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Audizione delle Organizzazioni della docenza universitaria alla VII Commissione del Senato

La Commissione Cultura del Senato realizza un'indagine conoscitiva sui problemi legati al finanziamento e alla condizione economica delle Università.

01/04/2009
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Nel mese di dicembre la VII Commissione del Senato ha deciso un'indagine di approfondimento delle condizioni e problemi economici e finanziari del sistema universitario. Nelle sedute di febbraio e marzo sono stati auditi il Direttore Generale dell'Università del MIUR, e successivamente la CRUI ed il CUN. Il 30 marzo è stata convocata un'audizione delle Organizzazioni sindacali ed Associazioni della docenza universitaria, l'Associazione dei dottorandi, l'Unione degli Universitari. Le Organizzazioni si sono presentate all'audizione con un pro-memoria comune sul tema del finanziamento, che ribadisce alcuni capisaldi del Programma comune sottoscritto da tutte le Organizzazioni nel mese di novembre scorso.

Il documento è stato illustrato a nome di tutte le Organizzazioni da Marco Broccati, della Segreteria Nazionale FLC. In realtà, considerata la discussione in corso sui provvedimenti annunciati dal Ministro Gelmini, l'illustrazione è andata molto oltre il tema del finanziamento, in particolare soffermandosi sui temi del reclutamento e del precariato, e sulle questioni legate al governo degli Atenei, secondo le proposte del ricordato Programma comune, che contiene ipotesi radicalmente innovative rispetto al quadro normativo esistente e allo stesso dibattito in corso.

Sul tema del finanziamento è stata presentata alla Commissione una tabella di proiezione del finanziamento degli Atenei 2008-2013, che evidenzia in modo chiarissimo come la gran parte delle Università sia destinata a cadere nel blocco totale del reclutamento e delle assunzioni, vedendo precipitare i propri bilanci a causa dei tagli della L. 133. E' stato ribadito il concetto per il quale il sistema universitario soffre di un sottofinanziamento strutturale, che rappresenta il problema fondamentale da affrontare: le azioni di risparmio, taglio degli sprechi, riduzione delle spese superflue, cattive pratiche di gestione da risanare sono certamente da intraprendere senza indugio, ma non sono la soluzione del problema strutturale, fortemente aggravato dai tagli previsti che vanno pertanto rimossi, consentendo di intervenire sugli elementi di distorsione senza la spada di Damocle dei bilanci in rosso.

Gli interventi successivi di tutte le Organizzazioni hanno affrontato tutti gli aspetti critici del sistema, compresi i temi legati ai Policlinici e al personale tecnico-amministrativo. La Commissione ha ascoltato l'esposizione delle Organizzazioni, e in chiusura di audizione ha sollevato una serie di domande e di rilievi che verranno formalizzati per iscritto e sui quali la Commissione attende risposte.

L'audizione è stata integralmente trascritta ed è disponibile sul sito del Senato, tra gli atti conoscitivi della VII Commissione, il testo completo degli interventi.

Roma, 1 aprile 2009
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Pro-memoria sul finanziamento dell'università per la VII Commissione del Senato

Noi crediamo che qualsiasi intervento normativo non possa prescindere dal rigoroso rispetto di alcuni valori fondativi che rappresentano la parte migliore della storia e dell'esperienza dell'Università italiana, valori che desideriamo sinteticamente ricordare:

1) la natura pubblica del sistema universitario. Il ruolo dello Stato come erogatore e garante di un sistema di alta formazione è indispensabile per assicurare le condizioni affinché l'Università resti, ed anzi divenga sempre più, elemento centrale del sistema di welfare. È compito del sistema pubblico garantire parità di condizioni universali nell'accesso all'Università, assicurare la qualità dell'offerta didattica, e per questa via ripristinare una mobilità sociale che appare ridotta, presidiare la ricerca in tutti i campi, anche quelli che, pur dotati di alto valore culturale e scientifico, non presentano possibilità di valorizzazione economica immediata, garantire la libertà didattica e di ricerca costituzionalmente sancita. Va inoltre assicurato il carattere unitario del Sistema nazionale universitario, dotato di effettiva autonomia, all'interno del quale deve essere garantita l'autonomia dei singoli Atenei.
Il ruolo del privato rappresenta un'utile integrazione, uno stimolo ed una risorsa, che deve avere tuttavia carattere complementare al mantenimento di un forte, prevalente sistema pubblico di Atenei. La stessa idea di autonomia, che è autonomia del sistema ed autonomia dei singoli Atenei, si tiene nella misura in cui il riferimento concettuale è ad un sistema nazionale pubblico.

2) il ruolo sociale del sistema universitario, ruolo che si estrinseca in un rapporto trasparente tra la domanda sociale, il concreto funzionamento degli Atenei e la loro capacità di dare risposte sulla base di un misurabile rapporto costi-benefici, da rendere visibile attraverso una congrua valutazione del sistema e delle sue singole articolazioni (Atenei, Facoltà, Dipartimenti, progetti di ricerca, percorsi formativi).

Ogni provvedimento di riforma deve misurarsi con questi valori fondanti e con la
natura laica e razionale dell'Università. Siamo perfettamente consapevoli della distanza che separa oggi l'Università dalla compiuta realizzazione di un modello ideale: l'Università italiana è in condizioni difficili, in parte prodotte dal contesto politico-istituzionale, in parte da una distorta applicazione dell'autonomia la cui responsabilità è da imputare al ceto accademico. È tuttavia nostra convinzione che non vi sia riforma possibile che non muova dall'affrontare i nodi ed i valori che dovrebbero sostenerne il modello.
Dalle considerazioni precedenti emerge con chiarezza, a nostro avviso, un postulato fondamentale: l'alta formazione è responsabilità pubblica, ed il finanziamento necessario deve essere di fonte pubblica. La ricerca di ulteriori fonti di finanziamento, o modalità gestionali che allarghino la partecipazione dei privati nell'alta formazione, non possono essere tali da appannare e ridurre la responsabilità centrale e primaria dello Stato.
Va rilevato inoltre che i numerosi interventi legislativi degli ultimi anni si collocano in uno scenario di risorse costantemente decrescenti in termini reali. E' stata così in particolare realizzata a costo zero la riforma del 3+2, la cui valutazione richiederebbe un'analisi articolata e differenziata tra Atenei e discipline, e che ha generato la sensazione diffusa di una perdita di qualità dei percorsi formativi. Gli Atenei, non potendo accedere a risorse aggiuntive, sono stati costretti a realizzare l'ampliamento dell'offerta formativa conseguente all'applicazione di tale riforma, ricorrendo in maniera massiccia a forme di reclutamento precario e a contratto.
Nei provvedimenti di Governo, a partire dalla L. 133/2008, vediamo invece disegnarsi una prospettiva di liquidazione del ruolo pubblico ed un sistema universitario sempre più impoverito sul piano finanziario e, soprattutto, sul piano delle risorse intellettuali ed umane. Un sistema che nel giro di pochi anni compirà fino in fondo una parabola discendente che porterà ad una condizione di paralisi e di irrilevanza istituzionale.

Il settore della conoscenza deve essere considerato una risorsa strategica del Paese. I finanziamenti devono essere pertanto adeguati a questo compito. La valutazione dell'utilizzo di questi finanziamenti deve essere effettuata a partire dalle ricadute sull'intero sistema Paese.

Utilizzare gli Atenei per fare cassa non è l'approccio migliore ad una discussione seria sulle necessità del finanziamento e sulla qualità della spesa. Occorre partire da un dato incontrovertibile: qualunque indicatore venga assunto, il sistema italiano è largamente sottofinanziato, ed in queste condizioni ogni ragionamento credibile sulla qualità è del tutto velleitario. Se si realizza il taglio ulteriore di un 25% in termini reali nei prossimi quattro anni, come prevede la L. 133, si entra in una condizione di bancarotta degli Atenei, anche quelli che oggi si considerano "virtuosi". Gran parte degli Atenei supereranno la soglia del 90% nel rapporto spese di personale/FFO, e dunque non potranno più assumere. E a partire dal 2010 cominceranno difficoltà nella gestione ordinaria che investiranno sia la sostenibilità del funzionamento sia le retribuzioni del personale.
Occorre inoltre abbandonare l'idea che il finanziamento necessario costituisca, anziché una condizione imprescindibile di funzionamento, un premio da attribuire a chi dimostri performances elevate o flessibilità politica;non può realizzarsi uno scambio improprio tra modifiche legislative e finanziamento basale, nel quale il consenso alle modifiche legislative viene agito come elemento di pressione e condizionamento sull'autonomia.
Occorre invece partire da:

  • una previsione pluriennale di crescita del finanziamento di base che avvicini il nostro Paese alla media OCSE; occorre una programmazione certa delle risorse nel medio- lungo periodo se si desidera che gli Atenei effettuino una programmazione vera ed efficace dell'offerta formativa, della ricerca e della politica del personale;

  • una rimodulazione delle regole della distribuzione del FFO che valorizzi indicatori credibili di crescita della qualità dei servizi e delle prestazioni dei singoli Atenei, e su di essi distribuisca le risorse, evitando tuttavia di incentivare comportamenti perversi (la caccia all'iscritto o le promozioni facili), come pure è accaduto nel recente passato. Un finanziamento così rivisto esplicherebbe inoltre la sua piena funzione se, riconoscendo che le università possono vivere solo nel binomio inscindibile di attività di didattica e di ricerca, si osservasse che tali requisiti non vengono attualmente rispettati in tutti gli Atenei italiani, e si procedesse quindi ad un attento monitoraggio delle loro caratteristiche in maniera tale da porre rimedio a queste situazioni;

  • una rigorosa revisione delle regole di finanziamento dei fondi di progetto, insieme con l'ampliamento degli investimenti a progetto, a cominciare dai PRIN (che nel 2008 sono calati da 160 a 98 milioni).

Non si sfugge al nodo della messa a regime di un sistema di valutazione attendibile, che non può essere costituito né dal MIUR, né dai Nuclei interni di valutazione. Occorrono procedure certe e realmente imparziali che, attraverso forme di referaggio cieco per i progetti, attraverso l'avvio di un'Agenzia nazionale di valutazione effettivamente terza e funzionante, garantisca credibilità ed equilibrio nella distribuzione delle risorse.