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Alcune considerazioni sul Documento della Conferenza delle Regioni del 1 agosto 2007

La Conferenza delle Regioni ha approvato un documento sui provvedimenti approvati dal Parlamento sui sistemi di istruzione e formazione che ripropone la necessità del dialogo interistituzionale sulla interpretazione del Titolo V della Costituzione

28/08/2007
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In pieno periodo feriale, la Conferenza delle Regioni ha approvato un Documento sui provvedimenti che il Governo ha emanato negli ultimi mesi in materia di istruzione. Di seguito forniamo alcune nostre considerazioni.

Il metodo

Prima ancora di affrontare il merito del Documento, va rilevato che siamo in presenza di un ulteriore caso di mancato dialogo interistituzionale, che non favorisce quel clima sereno necessario per una buona scuola pubblica e che certo non si risolve presentando documenti unilaterali su temi che si ritengono di interesse comune se non di competenza concorrente.

Il dialogo, come noto, è fatto fra due o più soggetti e chi lo invoca, agendo da solo, nega in sé la praticabilità della metodologia che pure rivendica.

Insomma noi pensiamo che sia giunto il tempo di uscire da questo scambio di accuse reciproche fra chi meno dialoga con l’altro, peraltro su materia, l’istruzione, la cui rilevanza sia per i diritti delle persone che per la qualità dello sviluppo del paese, meriterebbe ben altra attenzione, coinvolgendo finalmente anche le parti sociali.

Un problema rilevante rischia, infatti, di essere vissuto male o addirittura non compreso da chi deve misurarsi concretamente con le problematiche complesse che attengono al fare scuola ogni giorno.
Un dibattito sterile lontano dai bisogni reali delle persone che a scuola lavorano ed alla scuola si rivolgono per esercitare un sacrosanto diritto costituzionalmente affermato.

Sappiamo di un lavorio che sta impegnando esperti e funzionari statali e regionali sulla interpretazione da dare alle nuove competenze di Stato e Regioni in materia di istruzione definite con le modifiche del Titolo V della Costituzione.
Ma è un lavoro in sordina, senza alcun confronto con le parti sociali, al momento svolto in modo separato che è bene invece far emergere, e soprattutto che ormai deve trovare una sua conclusione che non può che essere condivisa, pena un ricorrente conflitto interistituzionale, su cui di volta in volta la Corte Costituzionale è chiamata ad esprimersi, condannando la scuola a subire continue e spesso contraddittorie sollecitazioni che non l’aiutano a trovare il necessario equilibrio istituzionale.

Il merito

Stupisce che la Conferenza delle Regioni abbia ritenuto necessario pronunciarsi con un proprio documento sull’attività legislativa del Governo, non per entrare nel merito delle cose da fare per garantirne l’effettiva attuazione quanto piuttosto per stigmatizzarne le scelte.

  • Obbligo di istruzione

Il tema rientra in modo inequivocabile, a nostro giudizio, nella sfera di competenza statale, fra quelle norme generali di cui all’art. 33 della Costituzione, riconfermato dalla lettera n) dell’art. 117 del nuovo titolo V.
E’ perlomeno discutibile la lettura che le Regioni fanno del comma 622 della Finanziaria che ha elevato a 16 anni l’obbligo di istruzione, laddove si sostiene che sia possibile il suo assolvimento nei percorsi triennali, di cui la Finanziaria stessa sancisce la transitorietà fino alla messa a regime dell’obbligo stesso.
Ogni riferimento ad Accordi precedenti, quello del 15.1.2004 sui saperi e le competenze e quello del 28.10.2004 sulle certificazioni è puramente indicativo, data la competenza statale esclusiva sulle norme generali sull’istruzione che ovviamente comprende anche l’obbligo di istruzione.

  • Istruzione tecnica e istruzione professionale

Analoga considerazione va fatta per la parte del documento riguardante l’istruzione tecnica e professionale,che con la definitiva approvazione delle legge 40/07, in particolare con l’art. 13, comma 1 e 1bis, è tornata ad essere chiaramente di esclusiva competenza statale, salvo che per il rilascio delle qualifiche professionali, di competenza regionale.

  • ITS e Poli tecnico-professionali

Non vi è dubbio che sul sistema post diploma non universitario, a fronte della giusta scelta di potenziarlo fino a renderlo un elemento costituivo del sistema di istruzione, le ombre siano ancora molte, a cominciare dalla mancata chiarezza sul ruolo e sul senso degli ITS in rapporto agli IFTS, la cui normativa non è stata né modificata né abrogata.

Quelle che le Regioni esprimono sono perplessità che noi abbiamo sollevato sin dal momento dell’approvazione dell’art. 13 della legge 40/07, che ha evidenziato tutte le debolezze derivanti dal mancato dialogo sociale, oltre che istituzionale.

Anche noi riteniamo che su questo versante la partita sia tutt’altro che chiusa e che sia davvero necessario fare chiarezza sulle finalità dell’un percorso rispetto all’altro, se proprio si vogliono tenere in vita entrambi.

Non stupisce, infine, la posizione espressa dalla regione Lombardia, visto la sciagurata scelta che quella regione ha fatto decidendo di approvare, a scuole chiuse ed in piena estate, la legge regionale che si muove esattamente in senso opposto a quanto da noi sostenuto in materia di sistema nazionale di istruzione che non può essere spezzettato in tanti sistemi regionali.

Roma, 28 agosto 2007