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CNU: Documento sullo stato giuridico dei professori universitari

Il CNU aveva chiesto, data l'importanza e la complessità dell'argomento, che il progetto di legge governativo sullo stato giuridico dei professori universitari fosse oggetto del più ampio dibattito sia nel paese che nella comunità scientifica.

08/03/2000
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Il CNU aveva chiesto, data l'importanza e la complessità dell'argomento, che il progetto di legge governativo sullo stato giuridico dei professori universitari fosse oggetto del più ampio dibattito sia nel paese che nella comunità scientifica.

I tempi parlamentari, ora, sembrano consentire tale confronto a tutto campo e le numerose negative prese di posizione hanno indotto il Governo e la Commissione parlamentare della Camera a prospettare diversi emendamenti correttivi.

Il CNU ha espresso una valutazione complessiva non positiva sull'impianto del testo e chiede una revisione radicale dello stesso.

Rileva anzitutto che l'Università italiana sta attraversando una fase di transizione che sarebbe bene concludere in tempi ragionevoli e governare con delle efficaci iniziative: rafforzare l'autonomia soprattutto sul piano delle risorse; indirizzare la didattica tenendo conto dell'inscindibile rapporto con la ricerca scientifica (in particolare quella di base) e approvare in via definitiva lo stato giuridico.

I principi regolatori per determinare il quadro entro il quale si può definire lo status dei docenti universitari sono quelli stabiliti dal testo costituzionale che garantisce la libertà dell'insegnamento e della ricerca, in collegamento con l'autonomia dell'Università.

L'autonomia, prevista dalla Costituzione, per gli atenei e per il sistema universitario implica il riconoscimento del rilievo pubblico che la funzione docente assume in quanto volta ad assicurare la formazione culturale e professionale dei giovani e a costituire le future classi dirigenti del Paese. In conseguenza di ciò, i docenti universitari, hanno avuto uno stato giuridico e un trattamento economico particolari definiti per legge.

In considerazione della delicatezza e delle peculiarità non comuni della funzione e degli impegni dei docenti è bene che sia confermata la definizione per legge delle condizioni relative al trattamento economico dei docenti. Le forme incentivanti possono ben essere valutate sulla base della qualità e dell'intensità dell'impegno anche prescindendo dall'anomalo strumento contrattuale.

Per quanto riguarda gli altri aspetti si rileva che lo stato giuridico proposto caratterizza la funzione docente in senso centralistico e burocratico, in netto contrasto con principi e criteri rispondenti all'autonomia costituzionale degli Atenei. In particolare il progetto non tiene conto della stretta connessione tra ricerca e didattica e avvilisce la preminente configurazione scientifica dell'attività docente che si regge sulla inscindibile relazione tra la ricerca di base e sperimentale e il successivo trasferimento nella didattica dei risultati e delle esperienze che sono conseguenti dall'attività scientifica del docente.

Il reclutamento è ancora un tema marginale e inoltre si prospettano forme precarie e improprie per tempi lunghissimi che potrebbero allontanare i migliori giovani studiosi dalla carriera universitaria.

Gli aumentati carichi didattici, la mentalità burocratica e impiegatizia che contraddistingue il progetto, la previsione di orari omogenei e di stretti vincoli formali che si tradurranno nell'inutile compilazione di formulari e nella predisposizione di schede, che denotano una impostazione formalistica, hanno indotto gli estensori del testo a indicare orari e vincoli anzichè definire funzioni, competenze, qualità scientifiche e momenti di pubblicizzazione dei risultati conseguiti.

L'introduzione di valutazioni periodiche, incerte nella definizione, e la permanenza del meccanismo concorsuale classico sono due modelli incompatibili, tra i quali è legittimo proporre una scelta, mentre riesce incomprensibile la commistione di entrambi i procedimenti.

Per il CNU la valutazione periodica dovrebbe costituire il modello base della progressione nella carriera, mentre il meccanismo dei concorsi dovrebbe essere riservato all'ingresso nel ruolo unico dall'esterno dell'Università ed alla accelerazione dei percorsi di avanzamento interni al ruolo.

Per molti aspetti la proposta costituisce un arretramento rispetto all'autonomia statutaria e contraddice l'ordinamento che gli Atenei si sono già dati sulla base dei principi di autonomia.

La trasformazione del ruolo dei ricercatori in una terza fascia docente e la contestuale messa a esaurimento della stessa non sembra essere logica e finisce per penalizzare gravemente il fisiologico ricambio del corpo docente.

La dinamica di progressione in carriera è fortemente rallentata, se non addirittura bloccata, sia per gli attuali professori associati, vista la previsione che i professori ordinari debbano essere il 20% del totale, sia per i ricercatori che dovranno concorrere, insieme alle nuove leve.

In relazione alla struttura del corpo docente si propone uno schema piramidale e verticistico, si aumenta il carico di lavoro, si abolisce il "tempo pieno" mantenendo sostanzialmente la stessa retribuzione per tutti i docenti, prospettando una diffusa "autocertificazione" di attività varie quale sola verifica della compatibilità fra attività professionale esterna e doveri interni concedendo così delle condizioni di favore a coloro che dedicano all'Università il tempo "libero" risultando largamente impegnati in lucrose attività esterne che, molte volte, nulla hanno a che vedere con l'impegno universitario.

La proposta governativa, non innova lo stato giuridico attuale, ma, addirittura, lo peggiora sensibilmente. Ci sono, quindi motivazioni per indire pesanti iniziative di protesta qualora non fossero accolti gli apporti emendativi che possono profondamente cambiare l'impostazione del disegno riformatore proposto dal Governo.

Il CNU, che ha da sempre proposto un modello semplice di organizzazione della docenza imperniato su una unica figura docente che percorre tutta la sua carriera sottoponendosi a valutazioni periodiche sulle attività istituzionali (ricerca, didattica e di servizio), ritiene, in questo momento, assai improbabile l'accettazione di questo modello ed avanza alcune proposte che, senza allontanare l'obiettivo di rendere la vita universitaria meno conflittuale e nella quale tutte le energie vengano impegnate per il raggiungimento dei compiti istituzionali dell'università, potrebbero trovare consensi nel mondo politico e sindacale.

La proposta può essere così schematizzata:

Istituzione di un nuovo ruolo dei professori universitari articolato in più fasce;

Messa a esaurimento degli attuali ruoli e passaggio, tramite opzione, dalle vecchie alle nuove figure, assicurando in ogni caso il riconoscimento dei diritti acquisiti;

I professori universitari debbono avere un rapporto esclusivo con l'Ateneo di appartenenza. Essi debbono poter svolgere attività "intramoenia". A richiesta i docenti devono poter essere autorizzati, per tempi prefissati, ad esercitare attività professionali e di consulenza.

Durante tale periodo di impegno a "tempo definito" il docente non può esercitare i diritti di elettorato passivo e deve godere una retribuzione ridotta;

L'immissione in ruolo avviene, di norma, alla fascia iniziale attraverso una valutazione comparativa che preveda anche una prova didattica;

Il passaggio da una fascia all'altra avviene con due meccanismi paralleli:

a) per valutazione individuale cui possono sottoporsi coloro che si trovano nella fascia immediatamente inferiore e abbiano una congrua anzianità (ad es. 16 anni);

b) per valutazione comparativa in base alle leggi vigenti;

Il professore universitario si sottopone al giudizio di conferma in ruolo una sola volta nella carriera, all'atto della prima nomina;

Non devono esser poste limitazioni agli organici delle fasce;

Gli elettorati attivi sono uguali per tutti i professori Gli elettorati passivi possono essere graduati a seconda delle maggiori responsabilità da assumere;

La direzione o il coordinamento dei gruppi di ricerca può essere affidato a tutti i docenti;

La formazione alla docenza deve essere a termine per tempi molto ridotti (al massimo 6 anni) attraverso una molteplicità di strumenti (dottorato, Ph.D, contratti, borse di studio etc.);

Definizione per legge dello status e del trattamento economico;

Età di pensionamento a 70 anni uguale per tutti i professori e mantenimento del diritto di opzione, di cui all'art.16 della legge 30.12.1992 n.503;

I docenti universitari della Facoltà di Medicina devono avere lo stesso stato giuridico previsto per i docenti delle altre Facoltà. Le norme incompatibili devono essere abrogate.