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Un prof picchiato ogni quattro giorni “Basta, difendeteci”

L’ultimo video di minacce a un insegnante: “ Ti sciolgo nell’acido” La ministra dopo il caso di Lucca: gli studenti bulli siano bocciati

20/04/2018
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la Repubblica

L’ultimo studente di media superiore ha detto alla sua professoressa ( in un romanesco sporco): «Te faccio scioglie’ in mezzo all’acido ». Non ha l’età per conoscere le imprese mafiose di Giovanni Brusca, ma sulla bocca le parole gli fioriscono. È un video del dicembre 2016, la Procura di Velletri — entroterra romano — ha aperto adesso un’inchiesta e ha indagato il minore ( per minacce e oltraggio a pubblico ufficiale). L’insegnante lo rimprovera, lui reagisce da boss, la classe ride. Fa le linguacce, riprende. Un filmetto da dieci minuti. « Ma chi sei tu per dirmi che devo stare zitto? Ma volete proprio finire all’ospedale? Ti faccio squaglia’ in mezzo all’acido ». Ha il piglio del mafiosetto, sì: «Non mi provoca’, professore’, che poi la macchina non te la ritrovi. Che fai? Chiami il preside e mi fai boccia’? Va bene, perdo un anno » . E quando la docente va davvero dal dirigente scolastico, il minore prende a calci la porta dell’aula.

Nell’era dello smartphone e di YouTube il fenomeno dei docenti insultati, umiliati, aggrediti è diventata una questione da emergenza sociale. L’allestimento scenografico — filmo la ribellione del ragazzo e nel pomeriggio la faccio girare sui profili degli amici — ha un effetto contagio. Il dato dell’anno in corso è impressionante: nei primi quattro mesi del 2018 ventisei insegnanti sono stati aggrediti dentro o nei dintorni di scuole italiane.

Ventisei episodi diventati pubblici in centonove giorni: uno ogni quattro giorni. Non contando i weekend, sono due casi di violenza a settimana. Episodi registrati in tutta Italia: a Velletri, appunto, a Lucca e Pistoia. Nel Nord- Ovest di Torino e Alessandria (professoressa legata alla sedia con lo scotch), nel Nord-Est di Mestre, Verona e Treviso. In tutta la Campania. A Santa Maria di Vico, provincia di Caserta, un ragazzetto bene appena tornato dalla settimana bianca ha sfregiato in classe Franca Di Blasio, insegnante di Italiano che gli aveva assegnato l’insufficienza. Sì, i casi sono geograficamente omogenei nel Paese. E sono di due generi. Il ragazzo che, tra la seconda e la quarta superiore, sfida il docente per un voto, per un rimprovero, per nulla e il genitore, spesso la genitrice, che spacca la faccia al docente che ha osato riprendere il figlio. Due generi che tra loro si autoalimentano: il figlio sfacciato e il genitore accondiscendente, complice.

A Palermo un padre si è fatto convincere dalla figlia quattordicenne — terza media dell’Istituto comprensivo Abba Alighieri — che l’insegnante l’aveva picchiata. No, l’aveva solo allontanata dalla classe. E all’uscita da scuola il genitore, approfittando che il docente vedeva poco, gli ha sferrato un pugno che lo ha fatto stramazzare al suolo. Un vicepreside di Foggia è stato colpito da un papà che non poteva tollerare che l’erede fosse stato allontanato dalla fila mentre spingeva le compagne per le scale.

Cesare Lazzari, il preside dell’Istituto tecnico commerciale di Lucca dove il penultimo bullo ha detto al docente di Lettere “ inginocchiati”, ora spiega: «Questi ragazzi si credono in un videogioco dove nessuno alla fine si fa male, vivono in un mondo parallelo di video che passano di schermo in schermo. A 17 anni vorrebbero guadagnare, evitare la scuola. “Ma a che servono i libri, a che serve leggere i giornali?”, ci dicono. Le famiglie sono attonite di fronte alla loro violenza, non riescono a gestire il rapporto dei figli con i nuovi mezzi di comunicazione » . I tre minori di Lucca che strappano il registro elettronico, e si mettono il casco della moto in testa in classe, sono stati indagati. Il professore di 64 anni a lungo non li aveva denunciati: «Non volevo rovinarli». Ora confessa di aver sbagliato.

Basta leggere i gruppi social dedicati a maestri e professori per comprendere che il vaso è colmo. I docenti chiedono una reazione al Paese. Il portale “Professione insegnante” ha lanciato sulla piattaforma Change. org una petizione al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ha raggiunto 58.700 firme. « Serve una norma che istituisca e soprattutto rafforzi la figura dell’insegnante quale pubblico ufficiale », si legge, «che inasprisca le pene laddove ci sono episodi di violenza conclamati, tuteli la libertà di insegnamento e restituisca ai docenti un ruolo di primo piano. Occorre una legge che comporti sanzioni che siano da esempio educativo per le generazioni future » . Il sindacato Gilda ricorda che le norme già ci sono. La Federazione della conoscenza della Cgil dichiara che, a sua volta, si costituirà parte civile in ogni episodio di violenza subita da un insegnante: « Una volta le famiglie consegnavano alle scuole bambini e adolescenti abituati al “no” e al rispetto delle regole», dice il segretario Francesco Sinopoli, « il patto educativo tra scuola e famiglia è drammaticamente messo in discussione».

A settembre nel Lazio partiranno corsi di difesa — professionale, psicologica — per i docenti. Li organizza l’Associazione nazionale presidi della regione, con l’aiuto della Polizia postale e degli specialisti del Policlinico Gemelli. La ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli: «Gli studenti bulli devono essere sanzionati fino a non essere ammessi agli scrutini finali. Non voglio usare il linguaggio del pugno di ferro, ma minacce e offese sono inaccettabili. I ragazzi vanno seguiti, accompagnati e rieducati, ma se sbagliano poi servono le sanzioni».