapporto agli standard internazionali) dovremmo aspettarci di avere rendimenti scolastici più bassi al Nord che al Sud, mentre avviene esattamente il contrario. Un’altra spiegazione è che siano i divari socio-economici di partenza a indurre queste enormi differenze negli esiti scolastici. Ma anche questa tesi non sembra del tutto convincente. I campioni tratti dai test Invalsi (molto simili sia nella formulazione che nei risultati ai test Pisa) forniscono informazioni sul background socio-culturale dei genitori. Ciò permette di comparare la performance di studenti aventi genitori che hanno lo stesso titolo di studio e livello di reddito: anche in questo caso il Mezzogiorno mostra ritardi molto forti nei confronti del Nord. Questo è incoraggiante perché ci dice che la scuola al Sud può fare molto meglio anche senza aspettare la convergenza economica fra le due parti del Paese. I ritardi del Sud si spiegano in gran parte con il diverso atteggiamento delle famiglie nei confronti della scuola. Tre indizi non fanno una prova, ma puntano tutti in questa direzione.

Il primo indizio è che i punteggi dei test sono molto vicini fra Nord e Sud quando si considera la scuola primaria, mentre si divaricano durante la scuola secondaria inferiore, quando il carico dei compiti a casa diventa particolarmente oneroso e gli allievi non hanno ancora una chiara idea del valore dell’istruzione, dunque aumenta il ruolo dei genitori nel verificare l’impegno profuso dai figli negli studi.

Il secondo indizio è che se poniamo a confronto le scuole con i migliori punteggi sia al Nord che al Sud, le differenze sono molto contenute. Gli studenti dei migliori licei del Sud hanno risultati nei test comparabili a quelli degli studenti dei migliori licei del Nord. Anche questo fa pensare che quando i genitori pongono altrettanta attenzione all’istruzione dei figli, i divari si riducono fino quasi ad annullarsi. Il terzo indizio è che i genitori sono meno propensi a prendere l’iniziativa di andare a parlare con gli insegnanti riguardo all’istruzione dei propri figli di quanto avvenga altrove.

Se la principale fonte dei problemi è la scarsa attenzione dei genitori per quello che i figli imparano al di là del titolo di studio, il riscatto del Mezzogiorno non può che passare attraverso un impegno straordinario degli insegnanti nei confronti non solo dei propri allievi, ma anche dei loro genitori. Ci vogliono insegnanti più che mai motivati e consapevoli del loro ruolo sociale fondamentale, oltre che autorevole dentro e fuori le mura scolastiche. Si richiedono competenze e abilità anche non cognitive (determinazione, carisma, capacità di relazionarsi ai genitori) rare per realtà difficili in cui non si può contare in partenza su una forte collaborazione dei genitori. L’alto tasso di disoccupazione intellettuale al Sud, il grande numero di giovani altamente istruiti che fuggono dal Mezzogiorno per andare all’estero ci fa pensare che c’è un ampio bacino da cui attingere per trovare queste professionalità. Eppure, lo stesso giorno in cui venivano resi pubblici i dati ancora una volta deludenti sulla qualità dell’istruzione nel Mezzogiorno, la Camera ha approvato un decreto destinato a riempire fino a 70 mila posti vacanti da qui al 2022 soprattutto mediante stabilizzazioni automatiche di precari, sanatorie, riaperture di graduatorie e concorsi riservati a chi, essendo già dentro la scuola, ha dimostrato nei fatti di non essere in grado di imprimere quel salto di qualità di cui ha bisogno la scuola al Sud. Si facciano invece concorsi veri chiamando nelle commissioni d’esame quegli insegnanti che hanno saputo fare la differenza anche al Sud. Sanno loro più di chiunque altro le qualità di cui si ha bisogno per elevare la qualità dell’istruzione nel Mezzogiorno.