La conoscenza per l`inclusione sociale

  • 16:15

    Le conclusioni dei nostri lavori sono affidati a Marco Broccari vice segretario generale della FLC che ha sottolineato come i contributi degli interventi hanno bene inquadrato un problema molto complesso, i temi chiave hanno differenziato le nostre proposte e la realtà non felice, troppa distanza tra quello che c'è e quello che dovrebbe esserci. La conoscenza, i saperi sono da sottolineare come aspettative di vita; ci deve essere un obbligo formativo come diritto di cittadinanza. C'è relazione tra la conoscenza e il modello di sviluppo del Paese, gli esempi di degrado sono da mettere in relazione alla carenza di formazione.

    Il sistema dell'inclusione del nostro Paese deve contenere un programma di sapere. Lo scenario descritto oggi è in contrapposizione con quello che noi intendiamo, una scuola, una università di massa che hanno portato con sé una inevitabile necessità di cambiamento, c'è una caduta di sacralità dell'istruzione e di chi ci lavora. Si inserisce in questo ragionamento un adeguamento del principio di istruzione, c'è un ruolo della scuola e dell'università a cui non corrispondono le aspettative del mondo del lavoro a differenza di quello che succedeva negli anni '60. Intendiamo nel nostro percorso invertire questo processo, c'è una necessità di un recupero del processo formativo anche se oggi in molti si stanno adeguando alla situazione. La natura prevalentemente pubblica dell'istruzione negli utlimi anni sta cambiando nell'accettazione del cittadino. Il termine inclusione e lotta alla dispersione sono stati utilizzati oggi come alternativi, invece dobbiamo considerare l'inclusione come qualcosa di più forte: conquista di una condizione di cittadinanza matura. La scuola è un diritto universale a cui accedono tutti, si presenta un ambito diverso come inclusione rispetto all'Università che è sì di massa, ma non per tutti.

    Ci devono esssere quindi qualità di azioni di sostegno nell'università in modo diverso rispetto alla scuola. Il diritto di apprendimento, l'obbligo a 18 anni ci fa collocare a quel punto il ruolo dello Stato. Successivamente l'impegno è diverso e quindi anche l'approccio deve essere diverso.

    Integrazione dei sistemi: ragionando dell'inclusione non è giusto far carico alla scuola di impegni per azioni di recupero sulla dispersione, laddove ci deve essere un ruolo fondamentale del territorio, bisogna creare progetti di coordinamento. Il territorio deve essere strumento regolatore, non ci possono essere soluzioni uniche ma responsabilità anche politiche locali. Nell'integrità dei cicli formativi non si devono avere segmentazioni, si è creato un forte gap tra l'offerta formativa del secondo grado e l'accesso all'università.

    Il tema dell'autonomia non va arricchito solo nel sistema scuola e università, ma deve svilupparsi nel sistema decisionale dall'alto, oggi il ministero mette a dura prova, e quasi vanifica, le suindicate autonomie.

    Rapporto con il mercato del lavoro: un sistema formativo deve creare un accreditamento con il mercato del lavoro. Non possiamo fornire formazione che non duri nel tempo: formazione continua.

    Massa e qualità: dobbiamo riconoscere che non è risolto il nodo tra istruzione di massa e qualità; una soluzione è stata l'inclusione, che non basta ancora, anche perchè contemporaneamente abbiamo avuto un abbassamento della qualità che non si può accettare. L'accesso di massa deve essere accompagnato da una qualità media dell'istruzione.

    Un seminario dell'inclusione su di un territorio come quello di Napoli, mette in evidenza, come quale altra istituzione, se non la scuola, può farsi carico di una tenuta civile di un Paese con il suo rapporto quotidiano con la società.

  • 15:50

    Salvatore Napoli del CGD (Coordinamento Genitori Democratici) viene posto il problema di come oggi i genitori scelgono per i loro figli.

    I giovani vogliono esercitare questo diritto di scelta che ritengono essere “loro”. Come si risolve questo conflitto?

    Il problema rappresenta un’innegabile situazione di difficoltà che si affronta con un percorso di costruzione di “cittadinanza consapevole”, con un rapporto di stretta interlocuzione tra scuola e territorio (enti locali, associazionismo ecc.). Le scelte operate in questo quadro possono, quindi, superare in positivo e progressivamente questo possibile conflitto in un’ottica di crescita dei giovani.

  • 15:30

    Quali scelte fare per far sì che gli studenti restino nella scuola ed arginare il problema della dispersione? Fernando D’Aniello, dell’Unione degli Studenti, risponde partendo da due dati importanti, quelli relativi alla situazione del Paese e il recente rapporto Eurispes sul lavoro Atipico.

    L’Italia è in ritardo sia per quanto riguarda la dispersione scolastica (siamo addirittura terzultimi con 24,3% rispetto alla media UE del 18,5), sia sulla partecipazione all’istruzione e alla formazione permanente –l’Italia è ferma al 4,6% e l’Europa all’8,5%).

    Una delle mancate possibilità che i lavoratori atipici – dai 18 ai 39 anni – denunciano è quella di non poter effettuare i corsi di formazione e di aggiornamento. Questi dati vengono citati solo per segnalare che uno dei problemi del diritto allo studio è il suo farsi sistema, divenire diritto ai saperi. Una situazione, dunque, che non riguarda solo la scuola e l’università ma che deve essere affrontato per poter diventare vero e proprio diritto di cittadinanza.

    Dunque, occorre ridefinire per intero le politiche formative assicurando continuità e soprattutto autonomia nell’accesso ai saperi, attraverso la scuola dell’obbligo ma anche attraverso i canali non formalizzati del sapere.

    E, proprio ragionando della ”riforma” Moratti, possiamo pensare di porre il diritto all’accesso e all’autonomia come reale alternativa alle politiche della Moratti. Occorre, dunque, concentrarsi su più piani: dal livello nazionale, cominciando a pensare ad una proposta di legge quadro per il diritto allo studio e all’apprendimento per tutta la vita. In fondo, su questo tema si muove la legge di parità del 2000 che andrebbe cancellata attraverso una nuova normativa che sappia distinguere tra gli obblighi da assegnare alle scuole private e i diritti da assicurare agli studenti della scuola pubblica. Riparando, così, anche al pasticcio fatto equiparando scuola pubblica e scuola privata. Le regioni, ovviamente, devono fare la propria parte come nel caso proprio della regione Campania che, grazie alla spinta delle mobilitazioni degli studenti, ha approvato una legge proprio sul diritto allo studio.

  • 15:05

    A Roberto Serpieri sociologo, studioso di organizzazione, apprendimento e competenze, è stato chiesto se il sistema organizzativo della scuola è sbagliato in quanto, nonostante le tante politiche, si continuano a perdere studenti. Serpieri ha portato i risultati di uno studio che, partendo, dalla riforma sulla scuola primaria e la sua applicazione sull’organizzazione è andato poi avanti.

    Organizzazione come organizzare il sociale. Un punto debole riscontrato è stato l’assenza di un sistema di valutazione serio e moderno. Sono stati importati banali e obsoleti indicatori di valutazione d’impresa.

    E’ stata riscontrata la totale incapacità di immettere progetti sperimentali di inclusione svolti dall’extra scuola nelle istituzioni scolastiche.

    La continuità dei sistemi educativi è un punto delicato e debole sia sulla continuità verticale che su quella orizzontale. Di fronte ai processi di organizzazione sia l’Università che la scuola mostrano numerosi punti di arretramento. L’attuale organizzazione universitaria serve a selezionare per certo la futura classe dirigente.

    Anche la struttura della contrattazione dovrebbe essere più adeguata ai processi di autonomia scolastica e decentramento amministrativo regionale. I rischi insiti in questa prospettiva di organizzazione dovrebbero essere mitigati attraverso reti di gestione tra le politiche sociali e le politiche formative.

    Nel dibattito sulla riforma dello stato sociale passare da un aspetto dello stato che riesca ad attivare iniziative dal basso. Dovremmo cercare di recuperare prassi valide di conservazione del bene pubblico e comune, innovandole con un'organizzazione del sociale meno rispondente alle logiche di mercato. Queste non sono risposte, ma solo indicazioni per una ricerca sul futuro.

  • 14:45

    Daniele Giordano dell’UDU (Unione degli Studenti) rispondendo alla domanda ritiene che l’università italiana vive una fase di crisi di ruolo e progetto. La vive perché ha perso il ruolo di sistema di formazione superiore e di mobilitatore sociale perché perde la capacità di realizzare eguali condizioni di partenza per tutti.

    Oggi un’Università è tale a condizione di avere i fondi per la ricerca, di avere le risorse per la realizzazione dei percorsi formativi e soprattutto a condizione che gli studenti abbiano le risorse per accedervi. Inclusione sociale alla formazione che oggi non è garantita agli studenti. Non abbiamo nessun sistema di welfare studentesco. Un bene pubblico come la formazione non si regge senza un sistema di welfare che permetta a tutti gli studenti di accedere. Un sistema di servizi: mense, trasporti, casa, borse di studio. Servizi pubblici che solo se costruiti dal “pubblico” sono economicamente sostenibili per gli studenti. Un sistema di servizi integrato ed un conferimento in denaro è l’unico strumento che ci permette di risolvere il problema dell’inclusione sociale e dell’accesso al sapere. Dobbiamo esprimere la nostra contrarietà alla controriforma Moratti ma dobbiamo anche esprimere la nostra necessità di ripensare l’università. Un’idea nuova di università che parte dalla sbagliata concezione della riforma 3+2. Riforma che da 3+2 è passata a 5-2. Gli studenti sono costretti ad intraprendere un percorso di studi completo perché non esiste una reale spendibilità del titolo di studio. Non avendo riformato gli ordini professionali non diamo nessuna prospettiva agli studenti con la laurea triennale. Dobbiamo, quindi, mettere al centro il diritto al sapere come diritto di cittadinanza collettiva che permetta una reale autonomia sociale degli studenti.

  • 14:30

    Riprendendo i lavori del pomeriggio, Rita Candeloro evidenzia come i sistemi scolastici ed universitari “tendano” ad includere ma con un relativo successo. Gli amministratori locali, stamattina, hanno parlato dei loro progetti sul diritto allo studio ma è bene ricordare alcuni principidel programma dell’attuale governo in tema di scuola e formazione. Un esempio è che le famiglie devono poter scegliere la scuola che vogliono per i propri figli.

    La Moratti ha scritto che lo Stato finanzia ma non gestisce le risorse.

    Lo Stato deve fissare quanto vuole investire per la formazione di ogni cittadino. Infine, nelle linee del programma di governo c’è un esplicito riferimento all’abolizione del valore legale dei titoli di studio.

    Viene chiesto, quindi, a Daniele Giordano di spiegare la posizione dell’UDU, che qui lui rappresenta, sull’istruzione come bene collettivo e non a domanda individuale o individualistica.

  • 13:15

    Interviene il Prof. Paolo Valerio, presidente della Conferenza Nazionale universitaria delegati disabilità.

    La scuola e l’università oggi sono chiamate a rispondere a bisogni e a svolgere attività che prima riguardavano le famiglie. Gli insegnanti e i docenti devono avere abilità relazionali molto complesse e che possono generare ansie.

    La Legge n.17 del 1999 è stata proposta da un gruppo di studenti che aveva vissuto un’esperienza con un ragazzo disabile. La legge assegna fondi alle università che devono avere un delegato su questa materia e promuovere servizi e iniziative per gli studenti disabili. Seguono solo alcuni riferimenti alla normativa, perché è stato fornito materiale cartaceo.

    La struttura organizzativa che le università devono predisporre è molto complessa, ma la cosa più difficile è abbattere non solo le barriere architettoniche, ma soprattutto quelle culturali. E’ quindi di fondamentale importanza formare tutto il personale universitario sui problemi della disabilità e rendere tutti gli operatori sensibili verso le difficoltà dei ragazzi disabili.

    Ci sono anche le disabilità nascoste, le malattie non visibili, che creano problemi ai ragazzi nei rapporti relazionali.

    Bisogna organizzare nelle scuole il pre-orientamento per i diversi tipi di disabilità.

    La conferenza sta insistendo per l’apertura di una trattativa per l’aumento del fondo nazionale.

    E’ molto importante che le università si organizzino anche per far fronte alle difficoltà psicologiche dello studente. Ma non ci sono linee guida a livello europeo per il sostegno dello studente disabile psichico. In alcune università ci sono alcuni esempi positivi in questo senso.

  • 12:50

    Paola Pozzi, ass. Sistema Educativo Commissione Scuola Anci Nazionale, Torino. risponde sul ruolo dell'E.L. nel processo di inclusione che non è solo della scuola ma di tutti i soggetti istituzionali che operano nel territorio.

    Per la prof.ssa Pozzi: Ente locale in primis.

    E questo suo compito deve essere svolto in stretta relazione con la scuola che, nell'ottica dell'autonomia scolastica, deve rapportarsi strettamente con il territorio.

    In questa ottica va superato il concetto secondo il quale la scuola si rivolge all'Ente locale solo per chiedere supporto a strumenti che facilitano il diritto allo studio (mense, trasporti, servizi, ecc.)

    Bisogna parlare di "Diritto all'apprendimento" come elemento fondamentale per esercitare il diritto di cittadinanza. In questo contesto la scuola deve chiedere (e rendersi disponibile) al Comune una co-progettazione degli interventi sul territorio. Anche perchè l'obiettivo di risolvere i problemi degli abbandoni e della dispersione è di primario interesse per l'Ente Locale, non foss'altro per i costi sociali ed economici che essi comportano.

    In questo contesto l'Amministrazione comunale di Torino ha avviato alcuni progetti specifici e con risultati complessivamente apprezzabili.

    "Provaci ancora Sam" che vede in sinergia circa 30 mila scuole medie in collaborazione con associazioni, mondo del volontariato, ente locale, Formazione S.Paolo(500 ragazzi coinvolti).

    "Il Tappeto Volante" mirato a finanziare specifici interventi che vedono in sinergia la scuola lavorare sul quartiere (l'idea è nata dalla particolare e difficilissima situazione del quartiere S. Salvario). Quattro anni di intervento che vede diminuire le risorse proprio perchè l'ottica è quella di partire dall'emergenza per superarla, arrivando quindi, all'interveto normale.

    Ultimo elemento l'autonomia che richiede la verifica dei risultati. L'Ente Locale ha le elezioni, la scuola no, per questo deve auto-programmarsela. E' essenziale.

  • 12:30

    Rita Candeloro della segretaria nazionale FLC apre il dibattito con gli interlocutori presenti mettendo in evidenza che il termine inclusione è stato usato in senso molto ampio, quindi rivolto a tutti i cittadini e pensando ad un sistema integrato. Interroga, quindi, il Prof. Luciano De Menna su due questioni: come si può costruire una continuità tra i diversi sistemi e come il sistema si fa carico di seguire e orientare ogni singolo studente.

    Il Prof. Luciano De Menna parlando dell'orientamento universitario, termine piuttosto nuovo nella tradizione italiana perchè appartiene alla tradizione anglosassone, non rende appieno l’idea del corrispettivo termine inglese. Orientamento non significa esercitare una coercizione ma piuttosto guidare e, quindi, ogni azione ha una valenza orientante. Di conseguenza orientare significa dare gli strumenti perché si proceda autonomamente nelle scelte e per dare gli strumenti bisogna puntare su un’informazione tempestiva esatta ed accessibile. Bisogna sollecitare gli studenti a porsi per tempo domande come “Cosa voglio fare? Cosa posso fare?” ma si deve anche spingere i docenti a fare attenzione alla valenza orientante di tutto ciò che fanno. Inoltre è importante sfruttare canali di orientamento non formali come la televisione o le visite, momenti per i quali non basta l’Università ma serve l’azione sinergica anche di altri enti che fanno formazione.

    L’Università Federico II possiede una struttura stabile per l’orientamento: in ingresso, in itinere e in uscita.

    L’orientamento in ingresso consiste in un rapporto frequente con le scuole superiori ed i docenti, con i quali si realizzano progetti come il PROF che consiste nel realizzare un percorso formativo condotto da docenti delle scuole superiori e dell’università. Nelle scuole superiori si tengono anche seminari che hanno valenza orientante.

    L’orientamento in itinere non ha grandi possibilità di successo perché mancano le risorse economiche che sarebbero indispensabili per assegnare tutor agli allievi bisognosi di essere orientati o sostenuti nella loro scelta.

    L’orientamento in uscita consiste soprattutto in tirocini presso le aziende.

  • 12:05

    Il prof. Giuseppe Gentile dell'Univeristà degli Studi di Napoli Federico II interviene sul tema "Le politiche nel diritto allo studio" dicendo che la conoscenza può essere motivo di inclusione sociale se è basata sulla qualità. Nel nostro Paese i laureati sono largamente inferiori rispetto agli altri paesi europei. Ciò è dovuto alla mancanza di serie politiche tese a favorire la fruizione di tale diritto.

    Diritto di studio nelle Università

    Le borse di studio non riescono a soddisfare le richieste degli studenti, in particolare nella nostra regione Campania solo il 47% ottiene il beneficio rispetto al 100% in Lombardia. La riforma del titolo V della Costituzione ha favorito un decentramento delle risorse, comunque con i fondi a disposizione non si riesce a soddisfare tutte le richieste degli idonei. I fondi stanziati dal governo sono insufficienti (20 milioni di euro) rispetto ai 120 milioni di euro impegnati dalle regioni. L'impegno prevalente deve essere dello Stato, propongono le regioni. Ci sono voluti 11 anni per legiferare nella nostra regione in merito; istituendo aziende in ogni singola Università che operano in rete per garantire i servizi agli studenti. Comunque bisogna rivedere questa legge per adeguarla alle nuove esigenze emerse in questi anni.

    Il successo formativo.

    Nelle nostre Università c’è un grosso fenomeno di dispersione. E’ mancata la capacità di adeguare l’ordinamento universitario alla richiesta crescente.

    La riforma dell’Università. Riducendo il percorso non riesce al momento a risolvere il problema. Cinque anni sono ancora pochi per dare un giudizio attendibile; sono aumentate le immatricolazioni, sale all’88% l’adesione degli atenei a questa riforma. Ci sono gli aspetti negativi dovuti ai tempi ristretti che hanno portato solo ad una revisione riduttiva del percorso. E’ mancato da parte del Ministero un coordinamento.

    Mercato del lavoro.

    C’è u grosso divario tra quanto viene offerto in termini di laureati dall’Università e quanto viene offerto dal mondo del lavoro. Le imprese chiedono una maggiore semplificazione dei profili professionali. Non bisogna vincolare il percorso formativo universitario solo alle richieste delle imprese. Occorre una formazione robusta per far fronte alle richieste di una sociatà cpmplessa, non limitandosi ad una preparazione specialistica che rischia di diventare presto obsoleta. e’ importante la fusione tra Universita’ e ricerca.

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