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Università, finito lo sciopero dei professori: "Governo ci ascolti o bloccheremo di nuovo gli esami"

In 11.250 hanno fatto saltare il primo appello della sessione che si è conclusa il 31 ottobre. La protesta era per il riconoscimento degli scatti stipendiali. "Ma il reintegro previsto nella legge di Bilancio è peggiorativo, così non va"

04/11/2017
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la Repubblica

Ilaria Venturi

Hanno scioperato in 11.250, ben più di un quinto dei docenti universitari. Significa che sono saltati altrattanti appelli nelle università italiane nella sessione autunnale, partita il 31 agosto e che si è chiusa il 31 ottobre. "Un successo nei numeri, raddoppiati rispetto a chi aveva sottoscritto al lettera di proclamazione dello sciopero, ma anche perchè abbiamo fatto giurisprudenza, con un blocco legittimo, nato dal basso", il bilancio dei promotori della mobilitazione che ha scosso il mondo accademico e creato clamore: era dagli anni '70 che non si vedeva un blocco degli esami (solo il primo appello, in realtà). Ma al di là del successo di numeri, quanto richiesto da chi ha fatto sciopero non è stato poi ottenuto. E per questo il Movimento per la dignità della docenza guidato da Carlo Ferraro, emerito del politecnico di Torino, scalda i motori: "Se il governo non ci ascolterà in sede di Finanziaria siamo pronti a un nuovo sciopero".

· COSA CHIEDEVANO I PROFESSORI UNIVERSITARI?
Lo sblocco degli scatti stipendiali, congelati dal 2011 al 2014, nelle stesse modalità in cui era stato riconosciuto agli altri dipendenti pubblici, e il riconoscimento ai fini giuridici, con conseguenti effetti sulla pensione, del quadriennio 2011-2014. Di qui lo sciopero che ha coinvolto 72 università. Le adesioni più alte si sono avute a La Sapienza, dove 992 docenti e ricercatori hanno scioperato, alla Federico II di Napoli (556), a Bologna (484), Bari(469), Palermo (440) e Pisa (440). La stessa ministra Valeria Fedeli, pur avendo bocciato le modalità dello sciopero, si era spesa in sede di approvazione della Legge di Bilancio inserendo misure rivolte al mondo dell’università tra cui l’impegno relativo agli scatti di anzianità dei docenti universitari.

· NUOVO TESTO BOCCIATO
Ma i professori bocciano ora il nuovo testo che sposta il riconoscimento giuridico ed economico in avanti, dal 2020 in poi. "Un regresso enorme - contesta Ferraro - Per poi arrivare alla retribuzione dovuta secondo le nostre richieste dopo altri 10 anni, nel 2028 ed oltre! Vengono anche introdotti aspetti peggiorativi sugli scatti premiali. Così non va: se questo sarà il provvedimento che verrà varato un nuovo sciopero a breve diventerà una certezza". Il movimento di questi professori e ricercatori ha presentato degli emendamenti. "Ci vorranno almeno una decina di anni per avere quello che si è perduto per strada, e chi nel frattempo da ricercatore diventerà associato li perderà. Ma era nostro diritto avere quel riconoscimento economico, ovvio che siamo insoddisfatti. Ma ancora speriamo di essere ascoltati, abbiamo presentato emendamenti che vengono incontro al governo", osserva Carla Cuomo, voce del movimento a Bologna.

· ASSEMBLEA A TORINO
Il mondo accademico non è compatto su questa battaglia. Ma l'insoddisfazione c'è e si era già fatta sentire anche con una lettera aperta alla ministra Valeria Fedeli "A difesa dell'università pubblica", che ha raccolto 1600 firme, lanciata a fine settembre dal movimento studenti e lavoratori del politecnico di Torino. Tra le richieste, un aumento significativo del fondo di funzionamento ordinario alle università, un piano straordinario di reclutamento dei ricercatori, investimenti sul diritto allo studio. L'appuntamento è per lunedì 6 novembre con un'assemblea nazionale al politecnico "per il riscatto dell'università" alla quale hanno aderito, tra gli altri, il collettivo Link e l'Unione degli universitari. "E'stata resa pubblica - si legge nella convocazione dell'assemblea - la bozza della legge di bilancio e se il mondo universitario intende dare un contributo propositivo al riguardo, cosa oltremodo urgente, è necessario farci sentire ora".