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Università, la metà dei laureati italiani pronta a lavorare all'estero

Il rapporto Almalaurea 2017 su 71 atenei del nostro Paese. Cresce la cultura linguistica. Concludere gli studi universitari conviene, chi ha solo un diploma ha più difficoltà ad essere assunto

17/05/2017
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la Repubblica

Corrado Zunino

Il rapporto Almalaurea 2017, settantuno università italiane su settantaquattro interpellate, oltre 270 mila laureati presi in esame, dice che cresce la cultura linguistica e la propensione a lavorare all'estero di chi prende il titolo in Italia. Il 76 per cento del largo campione ha una conoscenza buona dell'inglese scritto, si legge. Quota che sale all'80 per cento tra i laureati magistrali (coloro che chiudono il ciclo di cinque anni).
 
Sono solo il 10,6 per cento quelli che, durante gli studi, avevano fatto un'esperienza all'estero riconosciuta, ma sono pur sempre tre punti percentuali in più rispetto al 2006. Otto su dieci hanno utilizzato programmi Erasmus o, comunque, offerti dall'Unione europea. L'otto per cento del complesso dei laureati 2016 ha sostenuto esami all'estero poi convalidati al rientro e il 9 per cento dei magistrali ha preparato lontano dall'Italia una parte significativa della tesi.
 
Pronti a partire. È interessante notare come la quota dei giovani accademici pronta a partire, oggi, sia pari al 49 per cento: era il 38 per cento nel 2006. Un laureato su tre non ha problemi a trasferirsi in un altro continente, uno su quattro accetta spostamenti frequenti. Il 52 per cento si dice disponibile a trasferire anche la residenza. Solo il 3 per cento dei laureati analizzati, quota residuale si vede, è indisponibile a qualsiasi tipo di trasferta.
 
A cinque anni dalla laurea lavora all'estero il 7 per cento dei magistrali di cittadinanza italiana, valore in lieve aumento nell'ultimo triennio. Chi decide di spostarsi fuori per motivi lavorativi, in genere, ha avuto voti agli esami migliori e studi più regolari. Sempre a cinque anni di distanza, oltre l'80 per cento degli occupati all'estero è occupato in Europa: il 19 nel Regno Unito, il 12 in Svizzera e in Germania, il 10 in Francia, il 6 in Spagna. Le retribuzioni medie percepite sono notevolmente superiori a quelle dei lavoratori di pari titolo rimasti in Italia: i laureati magistrali emigrati guadagnano, a cinque anni dalla fine studi, 2.202 euro mensili netti: più 64 per cento rispetto ai 1.344 euro dei colleghi rimasti a casa.
 
La laurea conviene. In generale - e questo è un mantra dei lavori di approfondimento del Consorzio interuniversitario Almalaurea - "laurearsi conviene". Con la crescita del livello del titolo di studio posseduto, diminuisce il rischio di restare intrappolati nell'area della disoccupazione. I laureati godono di vantaggi occupazionali significativi rispetto ai diplomati di scuola secondaria superiore: nel 2016 il tasso di occupazione della fascia d'età 20-64 anni è il 78 per cento tra i laureati contro il 65 per cento di chi è in possesso di un diploma. Nel 2012 un laureato guadagnava il 42 per cento in più rispetto ad un diplomato: in Germania il premio salariale sul diploma è del 58 per cento, in Gran Bretagna del 48 per cento, ma siamo un punto sopra la Francia.
 
Tirocini ed esperienze di lavoro. Il 56 per cento dei laureati ha compiuto un'esperienza di tirocinio o stage (era solo il 44 per cento nel 2006), ma la lunga crisi economica ha abbassato di dieci punti (dal 75 per cento al 65) la quota di chi ha fatto esperienze di lavoro durante gli studi. Sei laureati su cento hanno conseguito la laurea lavorando stabilmente (lavoratori-studenti), 59 su cento sono studenti-lavoratori occasionali.
 
Aver compiuto un periodo di studio all'estero con programmi europei aumenta le chance occupazionali del 12 per cento, i tirocini fanno crescere le occasioni dell'8 per cento e aver lavorato, anche solo sporadicamente, durante gli studi addirittura del 48 per cento. Trascorrere un periodo di studio all'estero o svolgere un tirocinio curriculare, a parità di condizioni, non solo non comporta ritardi nella conclusione del percorso universitario, ma "influenza positivamente la probabilità di ottenere elevate votazioni alla laurea".
 
Background scolastico e familiare. Per quanto riguarda il background formativo dei laureati 2016, si registra una netta prevalenza dei diplomi liceali (67 per cento, si sale all'83 per chi ha realizzato l'intero ciclo di laurea). In particolare, il 44 per cento ha conseguito un diploma scientifico. Quindi, il 19 per cento ha preso il diploma tecnico, il 16 per cento il classico e l'8 per cento la Maturità pedagogico-sociale. Soltanto il due per cento dei laureati ha un diploma professionale e questi sono i numeri dei laureati - due per cento - per chi ha una formazione artistica.
 
Restano decisive, per arrivare al titolo superiore, le origini familiari: in facoltà c'è "una sovra-rappresentazione" dei giovani provenienti da ambienti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale. I laureati con almeno un genitore in possesso di un titolo universitario sono il 29 per cento.
 
Si abbassa l'età in cui si discute la tesi. L'età media alla laurea per il complesso dei laureati 2016 è pari a 26,1 anni: 24,9 anni per i laureati triennali, 26,9 per i magistrali a ciclo unico e 27,5 anni per i laureati magistrali biennali. Il ritardo nell'iscrizione al percorso universitario, in media, è pari a un anno e mezzo. L'età di laurea è diminuita in misura apprezzabile rispetto alla situazione pre-riforma e continua a diminuire nelle ultime stagioni: la media nel 2006 era infatti di 27,1 anni, uno in più.
 
Se nel 2006 concludeva gli studi in corso il 34 per cento dei laureati, nel 2016 la percentuale ha raggiunto il 49 per cento. Se dieci anni fa a terminare il ciclo con quattro o più anni fuori corso erano venti laureati su cento, oggi si sono quasi dimezzati. Il voto medio di laurea è sostanzialmente immutato: 102,5 su 110 nel 2016. L'88 per cento dei laureati è soddisfatto dell'esperienza universitaria.
 
L'occupazione cresce. A un anno dal titolo di studio risulta occupato (a qualsiasi titolo) il 68 per cento dei laureati triennali e il 71 per cento dei magistrali biennali. Il confronto con le precedenti rilevazioni evidenzia un miglioramento, seppur lieve. Dopo la significativa contrazione intervenuta tra il 2008 e il 2013 (-16 punti percentuali per i laureati triennali), nelle ultime tre stagioni il tasso di occupazione è aumentato di oltre due punti percentuali per i titoli brevi. La retribuzione è in media di 1.104 euro mensili netti per i laureati triennali e di 1.153 euro mensili per i magistrali biennali. Per il terzo anno consecutivo, sono in aumento. Dopo il crollo (-23 per cento)