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Apprendistato Professionalizzante. La FLC Cgil Lombardia dice no ad un’intesa con Formigoni!

Comunicato della segreteria regionale FLC Cgil su apprendistato professionalizzante art. 49 D.lgs 276/03

16/04/2008
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FLC Cgil Lombardia
Segreteria Regionale

Apprendistato Professionalizzante.
La FLC Cgil Lombardia dice no ad un'intesa con Formigoni!

Prima la Legge Regionale n. 22/06 su "Il mercato del lavoro in Lombardia", poi la legge 19/07 su "Norme sul sistema educativo d'istruzione e formazione della Regione Lombardia", poi ancora i decreti applicativi del 2007 "Programmazione offerta formativa DDIF", "Assegnazione della DOTE" ed infine i prossimi dispositivi di legge regionali in materia di apprendistato professionalizzante (art. 49 comma 5 del d.lgs. 276/03), costituiscono per la Lombardia uno scenario politicamente deleterio e distruggente per tutti i settori della conoscenza ed in particolare per le istituzioni formative pubbliche.

La FLC Cgil Lombardia non può condividere che l'obbligo d'istruzione si possa attuare dentro le esperienze delle "scuole bottega", ancor meno dentro la possibilità che siano le famiglie a certificare che i propri figli hanno assimilato le specifiche competenze previste dalle linee guida nazionali in materia di "obbligo", senza che questi abbiamo minimamente frequentato un percorso scolastico. E ancora, non possiamo condividere che siano le aziende a distribuire crediti formativi spendibili per successivi percorsi formativi attraverso un apprendistato professionalizzante speso interamente dentro un'impresa, senza valutazione e senza esame.

Della legge regionale 19/07 ci preme sottolineare che è un dispositivo che riguarda tutti i servizi del sistema educativo, non solo quelli di istruzione e formazione, ma anche di quelli di istruzione. Si va verso una "secessione lombarda " della scuola pubblica in Italia. Un uso strumentale del titolo V° della Costituzione ha, infatti, prodotto una legge che definiamo anticostituzionale perché interviene non solo sulla formazione, ma anche sull'istruzione invadendo così competenze dello Stato. E' una legge strutturata in un'ottica regionalistica che da una parte, col sistema del doppio canale, divide e discrimina i giovani e le famiglie nella fruizione del diritto all'istruzione, dall'altra alimenta una valenza destabilizzante perché "assolutizza" un modello lombardo in alternativa all'universalità del sistema nazionale di pubblica istruzione.

E' questa una legge che mercifica il diritto all'istruzione attraverso l'attribuzione alle famiglie, sulla base del criterio della quote capitaria, di una "dote" di ordine economico. Così facendo Regione Lombardia viene meno alle sue responsabilità di governo e di proposta per l'istruzione e la formazione. Preferisce scegliere di soddisfare la domanda avanzata dal sistema d'istruzione privato profit anziché stare sulle proprie responsabilità pubbliche di soddisfacimento dei bisogni che i diversi piani di diritto allo studio territoriali chiedono. Sostanzialmente si ripete lo scenario dei voucher già sperimentato nella sanità regionale per via del quale ci è facile prevederne l'esito finale. Un declino delle strutture pubbliche e del privato sociale a favore di quelle private a scopo di lucro, sostanzialmente accessibili ai pochi fortunati.

Non riusciamo a condividere l'esito, definito positivo anche da CGIL, di una "riclassificazione" della dote perché la si è "ricondotta ad una concezione più prossima alla dotazione complessiva di cui una persona necessita per affrontare il percorso della formazione e del lavoro, tenendo conto di uno strumento economico flessibile e modulabile". Non ci siamo! La "dote" è un impegno sostanzialmente economico e nulla ha a che vedere con scelte di governo per la promozione e lo sviluppo dell'istruzione e della formazione di tutti i giovani.

Sull'apprendistato professionalizzante, FLC CGIL Lombardia, nel prendere atto che tutte le parti sociali hanno convenuto su una proposta d'intesa di gestione dell'art. 49 del D.lgs. 276/03, giudicano tale testo un possibile strumento di prevaricazione da parte delle imprese verso le istituzioni formative, in materia di costruzione di competenze di base e tecnico-professionali.

Sostenere che attraverso processi di formazione "informale" le imprese possono certificare l'acquisizione di competenze che assicurano all'interessato il passaggio tra i diversi sistemi dell'istruzione e dell'istruzione e formazione professionale, significa legittimare qualsiasi "tutor" aziendale a trasformarsi in commissione d'esame per candidati privatisti. Noi restiamo dell'avviso, e ciò ancor più per le competenze di "base", che non esiste altra certificazione o diploma diversa da quella certificata da un percorso di formazione speso dentro linee e ordinamenti nazionali e pubblici.

Non sfugge a nessuno che così facendo, si sceglie invece di fornire una risposta di bassa qualità ad una domanda che è invece sempre più esigente per il mercato del lavoro, per le possibilità di sviluppo, per la crescita culturale e professionale dei giovani.

Non troviamo traccia nel testo del decreto 276/03 all'art.49 di formazione "informale". Perché allora si decide di inserirlo nell'intesa? Quale merce di scambio rappresenta?

La provincia, ente pubblico, che fino ad ora ha avuto un ruolo centrale ed in particolare sulla parte di formazione trasversale e regolatore sul territorio per la distribuzione della formazione, lascia il passo alle parti divenute centrali.

Rispetto al Progetto Quadro e alla erogazione delle risorse, nel definire centrale l'equità di trattamento dei soggetti interessati basato su una dotazione economica certa, diventano soggetti primari l'apprendista e l'impresa che si "spartiscono" le risorse "pubbliche". Siamo di nuovo al concetto di "dote"!

È evidente che se si afferma che sono questi i soggetti "protagonisti," diventa forte il rischio di modelli "impresa fai da te" anche sull' apprendistato professionalizzante e questo tanto più che anche dal punto di vista sia metodologico che formativo, si conferma che tutto può essere soddisfatto dalle aziende.

Un'attività di formazione sostanziata da risorse pubbliche merita più attenzione e controlli nell'erogazione dei finanziamenti: non stiamo, infatti, parlando di soldi delle aziende e dei lavoratori come potrebbero essere per i fondi interprofessionali, stiamo parlando di risorse stanziate dallo Stato per la formazione professionalizzante rivolta ai giovani e nell'interesse dello sviluppo economico e sociale del nostro Paese.

Milano, 15 aprile 2008