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Scuola: DL dignità è un primo passo, ma occorrono maggiori sforzi per assicurare la stabilità del personale

La revisione comma 131 della legge 107/15 scongiura il licenziamento dei precari che superano i 36 mesi di servizio. Adesso si creino le condizioni per superare l’anomalia della differenza tra organico di fatto e organico di diritto.

04/08/2018
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La Camera dei Deputati ha dato il via libera al testo del decreto dignità, che passerà ora al vaglio del Senato e che contiene importanti provvedimenti sulla scuola.

Tra di essi viene confermato l’impegno all’abrogazione del comma 131 della legge 107/15, quello che ha introdotto un limite di 36 mesi alle supplenze di docenti e ATA sugli incarichi annuali.
Inserito all’interno della cosiddetta riforma della “Buona scuola”, il comma 131 era stato lo strumento per aggirare la direttiva europea sul rinnovo dei contratti a tempo determinato: veniva recepito il limite dei 36 mesi, senza accompagnarlo con misure sufficienti a garantire l’assunzione di quelle migliaia di lavoratori, docenti, educatori e ATA, che al momento dell’approvazione della legge avevano già accumulato anni e anni di precariato alle spalle.
È vero che la legge 107/15 aveva previsto un piano straordinario di assunzioni, ma esse hanno riguardato solo i docenti presenti nelle GAE, mentre migliaia di insegnanti che lavoravano da anni con le graduatorie d’istituto e migliaia di figure di personale educativo ed ATA sono stati completamente esclusi.

Dall’applicazione del comma 131 della legge 107/15, se non abrogato, deriverebbe un effetto paradossale, che è quello di portare ad un vero e proprio “turn over del personale precario”, per cui chi a partire dal 1 settembre 2019 chi avrà alle spalle più di tre anni di servizio su posti vacanti dovrà lasciare le supplenze annuali a precari “più giovani”, e potrà continuare a lavorare nella scuola solo con supplenze brevi e saltuarie. Una vera offesa alla dignità di migliaia di docenti e ATA che dopo aver lavorato e fatto funzionare la scuola “retrocedono” dal punto di vista dei diritti, passando gioco forza dall’incarico al 31 agosto alle supplenze brevi, pur di rimanere nella scuola.

Grazie a questo avvicendamento sui contratti a termine il Governo Renzi voleva garantirsi un forte risparmio sui ricorsi, bloccando le vertenze dei lavoratori precari, che ad oggi hanno portato l’amministrazione a pagare ingenti risarcimenti per la reiterazione oltre i 36 mesi dei contratti a tempo determinato.

Come abbiamo più volte ribadito, riteniamo l’abolizione del comma 131 un provvedimento che va nella direzione giusta, ma per essere efficace esso deve accompagnarsi a un piano di assunzioni che riduca la forbice tra organico di diritto e organico di fatto e permetta di assumere su quei posti sui quali da anni si avvicendano lavoratori precari. La differenza tra organico di diritto e organico di fatto non ha ragione di esistere se non per numeri molto ridotti e per esigenze temporanee. Essa è stata creata dai centri ministeriali ai soli fini del risparmio, senza badare alla qualità della scuola che invece vuole continuità e stabilità.

E infatti a fronte delle 57.322 assunzioni di docenti, 77 per il personale educativo e 9.838 di personale ATA, rimangono ulteriori 9.000 posti circa (973 posti di personale docente, quasi 320 educatori, 7.073 ATA) liberi o disponibili da assegnare a supplenti, che potrebbero trasformarsi in contratti a tempo indeterminato, garantendo continuità didattica e funzionamento efficace delle scuole. Senza contare i posti in organico di fatto che saranno autorizzati a fronte dell’effettiva necessità delle scuole: si tratta di circa 45.000 ulteriori cattedre di posti di sostegno e circa 6.000 posti.

Le misure contenute nel decreto dignità non risolvono il problema dei diplomati magistrali, anzi rendono la loro posizione ancora più precaria dal momento che prevedono la stipula di contratti, anche per gli insegnanti già passati di ruolo, con il termine del 30 giugno 2019.

L’istruzione è un settore nel quale diritti dei lavoratori e funzione sociale dell’educazione si intrecciano fortemente, la chiave per farli funzionare esiste: occorrono risorse e volontà politica di risolvere i problemi. In occasione dell’assemblea nazionale del 21 marzo scorso, abbiamo avanzato proposte precise su ogni argomento e siamo pronti a discuterle con la controparte nell’interesse generale del Paese.