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Il Mattino di Padova: Terza fascia docente nell'Università in crisi

Riteniamo assai istruttiva la lettura della lettera che segue, apparsa su "Il Mattino" di Padova, a firma Gian Antonio Mazzocchin.

18/01/2000
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Riteniamo assai istruttiva la lettura della lettera che segue, apparsa su "Il Mattino" di Padova, a firma Gian Antonio Mazzocchin.

Il nostro è membro della Commissione VII della Camera ed è tra i firmatari dell'avocazione all'aula della discussione del disegno di legge istitutivo della terza fascia del ruolo dei professori universitari.

Poco prima del Natale la legge sulla istituzione della "terza fascia" dei professori universitari ha interrotto la sua corsa in Commissione cultura alla Camera ed è stata riportata all'esame dell'aula, quando e se verrà calendarizzata. La fase legislativa in Commissione è stata interrotta con la presentazione delle necessarie firme di deputati appartenenti a tutti i gruppi parlamentari, sia di maggioranza che di opposizione.

È mia opinione che lo stesso ministro Zecchino, con la presentazione del suo decreto sullo stato giuridico dei professori, volesse interrompere l'iter di questo progetto di legge già approvato (ancora una volta inopinatamente) in Commissione cultura al Senato. Purtroppo i popolari in Commissione cultura alla Camera, a cominciare dal suo presidente, hanno dimostrato di non riuscire ad esprimere una propria posizione e neanche a difendere quella del proprio ministro dell'Università.

Il parere sul testo del provvedimento espresso dalla Commissione Affari Costituzionali, guidata dal popolare Cananzi, aveva fatto capire a tutti che prima o poi sarebbero diventati professori universitari tutti i tecnici laureati di tutte le Facoltà e di tutti i tipi, senza aver fatto il più piccolo esame di ammissione e senza alcuna valutazione dei titoli scientifici eventualmente posseduti!

Di fronte a questa evidente dequalificazione del sistema di reclutamento, pochi hanno saputo resistere alle enormi pressioni esercitate dalle categorie interessate. Ora, anche a nome dei colleghi credo di poter dire che siamo prontissimi a discutere da sùbito di stato giuridico e di terza fascia dei professori universitari, ma non ad approvare questa "leggina", sapendo che in tal caso non si sarebbe mai più messo mano allo stato giuridico del personale dell'Università.

Siamo stati abituati a sopportare un po' di demagogia, ma non era accettabile la distruzione di una struttura di responsabilità, che esiste in tutti i paesi evoluti, legata alle capacità, alle competenze e all'esperienza acquisita con lo studio e con la ricerca. L'Università, quella vera, è un luogo dove deve regnare la libertà, la fantasia, l'autonomia, l'indipendenza e l'intelligenza; e dove gruppi omogenei di docenti e ricercatori fanno avanzare la ricerca e rendono sempre moderna e viva la didattica.

In questo modo, anche se un po' idealizzato, ben si poteva inserire la figura del professore giovane, di "terza fascia", fascia che sarebbe stata composta dagli attuali ricercatori dopo una valutazione da parte della Facoltà dei loro titoli didattici e scientifici. La loro partecipazione attiva alla Facoltà e ai Consigli di corso di laurea sarebbe stata naturale, opportuna e benvenuta. Si è voluto fare un uso distorto di questo provvedimento, per attaccare le prerogative dei professori ordinari, annullando praticamente le differenze di competenze tra professori ordinari e professori associati, senza avere il coraggio di proporre un passaggio automatico degli associati nel ruolo degli ordinari.

Il secondo uso distorto del provvedimento in esame consisteva nell'utilizzarlo per pretendere l'approvazione di tutti quegli statuti delle Università che sono ancora "sub judice" per motivi di difformità troppo palesi rispetto alle leggi in vigore, anche in regime di autonomia.

Anche per questi motivi, molti illustri docenti ed esperti dell'Università italiana si sono messi in allarme e molti articoli preoccupati sono apparsi sui principali quotidiani nazionali. È mia opinione che, almeno per ora, con l'arresto del processo legislativo si sia evitato un male peggiore. Perché certo l'Università non sta benissimo e ha bisogno di riforme, certe incongruenze vanno risolte: ma non ritengo che il "docente unico" - quale sarebbe praticamente emerso da questa leggina - sarebbe stato la medicina adatta per farla uscire dal suo stato di malessere.

Gian Antonio Mazzocchin
deputato di Padova