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Bilancio MIUR 2005. Per la Ricerca tagli e scelte discutibili

Il giudizio critico della Corte dei conti.

24/10/2006
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Il 28 giungo scorso la Corte dei conti ha fornito alle più alte cariche dello Stato il suo giudizio di parificazione del Rendiconto generale dello Stato relativo all’esercizio finanziario 2005.

La Corte dei conti dedica al bilancio 2005 dell’allora Miur, una parte significativa della sua relazione che secondo noi vale la pena di far conoscere a chi lavora nei settori della conoscenza.

Alcuni giorni fa abbiamo pubblicato una sintesi del giudizio della Corte dei conti sul bilancio dell’istruzione del 2005 relativamente alla scuola.

Oggi continuiamo questo nostro lavoro sugli Enti d iRicerca.

Questo perché per una sana e buona gestione della cosa pubblica, la relazione annuale della Corte dei conti costituisce un passaggio fondamentale che offre certezza e credibilità ai dati di gestione dello specifico esercizio, degli esercizi precedenti e alle prospettive del future.

Il giudizio complessivo della Corte sul bilancio dello Stato è fondamentale per correggere le scelte sbagliate che arrecano “ guasti profondi “ alla finanza pubblica e indica le sue “ potenzialità virtuose”.

Così non è stato con la gestione dell’ex Ministro Moratti, che nel 2005 ha comportato: “ Lo sforamento più rilevante rispetto alla previsioni di bilancio si manifesta ancora una volta nel Ministero dell’istruzione, università e ricerca (577 milioni sulla competenza; 527 milioni sulla cassa)”.

Enti di RicercaSecondo la Corte, all’interno del bilancio dell’allora Miur il settore della ricerca era quello che soffriva maggiormente delle riduzioni della dotazione finanziaria, scendeva nel 2005, di oltre il 10% rispetto al 2004. Questa operazione serviva a far cassa ma rappresentava una debacle sul versante delle eccedenze di spesa.

La FLC, in anticipo sui tempi, aveva denunciato gli effetti distorsivi che comportava la fissazione dei tetti di spesa a cui spesso la Moratti ricorreva.

Con i tetti viene fissato per legge un limite (cifra) oltre il quale non è possibile assumere impegni di spesa in un determinato esercizio.

Ma i tetti di spesanon producono gli effetti pensati (contenimento della spesa) visto non cancellano gli obblighi contrattualigià assunti o da assumere.

Ad esempio è pensabile, come è successo con la passata legislatura, che i tetti di spesa pergli stipendi al personale, per i contratti di assicurazione o per i contratti di fornitura materiale fanno venire meno gli obblighi della pubblica amministrazione a fornire un servizio?

Questo esempio ci fa capire che si è trattato di escamotage per lasciare il conto da pagare ad altri.

Ebbene il Procuratore Generale, nella sua memoria orale presso la Corte dei conti indicava questi tetti di spesa come inconvenienti che hanno “ posto in varie occasioni le Amministrazioni e gli enti in difficoltà, per la necessità di far fronte a impegni contrattuali pendenti i quali, in ragione del limite imposto alla spesa, finiscono per trasformasi in debiti fuori bilancio, con aggravio di interessi e di spese”.

Si colpiva soprattutto la ricerca, tant’è che proprio il Procuratore Generale affermava che questa politica sbagliata “andrebbe comunque attenuata”. I danni creati dai tetti di spesa, infatti, non cancellano gli obblighi della pubblica amministrazione, ma lasciano debiti a carico della finanza pubblica con costi ancora maggiori sugli esercizi successivi come sta ampiamente dimostrando la discussione di questi giorni sulla finanziaria 2007.

L’imposizione dei tetti di spesa si trasformava quasi sempre in debiti fuori bilancio con un danno erariale per lo Stato.

Ecco cosa dice la Corte a questo proposito: “ Ciò trova conferma nella disposizione del comma 5° della legge finanziaria 2006 che, -al fine di provvedere all’estinzione dei debiti pregressi contratti dalle Amministrazioni centrali dello Stato nei confronti di enti, società, persona fisica, istituzioni e organismi vari- istituisce un apposito fondo con una dotazione par a 170 milioni di euro per l’anno 2006 e 200 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008”

Secondo la Corte dei conti, gli Enti di Ricerca avevano una situazione di forte sottofinanziamento ed erano appesantiti da procedure finanziarie lunghe a cui facevano riscontro molti documenti di programmazione che a causa dei tagli rimanevano quasi sempre inattuati.

In pratica un insieme di obiettivi massimalisti a cui facevano riscontro modestissimi risultati!

Ci chiediamo, come poteva accadere diversamente, dal momento che dal 2003 al 2005, come dimostra la tabella riepilogativasulle principali disponibilità finanziarie, i fondi per la ricerca si riducevano del 6,8%. Addirittura per l’esercizio finanziario 2006 la riduzioneiniziale è diminuita quasi del 23% rispetto al 2005.

A giudizio della Corte, particolarmente difficile appariva la situazione del FAR (Fondo Agevolazioni per la ricerca) e del PRIN (progetti universitari di ricerca di rilevante Interesse nazionale), che avevano risentito più di altri enti di ricerca del calo dei fondi trasferiti. Nel caso del FAR il calo era quasi del 40%.

Questi sono i risultati della gestione arrogante di chi ha usato il taglio delle risorse per dequalificare settori, come quello della ricerca, trainanti per la crescita economica e culturale del Paese.

Inoltre, decisamente critico il giudizio della Corte dei Conti sulle politiche del personale degli Enti di Ricerca “ un aspetto fondamentale a cui l’Amministrazione non dedica la necessaria attenzione, è costituito dal personale degli enti di ricerca, anch’esso prossimo, nella grande maggioranza, a lasciare il laboratori per raggiunti limiti di età”.

A chi ci governa chiediamo di correggere subito e senza esitazioni questa “disattenzione” che ha depauperato il patrimonio professionale a causa del mancato ricambio del personale degli enti di ricerca.

Infine, sconcerta la contraddizione esistente tra il massimalismo delle funzioni(per cui alla ricerca venivano chiesti, innovazione, qualità e riorganizzazione), a fronte di risorse minime che si investivano.

Ora, dopo 5 anni di tagli, confusioni, assurde imposizioni come i tetti di spesa e mancate assunzioni, è arrivato il momento di guardare al futuro con prospettive diverse, ma per farlo è necessario investire in capitale umano.

Queste è quanto chiediamo a chi ci governa, a partire dalle scelte sull’uso e la destinazione delle risorse che si andranno a fare con la prossima legge finanziaria.

Questa analisi, vista la discussione che c’è nel Paese sul disegno di legge finanziaria per il 2007, rende molto attuale il tema dell’uso e della destinazione delle risorse pubbliche specie per alcuni settori come quello della ricerca dove sono in corso mobilitazioni e azioni di sciopero programmate per i prossimi giorni.

Roma, 24 ottobre 2006