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ANDU: Osservazioni sul ddl istitutivo della terza fascia del ruolo dei professori universitari e sul ddl che riforma lo stato giuridico

Osservazioni sul ddl istitutivo della terza fascia del ruolo dei professori universitari e sul ddl che riforma lo stato giuridico

20/11/1999
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Osservazioni sul ddl istitutivo della terza fascia del ruolo dei professori universitari e sul ddl che riforma lo stato giuridico (20/11/1999)

La legge istitutiva della terza fascia di professore

L'approvazione della proposta di legge che istituisce la terza fascia dei professori universitari sembra ora probabile. Assegnata finalmente in sede legislativa, dovrebbe essere approvata questa settimana alla Camera e subito dopo al Senato.

Il consenso all'approvazione della legge è ora quasi unanime nella Commissione Cultura della Camera e coinvolge quasi tutti i gruppi politici della maggioranza e tutti quelli dell'opposizione. Particolarmente significativi sono i pronunciamenti a favore dell'immediata approvazione del provvedimento da parte degli esponenti di alcuni Partiti (Berlusconi, Fini, Folena) e, alla fine, anche del ministro Zecchino che ha dichiarato che "la legge in via di approvazione darà ai ricercatori un riconoscimento che è dovuto al gran lavoro che hanno svolto". Un ruolo positivo ha avuto anche il presidente della Camera Violante, che, pur rimanendo nell'ambito delle sue prerogative, ha consentito la rapida assegnazione della sede legislativa.

Insomma sembra prevalere in Parlamento e nei partiti una logica politica e non i soliti interessi di quella lobby accademica che ha sempre determinato le leggi e gli atti ministeriali riguardanti l'Università.

A questa situazione si è arrivati attraverso la mobilitazione nel mondo universitario e l'impegno unitario della maggioranza delle Organizzazioni universitarie (ANDU, APU, CIDUM, CISL-UNIVERSITÀ, CNU, FIRU, SNALS-UNIVERSITÀ, SNUR-CGIL, UGL-UNIVERSITÀ, UIL-PAUR) che si sono sempre mossi nella prospettiva di una riforma globale della docenza, con una logica intercategoriale.

Si tratta ora di stare attenti a che la legge non venga in extremis bloccata o stravolta da quanti hanno fatto di tutto perchè non fosse approvata. Bisogna, in particolare, impedire che sia eliminata la norma che prevede che possa essere eletto preside anche un associato, norma fortemente osteggiata fino a poco tempo fa da alcuni Deputati della Commissione e a livello ministeriale.

Con l'approvazione della legge - specie se si correggono alcune storture frutto di residue logiche punitive e si introduce una norma a protezione dell'autonomia degli Atenei - si da una pur parziale risposta alle attese dei ricercatori e degli associati e, inoltre, si salvaguardano gli Statuti messi a rischio dalle sentenze definitive della magistratura amministrativa che hanno già cancellato quello di Palermo, mutilato quello di Perugia e rischiano ora di mettere in crisi tutti gli altri Atenei: è di qualche giorno fa un ricorso contro l'elezione del Preside della Facoltà di Medicina dell'Università di Milano perchè alla votazione hanno partecipato ricercatori e studenti.

Il provvedimento sullo stato giuridico di tutta la docenza

Il testo presentato dal ministro Zecchino e approvato dal Consiglio dei ministri è il prodotto di quella lobby accademico-giuridica che ha usato ogni arma contro il provvedimento in via di approvazione riguardante i ricercatori e gli associati.

Con questo progetto si chiarisce e si completa un lungo processo di restaurazione accademica che concentra in pochissime mani il potere di gestione delle risorse pubbliche per l'Università e il reclutamento e la carriera dei docenti.

Il modello che guida la restaurazione accademica è semplice ed è stato elaborato da molti anni in ambiti accademici "ristretti": pochi professori veri, molti professori-assistenti e una moltitudine di precari; precari senza sbocchi adeguati nei ruoli di professore, con la possibilità per alcuni di fare "carriera" diventando "docente esterno". In questa prospettiva non rimane spazio per una terza fascia della docenza e pertanto i ricercatori attuali vanno "esauriti", destinandoli a mansioni accresciute e ancora più subalterne. E per aumentare il controllo anche umano da parte di un ristretto gruppo di "baroni di stato" sul resto del personale docente si introduce la verifica periodica (che riguarderà anche buona parte degli ordinari) e la contrattazione individuale: meccanismi che si aggiungono alla legge sui concorsi locali che consentono la cooptazione personale nel reclutamento e nella carriera. Insomma, si tratta di un progetto che mira ad addomesticare la stragrande maggioranza dei docenti, togliendo loro del tutto la libertà di ricerca e di insegnamento. Tutto ciò si tradurrà in un netto peggioramento del servizio didattico e in un abbassamento quantitativo e qualitativo dell'attività di ricerca.

La lobby che ha elaborato il progetto di restaurazione ha come unico obiettivo quello di difendere i propri immensi interessi accademici, economici e politici, che risiedono soprattutto nell'area giuridica.

Il ministro Zecchino ha recentemente affermato che "in questa fase ho potuto consultare solo i vertici del Cun e della Crui", lasciando intendere che sono loro gli autori materiali di quello che ha tutto l'aspetto di un colpo di mano. In realtà il Ministro aveva consultato anche una Commissione - da lui stesso insediata - che avrebbe elaborato un progetto non completamente gradito dalla lobby accademico-giuridica e aveva anche consultato tutte le Organizzazioni della docenza che hanno avanzato proposte nessuna delle quali presa in una qualche considerazione.

Se i "consiglieri" del Ministro sono stati realmente i vertici del Cun e della Crui, sarebbe urgente e indispensabile la rimozione di questi vertici in quanto corresponsabili di una gravissima operazione contro la stragrande maggioranza dei docenti e contro la stessa esistenza di una università nazionale e pubblica.

Per una riforma della docenza utile all'Università e al Paese

Il disegno di legge approvato dal Governo rappresenta una sfida per tutti i docenti universitari che sono interessati allo sviluppo dell'Università e alla difesa della libertà di ricerca e di insegnamento.

È indispensabile e urgente che i docenti universitari abbandonino l'atteggiamento di disinteresse che per tanti anni hanno mostrato nei confronti delle questioni universitarie, convinti che tanto i propri spazi e le proprie abitudini non sarebbero stati mai seriamente messi in discussione.

Il progetto governativo rappresenta in questo senso una vero e proprio schiaffo al quale occorre rispondere rilanciando un progetto alternativo di riforma della docenza e dell'Università:

-ruolo realmente unico, con uguali diritti e doveri e uguali mansioni, articolato in fasce;

-passaggio da una fascia all'altra attraverso la verifica nazionale dell'attività svolta; -possibiltà di accesso al ruolo direttamente nelle fasce superiori per concorso esterno nazionale;

-formazione per l'ingresso alla fascia iniziale che non abbia alcuna caratteristica del precariato;

-trattamento economico differenziato tra le fasce in misura non superiore al 10%;

-età di pensionamento uguale per tutti i docenti;

-collocazione nel ruolo unico degli attuali professori e ricercatori, senza mettere ad esaurimento nessuno.

Questo modello, sostanzialmente comune alla stragrande maggioranza delle Organizzazioni rappresentative della docenza, può costituire una seria e organica alternativa al progetto di restaurazione accademico-ministeriale.

Attorno a questo modello possono unirsi tutti i docenti in una logica non corporativa. A questa mobilitazione potranno dare un determinante contributo le Organizzazioni della docenza, rafforzando ed estendendo l'unità di posizioni e di iniziative già sperimentata nella vicenda della proposta di legge sulla terza fascia. In questa direzione è necessario che si abbandonino quelle logiche di difesa di interessi micro-corporativi che hanno oggettivamente giocato contro l'approvazione della legge sulla terza fascia e hanno lasciato più spazio al progetto di restaurazione approvato del Governo. In particolare, va abbandonata e comunque combattuta la posizione di quanti sacrificano ogni prospettiva generale per tentare di piazzare qualche risultato per la parte anziana degli associati e dei ricercatori; una posizione che si è dimostrata ampiamente incapace di raggiungere gli obiettivi sub-corporativi che si propone e altamente dannosa per il raggiungimento dell'indispensabile compattezza nelle e tra le categorie. Questa posizione miope è arrivata recentemente a tradursi in un giudizio positivo del progetto accademico-governativo a patto che si salvino gli attuali "associati anziani".

Insomma ci sono oggi tutti gli elementi che rendono necessario e possibile una riappropriazione dell'Università e delle sue sorti da parte dei docenti. Sarebbe estremamente grave se dovesse prevalere ancora una volta la logica della difesa del proprio orticello che peraltro verrebbe devastato dall'approvazione di una legge che vuole concentrare in pochissime mani tutto il potere accademico.