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Enti pubblici di ricerca: cambiare verso si può ma serve un’idea strategica. E gli accorpamenti sembrano molto simili a quanto già visto fino ad oggi

Nella riforma della PA si annuncia un intervento sulla ricerca. Siamo pronti a sfidare il Governo sulle proposte e sui contenuti ma è necessario che si parli di investimenti e del rilancio del comparto e non di nuovi ulteriori tagli.

02/05/2014
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Da alcuni anni a questa parte gli unici interventi sugli EPR sono stati tagli e accorpamenti che hanno prodotto molti danni alla ricerca e zero risparmi. In alcuni casi la paralisi delle attività ha portato a perdere milioni di euro di progetti europei. Come organizzazioni sindacali siamo state impegnate a difendere l'occupazione prima di tutto di chi era ed è più a rischio, i precari, e a tentare di correggere gli errori macroscopici che molti di quegli accorpamenti hanno provocato. Non abbiamo mai smesso di avanzare, allo stesso tempo, proposte di riforma della ricerca pubblica partendo dalla sua architettura istituzionale come dimostra, da ultimo, la nostra richiesta alla Commissione cultura del Senato che ha poi avviato un ciclo di audizioni sullo stato degli enti pubblici di ricerca. 

Saremo quindi ben felici di conoscere le proposte del Governo e di confrontarle con le nostre, sostenendo quello che va nella direzione di costruire un sistema unitario della ricerca pubblica basato su nuovi investimenti, su nuove assunzioni e sulla stabilizzazione dei precari. Saremo invece molto distanti dal Governo se ci troveremo di fronte alla solita ricetta fatta di tagli mascherati dall'ennesimo riordino.

Diciamo con chiarezza al Governo che qualunque ipotesi di intervento deve partire da un percorso di confronto con le parti sociali e con la comunità degli EPR utilizzando strumenti normativi che non strozzino la discussione e ribadiamo le principali problematiche del settore:

  • mancanza di una governance unitaria di ciò che dovrebbe costituire il Sistema nazionale della ricerca pubblica in cui al contrario si sconta sempre di più l'assenza di strategie d’azione unificanti e la storica frammentazione fra gli enti vigilati dal MIUR e quelli degli altri ministeri;
  • costante diminuzione del finanziamento pubblico alla Ricerca e la sua contraddizione con l’obiettivo di una partecipazione attiva a Horizon 2020, considerata impropriamente l’unica fonte di finanziamento della Ricerca, a fronte di un’altrettanta progressiva diminuzione del personale strutturato;
  • la necessità di sostenere la ricerca fondamentale, indispensabile fonte di nuova conoscenza, propedeutica allo sviluppo tecnologico;
  • il grave problema della precarietà e l’urgenza di risposte utili al suo superamento, la debolezza degli strumenti legislativi a disposizione per dare risposte positive, in un contesto in cui le risorse assunzionali, che non gravano sui conti pubblici, sono sottoposte ai vincoli sul turnover della P.A.;
  • l’evidente necessità di avviare un piano straordinario di assunzioni, stante l’esiguo numero del personale addetto alla ricerca, insufficiente per il raggiungimento degli obiettivi riposti nella partecipazione a Horizon 2020;
  • rendere esigibili gli strumenti contrattuali per consentire percorsi di stabilizzazione tipo tenure-track;
  • la eccessiva ingerenza della politica sugli assetti e sulle scelte dei vertici degli enti;
  • la possibilità di definire piani pluriennali, triennali o quinquennali, per gli enti, che non siano modificabili al cambiare dei Governi;
  • le eccessive ingerenze legislative nell’autonomia degli Enti, attraverso norme a volte contraddittorie, che ne limitano l’efficienza nel perseguimento degli obiettivi istituzionali ed equiparano erroneamente gli Enti al resto della pubblica amministrazione;
  • i problemi del personale, le cui figure professionali (ricercatore, tecnologo, nonché tecniche e amministrative) sono definite esclusivamente nel CCNL e che rischiano di essere cancellate dalla riforma della contrattazione nella Pubblica Amministrazione (DLgs 150/2009), non rispettosa delle relative peculiarità;
  • il recupero dell’autonomia degli Enti e l’avvio di un sistema di valutazione che tenga conto delle relative mission, ben diverse da quella dell’Università, per la quale sono stati costruiti i criteri della VQR dall’ANVUR;
  • il superamento delle disfunzioni indotte nei singoli Enti dai vari processi di riordino;
  • la salvaguardia delle specificità e delle professionalità del Personale che a seguito dello scioglimento di Enti di ricerca si trova impropriamente allocato in realtà non appartenenti al sistema Ricerca.
FLC CGIL
Domenico Pantaleo
FIR CISL
Giuseppe De Biase
UIL RUA
Alberto Civica