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Scuola secondaria di II grado: programma sperimentale di formazione in azienda

Presentato dal MIUR lo schema di decreto.

08/04/2014
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Nei giorni scorsi si è svolto l’incontro tra MIUR e le organizzazioni sindacali confederali e di categoria sullo schema di decreto interministeriale concernente il programma sperimentale per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado per il triennio 2014-2016. Il programma, previsto dalla Legge di conversione del Decreto Legge 104/13 (art. 8 bis comma 2), “contempla la stipulazione di contratti di apprendistato, con oneri a carico delle imprese interessate e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

In base a quanto stabilito dalla Legge, il decreto interministeriale stabilisce

  • la tipologia delle imprese che possono partecipare al programma, nonché i loro requisiti,
  • il contenuto delle convenzioni che devono essere concluse tra le istituzioni scolastiche e le imprese,
  • i diritti degli studenti coinvolti,
  • il numero minimo delle ore di didattica curriculare
  • i criteri per il riconoscimento dei crediti formativi.

La CGIL e la FLC CGIL hanno inviato congiuntamente un documento di osservazioni e proposte allo schema di decreto, preannunciando ulteriori approfondimenti riguardo:

  • ai contenuti del Protocollo d’intesa tra Ministero dell’Istruzione e Ministero del Lavoro, anche nelle loro articolazioni periferiche, con l’impresa (o la rete di imprese) interessata alla sperimentazione,
  • alle convenzioni tra istituzioni scolastiche e impresa (o rete di imprese) con particolare attenzione alla definizione dell’organizzazione didattica.

_______________

Roma, 08 aprile 2014

Alla Dott.ssa Carmela Palumbo Direttore generale
per l'istruzione e formazione tecnica superiore
e per i rapporti con i sistemi formativi delle Regioni MIUR

sede

Osservazioni della CGIL e della FLC CGIL sullo Schema di decreto interministeriale, in applicazione dell’art. 8/bis comma 2 del D.L. n. 104/13 convertito dalla Legge 128/13

In premessa la CGIL e la FLC CGIL sottolineano l'importanza del programma sperimentale oggetto del decreto volto a potenziare le opportunità occupazionali dei giovani attraverso percorsi di istruzione e formazione che prevedono “lo svolgimento di periodi formazione in azienda”, finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore. Come proposto nel Piano del Lavoro, CGIL e FLC CGIL considerano obiettivi prioritari del paese sia l’innalzamento dei livelli di istruzione, mediante l’innalzamento a 18 anni dell’obbligo scolastico, sia lo sviluppo dell’interazione tra sistema formativo e sistema produttivo. In questa direzione il programma sperimentale valorizza la componente formativa del contratto di apprendistato di alta formazione anche attribuendo rilevante attenzione alla definizione del piano formativo personalizzato, nonostante il recente Decreto Legge 34/14, inopinatamente, ne abbia eliminato l'obbligo di redazione in forma scritta.

Nel testo non mancano elementi di criticità, a partire dall’assoluta mancanza di risorse ad hoc, che, se non superati, rischiano di mettere in forte discussione l'efficacia del provvedimento:

1. occorre chiarire il problema dell'età di accesso al contratto di apprendistato previsto dal decreto. Infatti l'art. 5 comma 2 del TUA di cui al D.Lgs. 167/11 prevede che possano essere assunti con contratto di apprendistato di terzo livello i soggetti di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni. Come è noto nella classe quarta accedono soggetti che solitamente non hanno ancora compiuto l’età minima prevista;

2. il ruolo delle Regioni è completamente bypassato nonostante il citato articolo 5 stabilisca che la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato di terzo livello sia rimessa ad esse. Il coinvolgimento positivo delle Regioni è invece importante sia per il contributo di risorse e competenze che possono apportare alla migliore riuscita della sperimentazione, sia per evitare che impugnino la legittimità dell'intero provvedimento;

3. deve essere precisato chiaramente che il progetto sperimentale non comporta riduzioni dell’organico di scuola né in diritto che in fatto, né nell’immediato né in prospettiva, e neanche la trasformazione delle cattedre interne in cattedre orario esterne. Questo in linea con quanto definito dalle annuali circolari e decreti interministeriali sugli organici del personale docente e ATA. Sarebbe infatti paradossale che l’effetto ultimo di una sperimentazione di questo tipo che ha come obiettivo l’implementazione dell’occupazione, fosse la perdita del posto di lavoro per personale a tempo indeterminato e precari. Inoltre occorre porre attenzione alle necessarie coerenze tra curricolo scolastico e percorsi sperimentali, in modo tale che tali percorsi non siano sostitutivi delle attività laboratoriali di scuola;

4. vi sono delle evidenti incongruenze del testo rispetto ai vigenti ordinamenti della secondaria di II grado. In particolare i Regolamenti di riordino degli istituti tecnici e professionali prevedono che l'utilizzo delle quote di flessibilità (il 35% dell'orario annuale delle lezioni) sia finalizzato esclusivamente per l'attivazione di opzioni, intese come ulteriori articolazioni delle aree di indirizzo, le quali non sono di competenza delle singole istituzioni scolastiche ma sono individuate in appositi repertori nazionali (cfr D.I. 24/04/2012 e D.I. 7/10/2013). In altre parole Regolamenti e documenti programmatici (Linee guida) vietano esplicitamente l'utilizzo da parte delle scuole degli spazi di flessibilità. L'unica possibilità contemplata è quella riferita ai percorsi sussidiari di IeFP;

5. non è condivisibile il fatto che il decreto non definisca nessun criterio generale per l’individuazione degli studenti che intendano partecipare ai percorsi sperimentali, demandando l’intera materia ai protocolli d’intesa di cui all’art. 4 dello schema di decreto interministeriale: la scelta degli studenti deve essere assistita da attività di accompagnamento e consulenza orientativa;

6. è necessario che per l’attivazione dei percorsi sperimentali sia raggiunta una “massa critica” in termini di numero di ragazzi che intendono iscriversi, che deve essere pari a quello di una classe. La costituzione di una classe rappresenta un elemento indispensabile per il superamento delle complesse problematiche organizzative, compreso lo svolgimento dell’esame di Stato, determinate, invece, dalla presenza di alunni provenienti da classi diverse;

7. nebulosa e assai carente appare la parte relativa all’individuazione degli elementi di qualificazione che definiscono la capacità formativa dell’impresa che intende attivare i percorsi sperimentali di apprendistato. Devono invece essere definiti i requisiti minimi di capacità formativa delle impresa o delle reti di imprese riferite a spazi, attrezzature e a specifiche professionalità interne. Nei Protocolli di intesa e nelle Convenzioni dovranno essere previsti interventi a supporto della capacità formativa delle imprese a partire dalla piena valorizzazione dei poli tecnico­professionali o di altre forme di interazione tra la filiere formative e le filiere produttive;

8. in attesa della definizione dei livelli di qualificazione del tutor aziendale, deve essere precisato che tale figura deve possedere per lo meno un titolo di studio o un inquadramento contrattuale corrispondente non inferiore a quello rilasciato al termine del percorso sperimentale agli studenti;

9. a quanto previsto dall’articolo 8 comma 4 e dall'art. 9 comma 6 sulla valutazione delle competenze acquisite dall’apprendista nei periodo di apprendimento sul posto di lavoro, deve seguire una certificazione delle competenze pubblica in linea con quanto stabilito dalla Legge 92/12 e dal D. Lgs. 13/13. Infatti viene esplicitato che il tutor aziendale ha il compito di valutare le competenze acquisite dall'apprendista sul posto di lavoro ai fini della loro certificazione, sentito il parer del tutor scolastico. A tal fine si rileva che non è esplicitato che la certificazione delle competenze deve essere effettuata dall’istituzione scolastica. Infatti solo la titolarità dell’istituzione scolastica nella certificazione rende plausibile la valutazione del percorso in apprendistato in termini di credito scolastico e non solo formativo. Tutte le competenze comunque acquisite in contesto lavorativo devono essere certificate e rese spendibili nell'attività lavorativa, nel mercato del lavoro e nei percorsi formativi;

10. Protocolli di intesa e Convenzioni dovranno prevedere percorsi formativi specifici per il personale scolastico e delle imprese direttamente coinvolto nella sperimentazione, per i quali è opportuno realizzare il coinvolgimento dei Fondi Interprofessionali.

La CGIL e la FLC chiedono, inoltre, che nel decreto sia precisato che in tutte le fasi di attuazione della sperimentazione sia a livello nazionale che locale debba essere previsto un forte coinvolgimento delle parti sociali.

Infine CGIL e FLC CGIL si impegnano ad inviare in tempi rapidi una proposta dettagliata su Protocollo d’intesa MIUR – MPLS – Impresa (art. 4) e convenzioni tra istituzioni scolastiche e impresa (art. 5).

Fabrizio Dacrema - Dipartimento Formazione e Ricerca CGIL
Luigi Rossi - Segretario nazionale FLC CGIL