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Autonomia: Decentramento dello Stato alle Regioni e Enti Locali

Nel pubblicare il testo definitivo del Decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri di Venerdì scorso intendiamo riprendere alcune riflessioni sulle quali ritorneremo successivamente in modo più compiuto.

04/02/1998
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Sulla parte del Decreto relativa alla scuola c'è un'osservazione preliminare da fare che riguarda l'insieme della proposta: manca ogni contestualizzazione ai processi che stanno attraversando la scuola che altro non sono, in buona sostanza, che l'autonomia scolastica prevista dalla stessa legge 59 che origina il Decreto legislativo in esame.
Da nessuna parte si fa riferimento all'autonomia didattica, organizzativa e gestionale e questo porta ad un testo che sembra rivolgersi ad una realtà che non c'è più a partire dalle intenzioni del legislatore.
Questa assenza di contesto porta a scelte che non condividiamo, peraltro già oggetto di precedenti note.
Registriamo positivamente, invece rispetto alla bozza predisposta dagli esperti, che anche grazie all'iniziativa che abbiamo messo in campo gli istituti d'arte non sono ricompresi nel trasferimento alle regioni. Analogamente sono esclusi gli istituti professionali, salvo alcune particolari tipologie. Al riguardo, c’è da aggiungere che la riduzione drastica del loro numero non allenta il permanere di una nostra valutazione negativa. Infatti, senza attendere la riforma dei cicli, la peculiarità degli istituti in oggetto (marmo; liuto; ecc.) dovrebbe portare a collocare queste alte istituzioni (spesso con utenza proveniente anche da altri stati) nella formazione post secondaria, sostenuta con un investimento molto forte che non può essere la loro collocazione fra le istituzioni che danno accesso immediatamente al mercato del lavoro, così come indicato nell'articolo relativo alla Formazione professionale.
La mancata assunzione dell'autonomia scolastica come scenario di fondo (per cui il personale, prima che appartenere allo stato o agli enti locali, appartiene alla scuola autonoma) nel quale realizzare il decentramento delle competenze, porta a prevedere il passaggio di tutto il personale ATA dipendente dallo Stato alle regioni. In questo modo si dimezza l'autonomia.
Pensare, infatti, che fra autonomia didattica, organizzazione e gestione non esistano nessi strettissimi, quasi si potesse realizzare la prima, senza un intreccio profondo con le altre, porta a vedere il decentramento in termini di mera gestione del personale avulsa dai processi.
Da questi ragionamenti nasce la nostra netta contrarietà al trasferimento del personale Ata alle regioni.La stessa scelta di attibuire il personale alle regioni (e non agli Enti Locali) è indicativa di un approccio debole e non condivisibile: nonostante sia nota la contrarietà degli Enti Locali, che non a caso condividono la previsione dell'art. 9 del DDL 932, l'affidamento è alle regioni.
Su questa parte, come sulla soluzione data agli istituti professionali che dovranno essere individuati in previsione di un loro futuro trasferimento, emerge un'elaborazione "debole" del decentramento. Infatti non appare alcuna idea forte di decentramento del Ministero (che implica la creazione a livello regionale di un interfaccia autorevole con le regioni, che non possono essere le attuali Sovraintendenze seppure rivisitate) in grado di interloquire con le regioni in termini di integrazione, preferendo invece un modello nel quale i poteri, anzichè sulle reciproche responsabilità, si disegnano sul personale o sulle competenze (vedi gli Organi collegiali) ma a strutture istituzionali invariate.
L'aleatorietà di questa ipotesi, in assenza di un ruolo vero delle regioni rispetto al sistema scolastico, è facilmente immaginabile.
Anche per questo siamo nettamente contrari a questa ipotesi sul personale ATA e siamo convinti che quanti dipendono dagli Enti Locali debbano transitare allo stato, consentendo ai lavoratori di esprimere in prima applicazione un'opzione circa il loro trasferimento o meno.
Altri motivi sono facilmente individuabili: i problemi derivanti dalla doppia dipendenza sono già noti (si vedano i limiti organizzativi che si riscontrano attualmente nelle scuole elementari; nei licei scientifici o negli Istituti tecnici) per non valutarne tutte le contraddizioni; oltre al personale di ruolo ci sono migliaia di persone nelle graduatorie permanenti le cui aspettative non possono essere negate demandando il reclutamento alle regioni. Infine, è bene ricordare che se si decidesse, e noi siamo contrari, di procedere, in questo senso, l'aggravio di costi per l'erario sarebbe considerevole visto che il governo, il 10 dicembre, ha sottoscritto con le Confederazioni un impegno relativo all'invarianza della spesa per la Pubblica Istruzione.
Altri punti del testo del Decreto relativo alla scuola dovranno essere attentamente esaminati dalla nostra discussione, ivi compresi i temi non considerati: l'infanzia; le responsabilità che si assumono rispetto alle competenze trasferite; ecc., dalle competenze in materia di Organi collegiali alle competenze per quanto riguarda la scuola privata.
Sicuramente, assieme all'iniziativa per chiarire una serie di scelte o per modificare i punti non condivisibili, dovremo ragionare ulteriormente sul nodo istruzione e ruolo delle regioni che avvertiamo con preoccupazione essere (ed il nostro pensiero è rivolto anche ai lavori della bicamerale) un punto che richiede un affinamento del nostro progetto proprio perchè, pur consci dell’urgenza di fare i conti correttamente con le autonomie locali nel loro rapporto con l'istruzione, non ci convince la linea, che scorgiamo nel Decreto legislativo, di un passaggio di funzioni senza progetto, per cui il rischio è che al centralismo dello stato si sostituiscano nuovi centralismi e non si ridetermini,invece,una nuova rete di poteri e relazioni.
Affinare rapidamente la nostra proposta e lavorare sull'insieme del Decreto legislativo rappresenta anche il modo per evitare atteggiamenti solo difensivi che rischierebbero di collocarci fra quanti rimpiangono già il più ferreo centralismo.
Per quanto riguarda gli appuntamenti politici, come è noto, nella tarda serata di oggi, martedì 10 febbraio, avremo un incontro con il Ministro Berlinguer. Nei prossimi giorni ne chiederemo uno di merito al Ministro Bassanini ed assieme alla Confederazione promuoveremo tutte le opportune iniziative.

Roma,4 febbraio 1998