Forum nazionale: Istruzione tecnica e professionale. Cosa cambia? Perchè cambia?

  • 16:15

    Dopo le relazioni programmate, si apre il dibattito.

    Giovanni Ambroggi, direttore del Cna di Piacenza, perito tecnico di formazione, tiene a sottolineare il dna del tessuto produttivo italiano, di cui il territorio piacentino è un buon esempio: “Il tessuto produttivo è costituito dalle piccole imprese, che vanno da uno a nove addetti. E’ questa la realtà che il nostro giovane formato dall’istruzione tecnica e professionale si trova davanti”.

    Ambroggi sottolinea anche come “parlare di piccola impresa, non significa certamente parlare di impresa di serie B. Oggi nel contesto di competizione globale - avverte - una piccola impresa può investire in innovazione, e avere un export di rilievo. Non è più la dimensione che gioca l’importanza dell’impresa. Si affacciano sistemi di filiera”. Tutto questo, secondo il rappresentante del Cna, è bene che il mondo della formazione lo sappia. Così come riconosca che “almeno nelle nostre realtà imprenditoriali, il lavoro che si trova in azienda, non è precario”.

    Miriam Teci, docente dell’Istituto Professionale di Imola, insegnante di laboratorio di elettrotecnica, tocca i temi ancora di “rigidità” presenti nel mondo della scuola, e chiede con forza che la riflessione sull’investimento e la valorizzazione dell’istruzione tecnica e professionale, si orienti anche all’investimento di risorse sugli insegnanti.

    Un fenomeno nuovo che si sta presentando, e che la docente chiede venga monitorato, è il ricambio generazionale tra gli insegnanti, e le numerose defezioni di giovani docenti che si affacciano all’esperienza di insegnamento e che, spesso proprio nei professionali, si licenziano. Secondo l’insegnante vanno rivisti perciò i mezzi di reclutamento, e individuati sistemi per valorizzare chi è nella scuola, letta come luogo e territorio di sperimentazione per chi vuole provare a fare un lavoro.

    Marina Partiti, insegnante di scuola superiore a Piacenza, e vicepresidente dell’associazione disabili e down di Piacenza, rileva come non sia stata prevista la presenza dell’associazione che lei rappresenta, né introdotta nel forum l'importante tematica dell’inserimento della persona con handicap nel sistema della formazione. “Importante - dice - sarebbe stato riprendere il lavoro fatto grazie all’assessore provinciale Tribi (di Piacenza) sul tema degli inserimenti lavorativi di persone disabili, e anche su una verifica di quanto questi inserimenti lavorativi proseguano, dopo i primi sei mesi”.

    Terminati gli interventi, è Enrico Panini, segretario generale della FLC Cgil, a concludere i lavori di questa giornata.

    Scarica la sintesi dell'intervento conclusivo.

  • 15:40

    Cristina Bertelli, responsabile del servizio politiche per istruzione e integrazione dei sistemi formativi della Regione Emilia Romagna, ha trattato dei percorsi integrati, sottolineandone la crescita sul territorio. “Tante sono state le domande, che non si è potuto ampliare più di tanto l’espansione dei percorsi integrati, per conservarne il carattere di sperimentazione, e per consentire agli enti e alle istituzioni che vi hanno collaborato di seguire attentamente la sua evoluzione. Oltre a questo, anche le risorse, limitate. Positivo l’impatto sui ragazzi dei percorsi integrati realizzati”.

    “La relazione tra istruzione superiore (liceale tecnica e professionale) e la formazione professionale, è un tema costituzionale, istituzionale – sottolinea Bertelli - ma sul nostro territorio è una questione di realtà: ci sono le condizioni per una buona integrazione tra mondo dell’istruzione e mondo professionale. Anche le risorse umane e finanziarie ci sono. Quindi è una strada che va perseguita”.

    La Bertelli si occupa quindi delle competenze Stato-Regioni sulla formazione professionale e delle novità sull’istruzione tecnica superiore (con l’ultima circolare del decreto che se ne occupa, datata 21 dicembre, quindi recentissima). “Come Regione - sottolinea la Bertelli - il lavoro per i Poli tecnici (per il post- diploma), è già iniziato. La Regione Emilia Romagna in questo senso ha già presentato ai soggetti interessati un documento. Ora si tratta di far stare insieme, e incrociare questi Poli regionali con gli Its proposti dal Ministero della PI”.

  • 15:20

    Emilio Bolzoni, della Giunta di Confindustria di Piacenza, presidente Bolzoni spa, illustra la situazione piacentina, che “rappresenta bene la realtà dei distretti industriali italiani”.

    Rispetto al settore della metalmeccanica (preponderante nel distretto industriale di Pc), Bolzoni segnala una buona crescita delle aziende, con bassissimo livello di cassa integrazione, percentuali dal 50 all’80 per cento delle esportazioni (a fronte di una crescita nazionale nei primi 9 mesi del 2007, del 12 per cento). “Ma questo patrimonio di tecnici rischiamo di perderlo, perché non c’è una generazione nuova di tecnici così preparati come quelli del passato.

    La nostra società - è la denuncia di Bolzoni - non sta producendo tecnici. Gli istituti tecnici hanno perso oltre il 25 per cento degli studenti a favore dei licei. Le famiglie piacentine e italiane non indirizzano i figli verso una carriera tecnica. Eppure le aziende sono in crescita, utilizzano le migliori tecnologie del mondo, si fa squadra, si trova soddisfazione nella produzione, c’è spazio per fare carriera. Anche la sicurezza è fondamentale” (Bolzoni cita il Protocollo Piacenza che si sta costruendo con i sindacati confederali, battezzato “Le otto ore più sicure della giornata”). Bolzoni cita i dati del “successo” dei tecnici: 4064 collocamenti nell’ultimo semestre del 2007, con l’85% delle assunzioni a tempo indeterminato; gli stipendi più alti del 25% della media provinciale.

    Il problema secondo Bolzoni è culturale. L’investimento sulla formazione professionale è decisivo - conclude - “per la ricchezza del territorio e il livello di benessere. La scuola non deve essere lasciata sola a difendere tutto questo”.

  • 14:30

    Il Forum riprende con l'intervento del presidente di Proteo Fare Sapere Omer Bonezzi, che introduce la sessione pomeridiana “Presentazione di un’esperienza di integrazione tra istruzione e formazione professionale nella provincia di Piacenza”, una relazione a tre voci di Stefano Angelillo, vicepreside Ipsia Leonardo Da Vinci di Piacenza (ISI Marconi); Maria Antonietta Rignanese, Enaip di Piacenza, centro di formazione; Natalia Tacchini, Ecipar di Piacenza, centro di formazione legato alla Cna.

    Angelillo sottolinea il quadro normativo (in primis legge regionale 12/2003) per un’offerta formativa che rompesse gli schemi della scuola tradizionale. Curricoli quindi integrati di formazione e istruzione, coniugando sapere e saper fare. Al Da Vinci di Piacenza in entrambi gli indirizzi, meccanico ed elettrico, attivati questi percorsi integrati, in collaborazione con gli enti di formazione Enaip e Ecipar. L’obiettivo è quello di “non uno di meno”: portare tutti i ragazzi al diploma e alla qualifica professionale. Alla fine del triennio viene rilasciata la certificazione. Si è creato anche un progetto provinciale di sistema.

    Angelillo conclude sottolineando che la scuola forse è ancora autoreferianziale e guarda alla sperimentazione integrata con una certa diffidenza. Sarebbe importante rafforzare la dimensione territoriale dell’esperienza, Angelillo segnala un problema: la definizione dei consigli di classe, che incide sulla difficoltà della pianificazione. “Meno della metà - fa notare - sono i docenti di ruolo, con cambi docenti anche in corso d’anno. Difficile programmare”.

    La Rignanese si è occupata di esporre il lavoro del biennio, che offre sia una funzione orientativa (orientamento professionale) ma anche di attenzione alla professionalizzazione. Il modello - sottolinea - può attraversare non solo nei professionali, ma anche nei licei dove è possibile, più che la professionalizzazione precoce, l’acquisizione di competenze trasversali che saranno utilizzabili dagli studenti che poi accederanno al mondo del lavoro.

    Dal 2003 - sottolinea Rignanese - abbiamo anticipato approcci e metodi, rispetto alla progettazione per assi culturali proposti l’estate scorsa dal Ministero della Pubblica Istruzione. Il curricolo è stato rivisitato partendo dalla definizione di aree, e puntando alla progettazione di competenze. Decisiva la riproducibilità di questa esperienza; si è data infatti importanza alla documentazione (vedi il sito www.cde-pc.it, centro di documentazione della provincia di Piacenza). Vengono mostrati anche le certificazioni (con due modelli, dove vengono riportate le competenze raggiunte).

    Natalia Tacchini, si è soffermata sul difficoltoso contatto con le famiglie, sottolineando però quanto la famiglia sia importante insieme al gruppo dei pari. 240 le ore di integrazione, con alternanza scuola lavoro, proposte nel progetto.

    Esperti esterni, ruolo dei tutor, e naturalmente dell’impresa, a cui la legge regionale 12 attribuisce un ruolo formativo. La Tacchini auspica un contatto con l’impresa ancora più saldo, nel settore meccanico ed elettrico, giocato sulla innovazione tecnologica. Attorno quindi ad uno stesso tavolo di progettazione, scuola formazione e imprese.

  • 11:50

    Al termine degli interventi programmati, inizia il dibattito della prima sessione dei lavori.

    L’intervento di Maria Luisa Giaccone, dirigente scolastico dell’istituto Volta di Castel San Giovanni (Piacenza), ha aperto il dibattito sui cambiamenti dell’istruzione tecnica e professionale. E’ necessario riconoscere la diversità come valore - ha ricordato la docente - per evitare di continuare a considerare gli istituti professionali inferiori alle altre realtà educative. I ragazzi acquisiscono e potenziano il proprio livello di autostima quando si confrontano con discipline e paradigmi adatti alle proprie capacità. Per questo deve essere dedicato più spazio alle materie caratterizzanti di ogni istituto».

    Ad insistere sull’esigenza di una specificità di discipline e insegnamenti, anche Gaetano Passarelli, Ipsia Alberghetti di Bologna. "All’interno degli istituti professionali - ha sottolineato Passarelli - rimane primaria la figura del docente di laboratorio, che deve essere promossa anche all’interno dei licei scientifici, affinché l’attività pratica risulti effettivamente utile. Una considerazione che si basa sul motto «se faccio, capisco»".

    A spostare l’attenzione sul tanto delicato quanto attuale tema della sicurezza sul lavoro è invece Livio Massavelli, dell’ Itis Barletti di Alessandria. "Tra i ragazzi esiste scarsa sensibilità al nodo critico della sicurezza - ha rilevato il docente - e manca una decisa consapevolezza reciproca in materia. Sulla base di ciò devono essere predisposti nuovi percorsi formativi che abbiano l’obiettivo e la capacità di fare nascere la coscienza di ciò che sta accadendo".

    Claudio Cattini, dipartimento formazione e ricerca della CGIL Emilia Romagna, ha invece evidenziato "la necessità di ragionare all’interno di un’ottica di formazione permanente e di controllo critico degli enti che propongono tale istruzione». Senza dimenticare l’esperienza dell’apprendistato, che deve essere inteso come "un percorso da sommare alle esperienze precedenti e a quelle successive".

    Dall’Itis Leonardo da Vinci di Parma arriva invece la voce di Roberta Roberti, direttivo nazionale FLC Cgil. "Gli studenti degli istituti tecnici e professionali - ha ricordato la docente - hanno bisogno di affrontare le materie, anche umanistiche, in maniera diversa, magari con più attività laboratoriali, non di vedere diminuite le ore di lezione".

    Iumara Ricciarello, Itas Giordano Bruno di Perugia ha invece posto l’attenzione sul nodo dell’imminente riduzione degli indirizzi tecnici, sollevando perplessità e preoccupazioni «sul destino degli istituti biologici e sui posti di lavoro che andrebbero persi".

    Scarica il documento sulla proposta per l'indirizzo studio biologico

    A concludere il dibattito Enzo Palumbo, segretario generale della FLC Cgil di Monza, che nel rilevare "la scarsa mobilità sociale creata da una differente e in parte discriminatoria visione degli istituti tecnici e professionali nei confronti dei licei" ha promosso "una più decisa competizione sul piano culturale tra le diverse realtà educative e l’esigenza di spingere gli studenti degli istituti tecnici e professionali verso obiettivi più alti".

    Il Forum riprenderà alle 14,30 dopo la pausa per il pranzo.

  • 11:30

    Per soppraggiunti e improrogabili impegni, la dott.ssa Maria Grazia Nardiello, di cui era prevista la partecipazione al Forum in rappresentanza del Ministero della Pubblica Istruzione, non è presente.

    Interviene, su Poli tecnico-professionali e ITS, Camilla Bernabei, centro nazionale FLC Cgil.

    La ristrutturazione degli istituti tecnici e professionali viene affiancata dall’istituzione degli istituti tecnici superiori e dai poli tecnico-professionali.

    I poli tecnico-professionali intendono definire un sistema integrato di istruzione, formazione mondo del lavoro e sistema istituzionale territoriale all’interno di una filiera professionalizzante finalizzata ad individuare i fabbisogni formativi del territorio, agevolare il conseguimento di un titolo di studio o di qualifica professionale, diffondere la cultura scientifica tecnica ed economica.

    Con l’istruzione tecnica superiore si vuole istituire un nuovo canale superiore alternativo all’università con un forte sbocco nel campo tecnologico.

    La nuova ipotesi di ITS, appena discusso in Conferenza Unificata, contiene alcuni punti alquanto critici: scarsa omogeneizzazione dell’offerta formativa ITS sui territori, l’istituto giuridico che presiede il governo, la fondazione di partecipazione, poco in sintonia con il carattere pubblico del sistema d’istruzione essendo essa un istituto di diritto privato, il confine tra IFTS e ITS è ancora troppo debole. La costituzione di ITS per rispondere a fabbisogni formativi del territorio in riferimento al progetto “Industria 2015” non supera il rischio di non mettere in sinergia le risorse per l’innovazione e le risorse finalizzate all’alta formazione tecnica.

    Permane la discontinuità tra indirizzi di politica economica, industriale e formativa.

    In conclusione, afferma la Bernabei, si può affermare che sia i nuovi poli che gli ITS possono costituire il punto nevralgico della ristrutturazione dell’istruzione tecnica e professionale, quasi il fine principale.

    Con questi strumenti, i nuovi istituti potranno intercettare le richieste di nuove figure professionali ma principalmente costituire un sistema formativo che permetta l’uscita a vari livelli, il rientro in formazione del mondo del lavoro in un’ottica di life long e life wide learning.

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  • 10:50

    Per Pino Patroncini, centro nazionale FLC Cgil, la scuola italiana ha corso il rischio alcuni anni fa di perdere l’istruzione professionale, ciò l’avrebbe posta fuori dall’Europa. In Europa tutti i paesi, infatti, offrono una istruzione professionale di tipo scolastico, seppur accanto ad altre forme. Dopo di che occorre prendere atto che mentre in italia c’è una tripartizione tra istruzione liceale, tecnica e professionale, altrove c’è solo una distinzione tra istruzione liceale e istruzione professionale.

    Le differenze tra i paesi europei suggeriscono, prosegue Patroncini, che occorre capire, non copiare. Conviene perciò sottolineare alcune differenze tra Italia e altri paesi:

    1. l’originalità dell’istruzione tecnica italiana che ha una vocazione al tempo stesso generale e professionale.

    2. La brevità della scuola media italiana, che da un ruolo al biennio secondario superiore nell’orientamento, altrove collocato negli ultimi anni di una scuola media più lunga.

    3. Il fatto che scuole medie più lunghe, fino ai 16 anni, non pongono il problema di altri percorsi prima dell’assolvimento dell’obbligo.

    4. Una alternanza scuola lavoro dopo i 16 anni più robusta e fondata su una diversa concezione della formazione professionale.

    5. Una formazione iniziale degli insegnanti non solo accademica ma anche professionale.

    6. Una cultura del lavoro a cui si rivolgono tecnici e professionali fondata sui diritti del lavoro non sul suo sfruttamento.

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  • 10:30

    I lavori della giornata proseguono con la relazione di Luisella De Filippi, segretaria nazionale della FLC Cgil.

    Il rientro degli istituti professionali nel sistema dell’istruzione statale e la riedizione degli istituti tecnici, segnano il superamento della licealizzazione della scuola secondaria superiore imposta dalla Moratti con la legge 53/03 e segnano altresì il superamento del sistema duale.

    Il percorso che deve portare al potenziamento ed alla valorizzazione degli istituti tecnici e professionali, prosegue la De Filippi, comincia con il seminario nazionale tenutosi nella sala dell’Acqua Potabile a Roma nel mese di maggio 2007.

    Sono previsti: la riduzione del numero degli indirizzi, riorganizzati dentro ampi settori tecnico-professionali, la scansione temporale dei percorsi, il monte ore annuo delle discipline, il potenziamento di attività laboratoriali, stage e tirocinio, l’orientamento degli studi universitari e tecnico superiori.

    Una commissione ministeriale, da poco insediata, ha il compito di istruire il percorso. In collegamento a questo si sta delineando la struttura dei Poli tecnico professionali e degli ITS che completeranno la riorganizzazione della filiera formativa in questa area.

    Per la FLC, i nodi problematici da affrontare sono: l’impianto gentiliano della scuola superiore, l’innalzamento dell’obbligo di istruzione, la non duplicazione di titoli di studio, le risorse di organico, il rapporto con la realtà produttiva del territorio.

    E’ l’occasione, conclude la De Filippi, per ripensare tutta la scuola superiore su basi nuove, di cui manca però il profilo strategico che ne orienti l’azione.

    Scarica la relazione integrale.

  • 10:10

    Siamo a Piacenza, ospiti dell’ Istituto Superiore “Guglielmo Marconi” nella suggestiva cornice dell'aula Modenesi.

    L’occasione è il Forum nazionale sulla Scuola secondaria superiore organizzato dalla FLC Cgil e Proteo Fare Sapere, con la collaborazione della CGIL e dell’Amministrazione Provinciale piacentine.

    Raffaella Morsia, segretaria generale della FLC Cgil di Piacenza, introduce il forum, come occasione di “valorizzazione” dell’istruzione professionale, definendolo “un veicolo per garantire diritto allo studio, mobilità e coesione sociale”. La Morsia sottolinea “il debito colossale che l’Italia ha nei confronti degli istituti secondari tecnici e professionali, perno della scolarizzazione secondaria di massa nel nostro paese”; richiama quindi le innovazioni legislative introdotte dal Governo, gli stati generali di maggio 2007, e sottolinea la necessità di tornare - ora - ad un nuovo confronto.

    Ferdinando Tribi, assessore provinciale alla formazione di Piacenza, sottolinea come l’istruzione tecnica e professionale siano “ad un bivio”. “La vera prova è una rinnovata cultura sociale, la penetrazione in quella cortina che ha reso l’istruzione tecnica e professionale”, una scelta invisa alle famiglie, specie dopo gli “artificiali processi di liceizzazione di massa”.

    L’orizzonte lungo che Tribi suggerisce è quello di una valorizzazione, che si leghi con “il gradito ospite ritornato sulla scena: l’obbligo elevato a sedici anni di età e dieci di scolarità. Dobbiamo ora assumere la sfida del pieno successo formativo, come leva di mobilità sociale e accesso alla coscienza critica nell’accumulazione del sapere e del saper fare”.

    Tribi cita l’esperienza positiva di Piacenza; con un approccio di sistema, con la definizione di una “serie di patti, come il patto antidispersione che è riuscito a mantenere nel sistema scolastico nel biennio il 99,7 per cento. Ora, a partire dalla novità dell’obbligo - annuncia Tribi - stiamo lavorando ad una nuova intesa territoriale”. Sempre a Piacenza, dove è attivo un importante comparto manifatturiero e meccanico, “la competitività è stata giocata con l’innovazione e la specializzazione, non come rincorsa a ribassare il costo del lavoro”. L’amministratore cita un’indagine a tappeto realizzata dalla Provincia di Piacenza su diplomati nel 2001 e nel 2003, che consegna risultati positivi, ma anche problemi come il raffreddamento della mobilità sociale, la segregazione di genere e di nazionalità, la questione del salario all’ingresso nel mondo del lavoro.