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Unità. Telethon e l’anomalia italiana dei fondi alla ricerca

Quest’anno hanno raccolto 30 milioni. I cittadini ci credono, i «privati» raccolgono, ma il settore pubblico...

20/12/2006
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Con la maratona di tre giorni che si è chiusa domenica hanno raccolto oltre 30 milioni di euro. Un milione e trecentomila euro in più rispetto all'anno passato. Un bel risultato per Telethon. «Negli anni abbiamo acquisito credibilità», dicono gli organizzatori. Telethon nasce nel 1990 come organizzazione senza fini di lucro per volontà dei pazienti affetti da distrofia muscolare che volevano sostenere la ricerca scientifica su questa malattia. Due anni dopo, però, estende il programma di ricerca a tutte le malattie genetiche ereditarie. Il modello è quello delle Charity che esistono negli Usa e in Gran Bretagna. I cittadini che fanno donazioni possono dedurle dalle tasse.

Ma che cammino fanno i soldi da momento in cui vengono versati a Telethon? L'organizzazione è ispirata alla massima trasparenza e pubblica on line il suo bilancio. I soldi che entrano sono in maggior parte quelli della raccolta fondi, anche se dal 1998 gli istituti interni di ricerca Telethon ricevono anche finanziamenti dalla Commissione Europea, dal ministero della sanità, dall'istituto superiore di sanità, da alcune fondazioni bancarie. Nel 2005-2006 il 78,7% dei fondi è stato impiegato per la ricerca, mentre il 14,4 % è andato per l'attività di raccolta fondi (la campagna televisiva, ecc.) e il 6,9% per le spese di supporto generale (personale, ecc.). I soldi vengono distribuiti tra i 4 centri di ricerca interni e progetti di ricerca esterni che si svolgono in laboratori pubblici o privati. I progetti vengono valutati da una commissione composta da 29 scienziati, di cui solo 2 italiani, che rimangono in carica per 4 anni.

Le ricerche finanziate riguardano soprattutto l'individuazione del difetto genetico. Tuttavia, nel 2002, i ricercatori di Telethon hanno messo a punto la prima terapia genica per la ADA-SCIID, una immunodeficienza grave definita la «sindrome del bambino nella bolla»: i bimbi affetti devono vivere in isolamento completo perché privi delle difese immunitarie. La più recente ricerca di grande rilievo riguarda l'uso delle staminali per la cura della distrofia muscolare di Duchenne nei cani.

Quello di Telethon, del resto, non è un caso isolato. Anche l'Airc, l'altra grande organizzazione no profit di finanziamento alla ricerca nel 2005 ha avuto un bilancio ricco: 48 milioni di euro. Ed è così diventata il principale polo privato di finanziamento alla ricerche sul cancro coprendo circa il 40% della spesa globale. Siamo di fronte a un paradosso? In un certo senso sì, visto che organizzazioni private riescono a far finanziare ricerche complesse dai cittadini di uno Stato che nella ricerca crede molto poco, visto quanto vi investe. Se, infatti, facciamo un confronto con gli Stati Uniti vediamo che oltreoceano il finanziamento totale per la ricerca è di 320 miliardi di dollari (circa il 3% del Pil), in Italia è di 15 miliardi e mezzo di euro (l'1,1% del Pil). Del 3% americano, un terzo viene dal pubblico e due terzi dal privato. In Italia è quasi il contrario. Le organizzazioni no profit negli Usa sono fonte del 6% dei finanziamenti alla ricerca. Anche in Italia, per quanto riguarda le organizzazioni senza fini di lucro, le proporzioni sono circa le stesse, ma le ristrettezze dei finanziamenti italiani fanno sì che quella percentuale da un lato copra dei settori in cui altrimenti, probabilmente, non ci sarebbe nessuna ricerca e, dall'altro, sposti le forze da campi di ricerca che oggi non hanno gli stessi soldi.

Ma il paradosso non si ferma qui. Non bisogna dimenticare che i cittadini che donano per la ricerca genetica (che prevede l'uso di staminali) sono cittadini di uno Stato in cui la voce della Chiesa ha una forza particolare. Una voce che non perde occasione per ribadire la sua ferma opposizione a ogni tipo di «manipolazione» genetica. Oggi più che mai: Ratzinger, prima di diventare Papa, inserì la genetica umana tra le «patologie distruttive della ragione».