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Università: l’appello di 13 mila prof «Creiamo graduatorie degli abilitati»

Petizione su Change.org e un gruppo Facebook: gli abilitati rischiano di restare fuori dagli Atenei, serve un elenco nazionale come per gli insegnanti

18/02/2018
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Corriere della sera

Change.org della petizione che chiede ai candidati premier di investire il 3 per cento del Pil in ricerca, ma l’iniziativa partita dal Politecnico di Bari con la lettera firmata da una ventina di docenti e sponsorizzata e diffusa dal portavoce Michele Ciavarella è diventata una petizione al ministero dell’Istruzione con già quasi 13 mila firme, raccolte online in tre settimane. L’idea è quella di chiedere una modifica del valore dell’abilitazione nazionale e dei concorsi per diventare professori: istituire una vera e propria graduatoria nazionale degli abilitati alla quale le università possono attingere secondo le loro necessità. Proprio come avviene per magistrati, militari e insegnanti.

Solo il 10 per cento assunto

A far emergere la necessità di un cambiamento nella prassi è la constatazione da parte dei professori che aderiscono alla proposta che ad oggi gli abilitati sono complessivamente circa 40000, ma solo in minima parte già assorbiti dalle università o promossi di ruolo (solo il 10% circa). Una grossa fetta di tali abilitati (circa il 30%) è costituita da personale non strutturato, precario, altamente meritevole (perché migliore, sulla base di appositi parametri numerici fissati a livello nazionale per il conseguimento dell’abilitazione, del 50% dei professori universitari in servizio), ma che rischia di non essere mai assorbito dalle università, stando ai ritmi attuali del reclutamento. Non bastano secondo i ricercatori i 1300 posti aggiuntivi per i quali sono stati stanziati i fondi nella legge di Bilancio dello scorso dicembre. E così da una condivisione via Facebook di proposte e discussioni è emersa la petizione. Obiettivo: essere ricevuti dalla ministra Fedeli e poi, dopo le elezioni, continuare la battaglia.

«Così si incentiva il merito»

«Si tratterebbe di un passo avanti verso un’attribuzione meritocratica dei posti sulla base di un concorso nazionale già effettuato - spiega Ciavarella - che possa superare dunque, soprattutto agendo a posteriori, il potere decisionale delle commissioni locali».