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Unità: Vado in pensione da insegnante precaria

Francesca Cresi, prof di matematica e fisica a Bologna, senza posto fisso «Mai progettare il futuro. E ricominciare ogni volta pensando ai ragazzi»

31/12/1969
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l'Unità

Chiara Affronte
Classe ’57, una laurea raggiunta con un ottimo punteggio, tre abilitazioni e un’enorme capacità di rinnovarsi. Francesca Cresi è un’insegnante di matematica e fisica precaria di 53 anni, che quest’anno ha un incarico al liceo artistico di Bologna. Quest’anno, appunto. Perché prima c’è stato di tutto. «Si cambia e si ricomincia ogni anno, quando si è precari, in tutti i sensi». Il periodo più lungo e «più bello» al liceo scientifico Righi «dove sono stata tre anni e ho potuto portare avanti un vero progetto didattico». Come si possa arrivare a 53 anni ed essere ancora precari è difficile capirlo. E forse anche crederlo. E come si possa esserlo senza aver perso l’entusiasmo ancora di meno: «I ragazzi ogni giorno sono per me uno stimolo enorme ad andare avanti. Am oil mio lavoro moltissimo. Credo ancora che valga la pena combattere senza inacidirsi, guardare e agire - oggi - senza scommettere sul domani. Credo nella cultura perché paga sempre, nella scienza che ci mantiene curiosi e liberi. Cerco di comunicare tutto questo anche ai miei figli. Forse per queste ragioni oggi sono orgogliosa di quello che sono». Orgogliosa nonostante tutto. Francesca racconta tutta la sua storia. «Per molti anni sono stata pervasa da un sentimento di vergogna per la mia situazione, quasi fosse stata colpa mia». Di colpe invece Francesca non ne ha nessuna. Nel ’77 l’iscrizione all’Università, nell’87 arriva la laurea: «Mi sono dovuta allontanare per un periodo dagli studi, ma poi ho ripreso, convinta». Il biennio ’87-’88 è stato molto buono. «Ho lavorato subito ». Nei primi anni 90 arriva il concorso: «Coincide con la gravidanza, passo gli scritti, ma l’orale coincide con la nascita del bimbo: niente da fare». Il concorso successivo viene bandito nel ’99, dieci anni dopo. Nel mezzo ci sono un altro figlio - evento gioioso - e «una lunga malattia di mio padre che ho dovuto assistere, licenziandomi». E fino a qui sono le circostanze della vita privata che si incrociano con quelle più tecniche, di un paese che per anni non bandisce concorsi. Con quello del ‘99 Francesca prende l’abilitazione. «Poi è stato tutto un susseguirsi di regole che cambiavano, decreti, provvedimenti: la scuola è stata così in questi anni e io spesso, inspiegabilmente, mi trovavo davanti in graduatoria qualcuno che non doveva esserci». Francesca tenta anche un ricorso al Tar, invano, perché per questioni tecniche non viene accettato. «L’estate è sempre il momento peggiore. A maggio ti prepari per fare la domanda di disoccupazione, che ti rattrista molto .A luglio ti arrovelli per cercare di capire quale può essere la scelta migliore per accumulare più punti». Adesso da qualche tempo Francesca ha cambiato registro: «Dopo aver seguito per anni tutti gli iter parlamentari per cercare capire se poteva cambiare la mia situazione, dopo essermi informata informata e informata, ho deciso che basta: la salvezza per il precario è non farsi troppe domande sul futuro, non informarsi, così, se non si sa troppo, magari si vive meglio ». Francesca nel frattempo ha avuto un terzo figlio: «Di coraggio ne ho avuto tanto». E un sogno ce l’ha: «Vorrei andare in pensione come insegnate di ruolo, non precaria, perché credo di essere arrivata ad un’età in cui sia giusto non solo dare ma anche raccogliere». v