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Lavoro a progetto: Maroni rende più precario il lavoro già precario

Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali con la prima circolare del nuovo anno, circolare dell’8 gennaio 2004, n. 1 illustra le caratteristiche del “lavoro a progetto” di cui agli articoli 61-69 del D. Lgs. 276/03, emanato in attuazione delle materie di occupazione e mercato del lavoro di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30.

12/01/2004
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Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali con la prima circolare del nuovo anno, circolare dell’8 gennaio 2004, n. 1 illustra le caratteristiche del “lavoro a progetto” di cui agli articoli 61-69 del D. Lgs. 276/03, emanato in attuazione delle materie di occupazione e mercato del lavoro di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30.

Questa nuova tipologia di impiego, introdotta nel nostro ordinamento con le disposizioni legislative appena ricordate, si presenta a tutti gli effetti come lavoro autonomo, in quanto si basa su una commessa conferita da un committente ad un lavoratore che è libero di determinare autonomamente le modalità di svolgimento.

La circolare, in applicazione della legge, obbliga, ai sensi del comma 1 del D.Lgs 276/2003, a ricondurre i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, ex art. 409, n. 3, c.p.c., al lavoro a progetto ossia “a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa”.

Le prestazioni coordinate e continuative in essere prima dell’entrata in vigore del D.Lgs 276/2003 sono prorogate di un anno ovvero fino al 24 settembre del 2004.
Sono esentati dall’obbligo della trasformazione le collaborazioni riguardanti le professioni regolate da albi e ordini, gli amministratori di condomini, di società e di associazioni sportive dilettantistiche, le collaborazioni di lavoratori che percepiscono la pensione di vecchia e le prestazioni occasionali, oltre agli agenti ed ai rappresentanti di commercio ai quali continuano ad applicarsi le relative discipline speciali.
Mentre nella Pubblica Amministrazione rimangono in vigore le norme di cui all’art. 409 del c.p.c. in attesa di eventuali e future determinazione da adottarsi in sede di confronto tra il Ministero della Funzione Pubblica e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del comparto.

La circolare individua, con pericolosa genericità, la durata della prestazione che può essere “definita” o “determinabile” in base al progetto o programma che ne è alla base.
Il corrispettivo economico è stabilito in rapporto a quanto in vigore nel lavoro autonomo. Malattia, infortunio e maternità non interrompono il rapporto, che risulta sospeso senza copertura economica nei due primi casi; mentre nel caso della maternità si richiamano le norme di cui all’art. 59 della L. 449/97.

In caso di malattia o infortunio Il rapporto si estingue qualora l’impedimento si protragga oltre un sesto la durata prevista o supera i trenta giorni nel caso di durata non definita.
Mentre per la maternità la durata massima della sospensione è fissata in 180 giorni.
Muovendosi, ovviamente, all’interno delle disposizioni legislative ricordate, la circolare conferma tutte le perplessità e le preoccupazioni evidenziate dalla CGIL scuola e dalla CGIL già in occasione dei commenti alla legge 30.

I termini assolutamente generici con cui si definisce cosa sia da intendersi per progetto o fase di esso, e conseguentemente in cosa consista l’autonomia del lavoratore non fanno altro che aumentare la confusione nella distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo. Scelta questa appositamente voluta al fine di ampliare le maglie dell’abuso, quindi della precarietà, cercando di aggirare o ridurre al minimo l’intervento della giurisprudenza in caso di contenzioso relativo alla natura del rapporto.
Non va dimenticato che spesso il ricorso alla “parasubordinazione” da parte delle imprese nasconde un lavoro subordinato.
Non v’è dubbio, quindi, che tale strumento, ovvero il lavoro a progetto, darà una ulteriore accelerata, ovviamente in negativo per i lavoratori, alla speculazione e a fenomeni di “dumping” nei confronti del lavoro stabile e subordinato giacché il lavoro a progetto non rappresenta più una eccezione ma entra a pieno titolo nell’organizzazione dell’impresa.

Come pure appare evidente il permanente attacco alla contrattazione collettiva presente nella circolare che nell’esaltazione della contrattazione individuale rende ancor più debole il potere contrattuale dei collaboratori soggetto al ricatto del datore di lavoro o committente, riducendo così di fatto le poche tutele oggi esistenti. Non può che essere letto in questa direzione l’esplicito divieto di definire il corrispettivo spettante al lavoratore, prendendo a riferimento le retribuzioni stabilite dalla contrattazione collettiva per i lavoratori subordinati.

L’effetto di questa innovazione probabilmente produrrà “un trasferimento in massa degli attuali co.co.co nella condizione di lavoratori autonomi, anziché – come sarebbe giusto, nella grande parte dei casi – riconoscere la loro condizione di effettiva subordinazione con tutto il corredo di diritti e tutele spettanti al lavoro dipendente”.

A completare il quadro di precarietà del lavoro nella circolare viene introdotto, a dispetto delle stesse norme di legge, una nuova tipologia contrattuale: il lavoro coordinato e continuativo occasionale.

Del resto, la circolare è in coerenza con l'attacco sistematico di questo governo al potere di acquisto dei salari e allo smantellamento dei diritti nel lavoro. Politica questa che sta producendo una progressiva precarietà del lavoro e nel lavoro con un consequenziale impoverimento dei lavoratori e delle loro famiglie.

La politica del Ministro del lavoro Maroni ci fa ricordare una nostra lettura giovanile relativa alle gesta di quel personaggio di Max Bunker che, in “Alan Ford”, “toglieva ai poveri per donare ai ricchi”.

Roma, 12 gennaio 2004