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Università, tasse raddoppiate in dieci anni. Ma l'abolizione per gli studenti non è una priorità

Quanto costa laurearsi nel nostro Paese? Sempre di più. Lo dicono i dati che mostrano come per la stessa facoltà siano previsti importi diversi, addirittura nella stessa regione. Ma togliere la retta non elimina i problemi legati al diritto allo studio

29/01/2018
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L'Espresso

Sara Dellabella

Università, tasse raddoppiate in dieci anni. Ma l'abolizione per gli studenti non è una priorità

C’è chi è d’accordo e chi no. C’è chi bolla la proposta come populista e chi invece pensa che sia un buon punto di inizio. Certo è che la promessa elettorale del neo leader di Liberi e Uguali, Piero Grasso, di abolire le tasse universitarie da giorni tiene impegnati esperti e politici, molto più che l’introduzione della flat tax di Berlusconi.
Ma che significa oggi iscrivere un figlio all’università? Se non si parte da questo semplice dato non si capisce perché la questione sia considerata così dirimente in questo scorcio di campagna elettorale.

Recentemente è stata proprio l’Unione degli Universitari a redigere il rapporto “Sulle nostre spalle”, un’inchiesta che mostra come dal 2005 al 2015 si siano registrati rincari fino al 61 percento, pari a 474 euro. Più colpiti gli studenti del mezzogiorno dove le tasse sono aumentate del 90 per cento, contro il 56 per cento del centro e il 43 per cento del nord. Aumenti dovuti sostanzialmente al calo dei trasferimenti statali e al calo delle iscrizioni, con la scomparsa di 240 mila studenti in 8 anni. 

“È un cane che si morde la coda – commentano gli studenti – tasse più alte e diritto allo studio non completamente garantito portano meno studenti all’università, e i pochi che ci sono pagano sempre di più”.
Il rapporto bolla come “annus horribilis” del diritto allo studio il 2015/2016 quando le tasse sono aumentate di 87 euro, che arrivano dopo le impennate degli anni precedenti. Un aumento questo dovuto anche all’introduzione dei nuovi criteri di calcolo dell’Isee che hanno mandato molti studenti fuori fascia con l’innalzamento delle tasse.

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Uno studio del portale Skuola.Net, già nel 2015, mise a confronto la tassazione applicata dalle università italiane, mettendo in mostra un sistema frammentato di regole che porta gli studenti dall'esborso minimo di 23 euro de L'Aquila (negli anni successivi al sisma del 2009) al Politecnico di Milano dove mediamente si pagano 2143 euro, ma si può arrivare a 3800 euro. In questo quadro anche le università si muovono nel campo della concorrenza e ogni anno si contendono le matricole a colpi di sponsorizzazioni e offerte da supermarket. Tra i più attivi sul tema ci sono gli atenei marchigiani.

Ma quanto si paga per andare all’Università?

Ogni Ateneo ha il suo regolamento “Tasse e contributi” dove il calcolo si può basare su algoritmi, fasce di reddito (c'è chi ne ha 3 e chi arriva a 75), mentre alcuni combinano dei sistemi misti di fasce e algoritmi. Con il risultato che per frequentare la stessa facoltà gli studenti italiani pagano importi diversi e per una famiglia con reddito di fascia media la scelta diventa tutt’altro che scontata. Senza considerare che all’interno dello stesso ateneo si pagano importi diversi per facoltà diverse. Ad Ancona fino a qualche tempo fa, per iscriversi a Economia e commercio bastavano 1500 euro, mentre per Odontoiatria si arrivava a spendere il doppio. “In generale le facoltà di medicina e odontoiatria sono le più care, ma non crediamo sia giusto nell’accesso al diritto allo studio” spiegano gli studenti.

Così anche nella stessa regione si arriva a situazioni paradossali. L’Università di Cassino prevede una prima rata uguale per tutti gli studenti pari a 156 euro, mentre a Roma Tre per la prima rata bisogna sborsare 522 euro. A Cassino poi le fasce per il calcolo della seconda rata sono tre, si viene considerati ricchi con un reddito Isee superiore a 41 mila euro, mentre a Roma Tre le fasce sono 75 e si è ricchi superato il reddito di 86.600 euro. Con il risultato che a Cassino come a Roma chi è più ricco arriva a sborsare circa 2mila euro l’anno. Con la differenza che a Cassino bastano la metà delle risorse per essere considerati ricchi. Così a Trieste la tassazione massima arriva a 2450 euro, al Politecnico di Torino a 2530 euro, a Cagliari a 2709,36 e Perugia 1747,53 euro, solo per fare degli esempi.
 
In passato alcune università sono state condannate al risarcimento degli studenti per aver imposto tassazioni troppo alte. È il caso di Pavia, dove il Consiglio di Stato nel marzo 2016, ha sancito il rimborso agli studenti di 1 milione e 700mila euro più interessi. La riforma del sistema di contribuzione studentesca approvata nel 2010 dall’Università di Pavia, secondo i giudici, portava allo sforamento del tetto previsto dalla legge. La ricerca UDU di quei tempi denunciava che gli atenei pubblici fuorilegge, come quello di Pavia, erano ben 35 su 62. Dopo questa sentenza il Governo Monti cambiò la normativa, nei fatti liberalizzando la contribuzione studentesca di questo Paese, portando l’Italia ad essere il terzo paese europeo per maggiore tassazione universitaria.
Ed ecco perché molti oggi sono favorevoli alla proposta di Grasso, anche se a sentire gli studenti le tasse non sono l’unico problema.

“Fin dalla sua introduzione lo scorso anno, abbiamo chiesto che la no tax area fosse innalzata consistentemente in modo da rendere il beneficio realmente efficace. Inoltre crediamo necessaria una rivisitazione generale del sistema di contribuzione, in un'ottica di armonizzazione e di maggiore equità – spiega Elisa Marchetti coordinatrice nazionale dell’Unione degli Universitari – ma questo non basta. Alle borse di studio spesso non seguono i servizi”. Un esempio? “Uno studente che riceve il contributo per la mensa a pranzo e cena, spesso non riesce a raggiungere la mensa dove cenare perché magari non ci sono i mezzi di trasporto a disposizione. Oppure la gran parte dei borsisti fuori sede non riceve un alloggio negli studentati perché non ce ne sono a sufficienza, pertanto si trova costretta ad affittare stanze da privati, molto spesso a prezzi decisamente alti. Sono paradossi tutti italiani”. 

Come è un paradosso che a due mesi delle elezioni si parli di abolire le tasse universitarie, ma in cinque anni di legislatura non sia trovata una soluzione legislativa per far votare 400mila fuorisede senza costringerli ad un esborso di denaro per raggiungere i rispettivi luoghi di residenza.