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Piano ISTAT per la prevenzione della corruzione 2016-2018: le osservazioni della FLC CGIL

Come si calano i principi etici e di trasparenza nella realtà degli incarichi assegnati in questi mesi?

11/09/2016
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Il 9 settembre la FLC CGIL ha inviato una nota con le proprie osservazioni alla bozza predisposta dall'amministrazione dell'Istat del nuovo Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione  (PTCP) 2016-2018.

Il Piano rappresenta un aggiornamento delle procedure messe in atto dall’Istat in funzione delle più recenti indicazioni e linee guida dell’ANAC: va quindi analizzato come stato dell’arte di una processualità in itinere e non come esito di un percorso già compiuto.

Nel piano si esprime  la necessità di “garantire, a partire dalla programmazione 2017/2019, la piena integrazione tra il ciclo di prevenzione della corruzione, il ciclo della performance e il processo di pianificazione strategica e programmazione operativa”: obiettivo che sarebbe più efficacemente perseguito se il nostro istituto si dotasse finalmente del Consiglio Scientifico previsto dall’art. 15 del CCNL 2006- 2009, mai costituito. Non può infatti garantirsi un effettivo processo di integrazione gestito unicamente dall’alto.

Si prevede un elenco molto lungo e complesso di soggetti coinvolti nell’implementazione del sistema di gestione del rischio di corruzione. In particolare si osserva una proliferazione di strutture di supporto: Risk management, nucleo di presidio a supporto del RPC, gruppo di lavoro che coadiuva il RPC nella gestione delle segnalazioni di condotte illecite (whistleblowing). Segnaliamo la necessità di rendere trasparente la composizione di queste strutture e l’opportunità di valutarne una razionalizzazione.

L’amministrazione propone una celebrazione del processo di modernizzazione, in particolare in virtù della scelta della centralizzazione dei servizi trasversali e delle fasi più delicate sotto il profilo della prevenzione della corruzione, della riduzione degli uffici generali e del parziale ricambio dei dirigenti di primo e secondo livello. L’accentramento in un’unica struttura della gestione dei contratti pubblici potrebbe d’altra parte esporre a maggiori rischi di opacità e conflitti di interesse, a causa del numero minore di persone coinvolte.

Nel piano si prevede che “la Direzione generale avvierà, da ultimo, uno specifico approfondimento sulla cultura organizzativa dell’etica, all’interno dell’Istituto” . Segnaliamo che la “cultura organizzativa dell’etica” è un concetto alquanto confuso, non presente in letteratura. Sarebbe più corretto parlare di principi etici da porre alla base della cultura organizzativa dell’istituto.

Sono menzionati il “disciplinare per la formazione delle commissioni interne per la selezione del personale e la scelta del contraente” e le “linee guida sugli adempimenti da attuare in Istituto per prevenire i rischi legati al fenomeno del pantouflage e revolving doors”, documenti di cui non abbiamo contezza e sui quali sarebbe necessario un confronto con le organizzazioni sindacali, come su altre linee guida di cui si parla nel Piano.

Si segnalano nel testo “tre casi di conflitto di interesse sorti a seguito del conferimento di incarichi di responsabilità di strutture dirigenziali tra il 2015 e il 2016”. Questi casi sarebbero stati affrontati dalle persone parlandone con il responsabile per la corruzione, ma non è chiaro se e come siano stati risolti. Anche su questo sarebbe utile definire un criterio univoco e regole valide per tutti.

Come già indicato nelle osservazioni al piano proposto nel 2014, in nome del principio di trasparenza, crediamo che sarebbe utile la pubblicizzazione di tutte le delibere sulla intranet dell’Istituto e l’attualizzazione di una serie di informazioni non aggiornate da anni.

Il principio della rotazione appare positivo, ma attendiamo un confronto sul regolamento attuativo. In particolare non esistono regole chiare sulla rotazione dei dirigenti.

La considerazione più forte e amara è il contrasto tra i principi di trasparenza che guidano il piano e l’indiscutibile opacità che ha caratterizzato gli ultimi mesi di implementazione del progetto di modernizzazione dell’Istituto. La selezione del direttore del DIRM è solo l’ultimo esempio di procedure e selezioni decise nel chiuso delle stanze: ancora una volta ribadiamo la necessità di rendere pubblici i curriculum pervenuti e i criteri di selezione adottati.

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