Dal convegno "Quale futuro per la scuola media?"

  • 16:00

    Dopo due brevi interventi dal pubblico, Luisella De Filippi tira le conclusioni ricordando il tentativo presente di trasformare l’educazione in una merce, non a caso tra pochi giorni ci sarà il Gats con all’ordine del giorno questo argomento e con iniziative di contestazione in contemporanea. Nell’insiema la proposta governativa non si discosta da queste tendenze anzi le accentua sia per le caratteristiche familistiche che per il modello autoritario. Contro ciò auspica che il seminario odierno serva a far partire iniziative di informazione e di diffusione delle nostre analisi nei territori, per diffondere consapevolezza e conoscenza e non fermrsi solo all’analisi e al dissenso. L’invito è a non perdersi di vista.

  • 14:00

    Nel pomeriggio la discussione riprende con una tavola rotonda a cui partecipano Fnism, Uciim e Cidi. Omer Bonezzi, presidente nazionale di Proteo, pone tre domande agli intervenuti.

    Quale è stata la prima impressione di fronte alla riforma?

    Per la prof. Corduas (Fnism) la prima impressione è stata irritante sia per il linguaggio contorto che per i contenuti. La prof. Amatucci (Uciim) ricorda di essere stata fra coloro che stesero i programmi precedenti e denota l’inversione di tendenza rispetto a quei programmi sul piano pedagogico e sociale. Per la prof. Toselli (Cidi) il testo non risponde alla domanda di quale patrimonio di saperi il paese oggi richiede mentre riproduce un modello di scuola: non a caso l’unico articolo della Costituzione citato è il 34, quello dei "bravi e meritevoli".

    La seconda domanda riguarda l’esistenza di una gerarchia tra le discipline.

    Per Corduas tale gerarchia esiste e dà luogo ad una gerarchia di tutto il sistema che ne enfatizza gli elementi di canalizzazione, di immobilità sociale: la scuola non è più luogo di decondizionamento, anzi il condizionamento è accresciuto dal familismo. Per Amatucci ancor prima che per la gerarchia delle discipline la riforma pecca perché considera ancora autosufficienti le discipline, anzi disciplinarizza persino le educazioni che dovrebbero essere invece la sede dell’uniarietà delle esperienze e del raccordo tra le discipline. L’idea che da è quella di una cultura in spezzatino. Per Toselli nella riforma tutto è gerarchizzazione e separazione: poi si pretende che a 13 anni un ragazzo sia in grado di riorganizzare in un progetto di vita conoscenze a cui neppure un adulto sarebbe in grado di ridare organizzazione.

    La terza domanda riguarda "precocismo segregazionista"e presenza del tutor.

    Corduas sottolinea il rischio di figure specifiche che impoveriscono il docente e creano gerarchie. Amatucci non esclude che il tutor possa anche essere una figura esterna e sottolinea che in ogni caso un tutor non ha senso senza la collegialità, che è la grande assente nella riforma. Denuncia anche il fatto che spesso l’attenzione a procedure e figure ha messo in ombra il nucleo centrale dell’educazione che resta l’intenzionalità. Per Toselli il problema non è in se il tutor ma la logica stratificante e disarticolante a cui lo si vuole legare.

    L’ultima domanda riguarda la continuità tra la presente riforma e la precedente riforma Berlinguer.

    Per Toselli non c’è continuità e non c’è spazio per pratiche bipartisan. Amatucci prende in esame le finalità nei due testi e rileva una certa identità salvo due omissioni non di poco conto: il riferimento alla dichiarazione dei diritti e all’uguaglianza. Per Corduas non c’è continuità .

  • 11:30

    Segue un breve dibattito in cui intervengono alcuni presenti.

    Il segretario generale Enrico Panini chiude la mattinata. Segnala che dovrà andarsene per un incontro circa la grave situazione che si sta delineando in relazione al rinnovo contrattuale, sottolinea il caso dell’insegnante di religione sospesa perché in gravidanza fuori del matrimonio come segno dei tempi, richiama il rischio di regionalizzazione del personale e dei rapporti di lavoro contenuti nella devolution, e attribuisce questa offensiva contro la scuola al carattere di formazione dell’opinione che la scuola riveste e che non può essere messo sotto controllo come si fa con giornali e televisioni.

    Richiama la grave situazione internazionale invitando alle fiaccolate previste per il 5 marzo in tutt’Italia e alla necessità di reagire sia sui temi generali che sulla scuola. Spera che il dibattito odierno si riproduca in ogni provincia perché occorre dare voce e mettere in rete esperienze e competenze. Se la legge passa in parlamento occorre non molare e spostare lo scontro sui decreti attuativi perché la legge è pervasiva e vuole fare studiare di meno, ridurre l’obbligo, canalizzare: uccide il diritto a sperare, a sognare,a scommettere sul proprio futuro. Non c’è spazio per iniziative bipartisan.

    Spiega il ricorso alla Corte Costituzionale, dettato dalla mancata applicazione delle nuove norme contenute nel titolo V della Costituzione che attribuisce al Parlamento nazionale un potere che non può essere delegato.

    Dopo aver richiamato il rischio della trasformazione della scuola pubblica in un servizio a domanda individuale in cui viene assicurata solo una base minima termina ricordando la scadenza del 12 aprile, la sua unicità storica e la necessità ce 500.000 persone riempiano piazza San Giovanni per dimostrare l’opposizione alla riforma.

  • 10:40

    Luciano Lijoi, del centro nazionale della Cgil Scuola, illustra le ricadute sindacali e inizia chiedendo dove sono finiti i 19.000 miliardi previsti per la riforma e vaticinando una riduzione di organico che si tradurrà in minor flessibilità: per esempio, dice, che fine farà il tempo prolungato? Definisce la riforma un ritorno a prima del 1962 e lo dimostra: lucidi alla mano ripercorre tutte le tappe della scuola media dal pre-62, alla riforma del ’62, alla legge 517 del ’77, ai nuovi programmi del ’79, al tempo prolungato dell’84, fino agli istituti comprensivi (maggioranza relativa delle istituzioni della scuola dell’obbligo finora). Con un modello indeciso tra le 25 e le 27 ore di cui un 15% devoluto alle regioni non c’è spazio per integrazione e flessibilità che erano la regola di fondo e non c’è spazio per le 33 ore. Se ne deduce che, in assenza di una relazione tra organico e funzioni della scuola, i tempi prolungati, se ci saranno, saranno gestiti con rapporti di lavoro a prestazione d’opera e forse anche pagati dall’utenza. Si tornerà al vecchio doposcuola. Ma anche nel tempo normale con il passaggio da 9 materie a 12 materie e 7 educazioni l’interdisciplinarietà sarà più difficile. Esperienze recentemente generalizzate come lo strumento musicale ricadranno nelle 200 ore facoltative. Per il tutor esclude il ricorso all’esonero. Nell’insieme tra riduzione oraria e articolazione disciplinare prevede una perdita secca di organico e teme che il ministero approfittidel grande turn over del 2004-2012 per modificare radicalmente l’organico della scuola media così come degli altri gradi di scuola e lo dimostra con alcune simulazioni su lucido.

  • 10:20

    Antonino Titone, dirigente scolastico, si sofferma sulle discipline, il cosiddetto portaolio e la valutazione. Le discipline vengono portate da 9 a 12 attraverso aggiunte ( seconda lingua straniera) e sdoppiamenti e ad esse si aggiungono 7 educazioni, però si riducono gli orari: sapere spezzatino. Le 200 ore opzionali previste rischiano di fare la differenza sia per l’alunno che per le scuole ( che avranno/non avranno l’organico).

    Il portfolio si baserà su annotazioni sia dei docenti che dei genitori che dell’alunno. Ma non si capisce chi, dove, come e quando le farà, oltre a essere discutibile la competenza di alunni e famiglie ( quali?) a tale esercizio.

    La valutazione sarà divisa in esterna ed interna, ma la prima avrà solo valore politico, per informare il paese, i decisori politici e le istituzioni scolastiche.

  • 10:00

    Simonetta Fasoli, dirigente scolastica e esponente del direttivo di Proteo, affronta invece una lettura critica delle "Indicazioni". Sottolinea che sparisce l’unitarietà della scuola di base, richiamata a parole ma assente nei contenuti culturali, grazie alla accentuazione della specificità della scuola media come scuola secondaria. Ritorna sull’esperienza contestata della legge 30, laddove se le preoccupazioni dei docenti erano reali, nondimeno il meticciato tra scuola elementare e scuola media avrebbe dato nel tempo risultati soprattutto in relazione al problema della dispersione, come dimostra l’esperienza degli istituti comprensivi. L’identità della scuola media che questa riforma ricerca tutta in una impostazione disciplinare e predisciplinare, andrebbe invece ricercata nel fascino che in un soggetto in crescita esercitano il passaggio dal realismo ingenuo all’astrazione e la compresenza delle due modalità di conoscenza. La riforma attribuisce poi ai genitori un compito programmatorio improprio e impossibile e un ruolo più di committente che di interlocutore.

    La chiave di volta è il piano di studio personalizzato che suona come destrutturazione delle logiche a suo tempo affermate con la legge 517/77: la collegialità, che scompare, l’individualizzazione, che viene confusa con la personalizzazione, la titolarità della progettazione, che non si capisce dove stia. Il tutto all’interno di una procedura negoziale privatistica. La scuola smette di essere un laboratorio sociale, perde relazionalità e socialità, il laboratorio non è considerato momento primario ma secondario, esecutivo.

    La finalità ultima è orientante, con una vocazione contabile riproposta nelle modalità di valutazione, in cui riacquista peso la condotta, e nella prova nazionale nazionale presente negli esami di stato.

  • 09:30

    Dopo la presentazione di Fabiana Fabiani , presidente di Proteo Lazio, l’introduzione di Luisella De Filippi, segretaria nazionale Cgil Scuola e responsabile del settore, delinea l’obiettivo dell’iniziativa che è quello di riprendere un dialogo con la scuola media, un settore da tempo in una situazione problematica, che si riversa sugli insegnanti in termini di burn-out, dalla quale tuttavia non sembra trarla neppure questa riforma: la scelta precoce degli indirizzi di studio per non dire di un progetto di vita a 13 anni non è la risposta al bisogno di orientamento, piuttosto è la riproposizione di separazioni sociali, nell’ambito di un sistema che più che al pluralismo nelle scuole sembra preludere al pluralismo delle scuole. Allo stesso tempo la minor autonomia, il trasferimento di potere dalle scuole alle regioni, la declinazione di questi poteri in senso sempre più provincialistico ( dialetti e storia locale), il rapporto con i genitori inteso come fiato sul collo degli insegnanti, ne mettono sempre più in discussione la libertà di insegnamento e l’autonomia professionale, così come l’aumento della precarizzazione e i tentativi di privatizzazione dei servizi minano la funzionalità dei servizi, sollecitando nella categoria spinte corporative come risposta alla riduzione delle spese.

    La relazione poi mette luce la relazione tra riforma e piani personalizzati, cercando di percorrere l’intreccio tra i vari documenti. L’invito è a riflettere su questi testi per coglierne le finalità ideologiche. In conclusione viene richiamata la contrarietà delle Cgil Scuola che si esprimerà nella manifestazione del 12 aprile all’insegna dello slogan generale "Tu per pochi, io per tutti" perchè la scuola deve essere per tutti.

  • 09:00

    Afflusso al di sopra del previsto al convegno organizzato da Cgil Scuola e Proteo sui destini della scuola media nella (contro)riforma appena varata e in particolare sulle "Indicazioni" pubblicate dal Ministero. In un battibaleno le cartellette sono terminate e ci si deve arrangiare a farne velocemente altre. Si può dire che il bisogno di informazione su queste cose già da solo alimenta la partecipazione: un monito per un ministero che sembra fare della segretezza e del "poi si vedrà" il suo codice di comportamento.