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Università, dalla Spagna all’Italia: il modello Manuel Castells

Il grande sociologo nominato ministro dell'università si è detto sicuro che oggi, mediante la collaborazione di tre ministri, la Spagna potrà produrre una nuova stagione per la conoscenza. Vorremmo che oggi anche l’Italia fosse in grado di aprire un’analoga fase

24/01/2020
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il manifesto

Francesco Sinopoli *

Il 2020 si è aperto in Spagna col nuovo governo Sanchez-Iglesias e tra le novità vi è la creazione di un ministero delle Università affidato a Manuel Castells, che si affianca alla ministra dell’Istruzione e al ministro della Scienza e dell’Innovazione. Tre ministeri per la conoscenza. Negli stessi giorni, in Italia il governo Conte si apprestava ad assegnare due incarichi di governo dopo le dimissioni del ministro Fioramonti: l’Istruzione all’onorevole Lucia Azzolina e l’Università, la Ricerca e l’Afam al rettore della Federico II di Napoli, Gaetano Manfredi. Sia in Spagna che in Italia il processo di divisione dei settori della conoscenza ha suscitato una frattura anche nell’opinione pubblica, tra favorevoli e contrari. In Spagna, la scissione tra Università e Ricerca ha costretto la quasi totalità della comunità scientifica a prendere le distanze dal governo, e lo stesso Castells ha dichiarato alla stampa che “l’Università ha una relazione intrinseca e fondamentale con la Scienza e l’Innovazione. Parlando con chiarezza: personalmente non sono d’accordo con la loro divisione. Ciò significa che il problema si risolve solo con una quotidiana collaborazione per costruire una politica comune. E le prime linee strategiche saranno concordate con Pedro Duque, ministro della Ricerca”.

Notissimo e autorevole scienziato sociale e indagatore delle disuguaglianze create dalla società della informazione, Castells ha parlato spesso dell’università. Nella conferenza alla Western Cape University, aveva affermato che le università devono assumere la centralità nel divenire fonti critiche della parificazione delle opportunità e della democratizzazione della società – cioè non solo un contributo alla crescita economica, ma soprattutto all’uguaglianza sociale, o, quanto meno, a una minore disuguaglianza. Castells sostiene che nonostante le sfide, le possibilità, le opportunità, in tanti casi le università continuano ad essere corporative e burocratiche, difendono i loro interessi e restano estremamente rigide in termini di funzionamento amministrativo. Esiste uno iato profondo tra ciò che l’università dev’essere (e Castells lo afferma anche in virtù di un’analisi storica della funzione universitaria in Occidente) e ciò che è diventata. Per questo, lancia il concetto di Sistema Universitario, nel quale i diversi atenei forniscono funzioni diverse mentre l’intero sistema fa da sintesi per combinare tutte le funzioni.

Non è giunto il momento, approfittando del nuovo ministro Manfredi, di aprire un grande confronto pubblico anche in Italia su come si sono trasformate università e ricerca, un confronto senza rete e senza pre-giudizi? Un confronto sulla necessità di mettere in discussione l’autonomia competitiva per costruire una autonomia cooperativa tra gli atenei, riconoscendone la missione nazionale, a partire dall’importanza di avere università di qualità in tutto il paese, da un significativo incremento del fondo nazionale e dalla costruzione di un diritto allo studio che sia veramente tale da nord a sud?

Su un aspetto strategico Castells ci invita a riflettere: occorre ripensare senso, ruolo democratico, missione dell’alta formazione universitaria, e su ciò misurarsi per poterne raddrizzare opportunamente le anomalie. In Italia, per effetto di politiche meritocratiche sciagurate e della selezione per censo, l’università ha approfondito le disuguaglianze, non solo tra nord e sud ma tra territori contigui, tra zone interne delle città. L’università è divenuta un privilegio, non più un diritto. Così come la ricerca, con la costituzione dell’Agenzia nazionale, può essere trasformata in ostaggio della politica, contravvenendo ad un preciso dettato costituzionale. Così come l’alta formazione artistica e musicale (mal)trattata come vera e propria cenerentola. In Spagna, Castells si è detto sicuro che oggi, mediante la collaborazione dei 3 ministri, quel Paese potrà produrre una nuova stagione per la conoscenza. Noi vorremmo che oggi anche l’Italia fosse in grado di aprire un’analoga fase per la conoscenza, nella sua interezza, dal nido all’università alla ricerca fino alla formazione continua per adulti. È questa la vera priorità dell’Italia. Non c’è più tempo da perdere.

*Segretario generale della Flc-Cgil