10.30.00

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I lavori del seminario "Impatto della crisi economica su Università e Ricerca in Europa" riprendono presso l'Auditorium della sede ISPRA di Via Curtatone, 7 a Roma.

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10.40

Lotte sindacali efficaci solo se la mobilitazione è europea

A causa dell'assenza del direttore del CSEE-ETUCE Martin Romer, trattenuto da problemi familiari, il punto di vista del CSEE -ETUCE è stato illustrato dalla vice-direttrice Odile Cordelier, che ha aperto i lavori di questa mattinata invocando la necessità di una mobilitazione europea a cui partecipino i lavoratori dell'istruzione e della ricerca insieme con tutti i lavoratori pubblici.

Per rispondere alla domanda di quali risposte dare alla crisi, Odile Cordelier, ha individuato le quattro grandi tendenze che la crisi porta con se nei sistemi di istruzione di tutti i paesi europei:

  • il congelamento dei salari dei lavoratori (mancato rinnovo dei contratti ecc.)
  • la perdita di attrattività del lavoro docente (sua svalutazione e sottovalutazione)
  • impoverimento delle pensioni (innalzamento dell'età, abbassamento della pensione)
  • riforme pretestuose del sistema educativo

A questo proposito ha citato il caso della Grecia, di cui nessuno parla: in Grecia, Fondo Monetario Internazionale, Commissione Europea e BCE non hanno solo proposto tagli al settore pubblico ma nella scuola hanno proposto anche l'abolizione di insegnamenti come l'educazione civica e le discipline artistiche. Dunque ci troviamo di fronte a un tentativo di riformulare completamente i sistemi educativi.

Cordelier ha invitato a leggere i documenti del CSEE-ETUCE contenuti in cartellina, quello in cui il CSEE-ETUCE chiede che la CES si occupi di più di educazione, quello per la solidarietà alla Grecia, ma anche gli altri documenti della IE redatti nell'ultimo congresso mondiale di Città del Capo, in particolare quello della Regione europea.
Ha di conseguenza sottolineato la necessità di intervenire presso le istituzioni europee. Ma si è chiesta anche con quali modalità di azione, poiché in realtà finora a livello europeo si sono solo scritti documenti, mentre le lotte sono state condotte solo a livello nazionale dai singoli sindacati.
E in questo modo si è stati bravi a scrivere documenti ma non ad ottenere risultati.

La relatrice ha polemizzato a distanza con Pierre Mairesse, intervenuto ieri, il quale ha detto chiaramente che anche se l'istruzione non è materia UE e resta in capo ai singoli stati, tuttavia è anche un affare europeo. In altre parole, ha affermato il diritto europeo di mettere il naso nei sistemi educativi nazionali senza confronto sindacale. E ciò in una situazione in cui il dialogo sociale oggi langue ovunque, tranne che in Svezia e in Danimarca.
Ma ha anche ammesso una sottovalutazione dell'influenza sui sistemi educativi della Commissione Europea. Perciò ha sottolineato la necessità di avviare interventi del CSEE-ETUCE verso il Parlamento Europeo, la necessità di ottenere audizioni, e ha promesso entro Natale una riunione con la commissione educazione e cultura del Parlamento Europeo, la quale ha già fatto audizioni in merito ma non con i sindacati. È dunque prioritario trovare uno spazio.

Cordelier ha proseguito il suo intervento illustrando brevemente il documento della CSEE-ETUCE della scorsa settimana sulla Ricerca, redatto in risposta alla Commissione Europeo. In esso si insiste sul diritto degli studenti all'iscrizione, ci si oppone all'aumento delle tasse universitarie e all'attacco alle libertà accademiche rappresentato dall'idea di concertare la definizione dei programmi universitari e di ricerca con i datori di lavoro.

Avviandosi alla conclusione, ha invitato a non limitare la discussione ai singoli paesi, perché oggi le lotte nazionali non bastano più. Ha ricordato le ultime manifestazioni europee della CES a Wroclaw (Polonia) e a Budapest (Ungheria), con la prima scarsamente partecipata se non dai polacchi, mentre alla seconda avevano partecipato almeno 2.500 insegnanti provenienti da tutta l'Europa.
Infine, ha ricordato che la CSEE-ETUCE e l'IE possono essere efficaci solo col coinvolgimento di tutti i militanti sindacali.

11.05

Oltre la crisi: la ricerca energetica, opportunità per un nuovo sviluppo

Scarica l'intervento di Giuseppe Girardi.

Scarica le slide

11.20

Oltre la crisi: la ricerca ambientale come volano dell'innovazione

La tesi centrale dell'intervento di Elvio Cipollone dell'ISPRA è che la ricerca e l'innovazione ambientale rappresenta una delle strade principali da percorrere per uscire dal vicolo cieco della crisi attuale.

Lo scoppio delle varie mine finanziarie sparse per il mondo - preceduto dall'incontestabile alterazione degli equilibri ambientali, dalle ripetute crisi energetiche dei primi anni di questo millennio e dalla redistribuzione planetaria dei fattori di produzione verso le nuove potenze Cina, India, Brasile - è il risultato di trent'anni di liberismo consumista basato su una supposta disponibilità illimitata di risorse naturali, energetiche, ambientali e finanziarie. La deduzione razionale e oggettiva, sottolinea Cipollone, è che "sarebbe assurdo e velleitario pensare di uscire dalla crisi rimettendo in moto lo stesso meccanismo produzione/consumi/nuovi derivati finanziari!".

Qual è allora la chiave giusta per affrontare il futuro? Secondo il relatore, sta nella capacità di mettere in atto una politica sociale per contrastare e mitigare gli effetti regressivi della crisi investendo sul futuro. Questo significa: giovani, formazione, ricerca e innovazione. Per coniugare al futuro questi tre temi la matrice giusta è proprio quella ambientale che può divenire un grande fattore di sviluppo economico. 

Cipollone passa in rassegna gli elementi di questa matrice che rappresentano "il cuore di un modello di sviluppo per far ripartire l'economia e tornare a produrre posti di lavoro": programmi di ricerca e innovazione indirizzati verso una nuova mobilità ecosostenibile, mezzi di trasporti a minor impatto ambientale, recupero di materia prima dai rifiuti, efficienza energetica nei cicli produttivi, uso di fonti rinnovabili, bio edilizia, agricoltura biologica, bonifiche e messa in sicurezza dei suoli, estensione e valorizzazione delle aree naturali protette, risanamento delle aree urbane attraverso innovative politiche urbanistiche e di mobilità. "Una sfida - conclude Cipollone - da vincere per il bene di tutti". 

Scarica il testo dell'intervento

12.00

La prevista tavola rotonda "Reazione settoriale di fronte alla crisi", è stata sostituita da una discussione sui temi intorno ai quali si sta costruendo il "Manifesto di Roma Università - Ricerca per uscire dalla crisi", il cui testo può essere sottoscritto a questa pagina.

13.10

Pantaleo: lavoro cognitivo vada riqualificato, serve scatto di partecipazione

Il segretario generale della FLC CGIL Domenico Pantaleo ha concluso il seminario ringraziando i sindacati europei che hanno partecipato alla iniziativa e alla costruzione del Manifesto dell'Università e della Ricerca - "Il Manifesto di Roma" - e auspicando che questo possa diventare un concreto punto di riferimento per le politiche sindacali in Europa.

L'onda lunga della crisi - ha detto - determina conseguenze devastanti sull'occupazione, sui salari, sullo stato sociale e sulla democrazia. La crisi economica uccide la democrazia perché le decisioni vengono sottratte non solo alla sovranità dei popoli ma persino alla stesse istituzioni Europee e ormai sembrano regnare solo BCE e potentati finanziari La riconquista di regole e di poteri da parte delle istituzioni democratiche è la condizione necessaria per affrontare le cause reali che hanno determinato la crisi della globalizzazione neoliberista, tra i quali Pantaleo ha individuato le diseguaglianze che crescono sempre più accentuate. Ciò è la conseguenza dei tagli ai salari e di un mercato del lavoro deregolamentato che ha avuto come conseguenza il trasferimento della ricchezza dai redditi da lavoro a rendite finanziarie e profitti. Pantaleo ha invocato per ciò un cambiamento radicale del modello di sviluppo altrimenti non si esce dalla crisi e soprattutto ne escono indeboliti i settori della conoscenza.

È necessario comprendere che se è questo l'orizzonte, ha continuato Pantaleo, le risposte nazionali non bastano più. Occorre agire sempre più in una dimensione sovranazionale a partire dal rivendicare un Europa politica governata democraticamente. In caso contrario è a rischio la stessa funzione di rappresentanza del sindacato. Se si disperde la necessità del cambiamento ed una visione avanzata dell'Europa il sindacalismo europeo rischia di essere sempre più marginale rinchiuso in logiche di difesa di interessi nazionali o peggio ancora corporativi per salvare il salvabile. Per questo resta centrale un'idea di trasformazione della società, rimettendo al centro le buone politiche pubbliche, soprattutto ora che si sono consumati i miti neoliberisti del privato è bello. Bisogna ricostruire luoghi pubblici nei quali i cittadini dell'Europa possano aspirare al miglioramento della propria condizione sociale. L'istruzione è un bene comune fondamentale per garantire piena e buona occupazione. Tutti gli indicatori segnalano che il crollo dell'occupazione coinvolge in particolare le persone meno istruite così come i paesi che hanno meno welfare e meno istruzione sono quelli più in difficoltà: non a caso gli unici paesi che hanno retto meglio l'impatto della crisi sono quelli nordici. Tornare ad investire in conoscenza significa affermare una società più coesa e che compete su fattori qualitativi. Per questa ragione la FLC CGIL chiede di tornare ad investire in scuola, università e ricerca. Negli scorsi anni in Italia sono stati invece tagliati 8 miliardi di euro alla scuola, 1,5 miliardi all'università e i fondi ordinari agli istituti di ricerca pubblici.

L'istruzione e la ricerca possono essere i riferimenti comuni per uscire in modo diverso dalla crisi. L'UE afferma concetti giusti e indica obiettivi condivisibili ma poi non seguono fatti concreti perché tutto viene affidato alla volontà dei singoli Paesi che, come è successo in Italia, si muovono in direzione opposta. Come si concilia ad esempio Europa 2020 con le politiche di austerità imposte con il nuovo patto di stabilità? Come è possibile investire in conoscenza se si assume come totem il pareggio di bilancio che in Italia s'intende introdurre in Costituzione? Perché non si fa mai riferimento alle condizioni del lavoro cognitivo - si è chiesto il segretario generale della FLC CGIL - che di fatto, tra retribuzioni sempre più basse, precarietà dilagante e sempre minore libertà e autonomia sono spinte verso un processo di proletarizzazione? Si vogliono ridurre le competenze e le conoscenza possedute in merce, svalorizzando le professionalità. L'attacco alla contrattazione a partire dal contratto nazionale significa spogliare il lavoro di diritti universalmente riconosciuti. Assumere l'istruzione e la ricerca come volano di un diverso modello di sviluppo implica una grande capacità di innovazione ed assumere la partecipazione come la condizione per le riforme.

Favorire una maggiore qualità dei processi formativi implica interrogarsi continuamente sulle finalità e le modalità di funzionamento dei luoghi della conoscenza. L'autonomia non deve mai essere scambiata per autoreferenzialità perché la credibilità delle scuole, delle università e degli istituti di ricerca pubblici si rafforza se si riesce ad essere ritenuti indispensabili per lo sviluppo del territorio, per garantire la sostenibilità ambientale e per cambiare modi di produrre e consumare.

La valutazione deve servire innanzitutto a misurare l'impatto che i settori della conoscenza hanno nel concreto per migliorare la condizione di ogni persona. Il miglioramento della qualità deve essere un obiettivo per il sindacato perché da essa dipende soprattutto il destino delle nuove generazioni. I limiti delle riforme tentate negli ultimi tempi sono stati quelli di essere state fatte con una impostazione tecnocratica, come il processo di Bologna, e piegate ad una concezione liberista, tutte finalizzate alle logiche e agli interessi del mercato ignorando che nelle moderne società l'istruzione è prima di tutto un diritto umano. Ad esempio non si può piegare la ricerca alle logiche dell'impresa: la ricerca va valorizzata come processo collettivo i cui risultati vanno messi a disposizione del benessere generale e quindi deve essere recuperata la sua funzione sociale

In questo contesto, ha concluso Pantaleo, il sindacato deve essere in grado di connettere ed intercettare le nuove domande che rivendicano la possibilità per tutti di essere istruiti e di poter aspirare alla mobilità sociale in una società che appare sempre più immobile ed immodificabile. Il manifesto che intendiamo proporre alla fine dei nostri lavori ha l'ambizione di aprire un grande dibattito pubblico. Vogliamo estendere il consenso e allargare le nostre alleanze guardando ai movimenti che in Europa e nel mondo chiedono maggiore giustizia sociale e la fine della dittatura della speculazione e della finanza. Mentre tutto si frantuma e si divide, i nostri sindacati lanciano un segnale di unità d'intenti. Con un percorso di mobilitazione e di ulteriori riflessioni vogliamo trasformare il manifesto in progetto politico intercettando le spinte che vengono dai movimenti come quello degli studenti o quello degli indignados. Se non ridiamo la speranza del cambiamento c'è il rischio che l'Europa vada alla deriva, mentre occorre più lavoro, più ricchezza e più libertà. Noi vogliamo che scuola, università e ricerca tornino ad essere percepiti come un patrimonio a disposizione dei cittadini per guardare al futuro in modo positivo. Il diritto al sapere è la risposta alla condizione disperata delle nuove generazioni, sempre più escluse dal mondo del lavoro, umiliate dalla precarietà e alle quali s'intende far pagare i costi della crisi.