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Direttore responsabile Ermanno Detti |
Periodico telematico a cura della FLC Cgil
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Anno IV n. 58 del 28 ottobre 2008 |
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Editoriale |
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Notizie
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Speciale
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La cronaca delle giornate di sciopero
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Scuola, Università, Ricerca hanno bisogno di riforme. Non di tagli né di privatizzazioni
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Il disastro di un mercato senza regole che si è abbattuto sulla finanza e sull'economia non ha insegnato niente. Eppure è evidente quanto questo disastro sia costato ai risparmiatori e sta costando al contribuente.
Affidare scuola e università al mercato - questa è la “riforma” Gelmini – significa distruggere il sistema pubblico di istruzione, negare ai più il diritto allo studio e l'accesso al sapere.
Il ministro dice che si è discusso anche troppo e che ora è il tempo di fare. Peccato che lei non abbia discusso con nessuno, neanche col Parlamento, e che la sua manovra interviene strutturalmente solo sulla parte che funziona: ha sbaraccato per decreto la migliore scuola elementare d'Europa e le esperienze pedagogico-didattiche migliori del mondo (il tempo pieno e l'inserimento dei diversamente abili). Per il resto solo tagli. Di riforme neanche a parlarne. Se scuola e università hanno bisogno di soldi si trasformino in fondazioni e si facciano finanziare da privati. Fine della pubblica istruzione, appunto.
Sulle cifre Gelmini continua a ripetere la sua litania di frasi a effetto e di bugie. Non è vero che la spesa per l'istruzione e per il personale in Italia è al di sopra della spesa Ocse, come non è vero che abbiamo il rapporto docenti-insegnanti più alto: è vero il contrario. E se è tanto preoccupata che gli insegnanti – ma non solo loro – sono malpagati, si disturbi a rinnovare i contratti.
La verità è che questo Governo non sopporta voci discordi. Berlusconi è da settimane in crisi isterica per una manifestazione del PD e Gelmini, nel suo piccolo, continua a negare che vi siano proteste di studenti, famiglie, lavoratori della formazione e della ricerca. E invece sono proprio una grande ola.
Sono tanto spaventati che qualcuno non la pensi come loro e che sia stufo di subire i loro soprusi che stanno mettendo mano persino al diritto di sciopero.
Ma cosa credono che noi italiani abbiamo l'anello al naso?
Beh, dimostriamogli che hanno capito male.
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Scuola. Le ragioni dello sciopero che Gelmini non capisce
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Con i decreti legge, la "fiducia" in Parlamento e il commissariamento delle Regioni il duo Gelmini/Tremonti" mette in atto lo smantellamento della scuola pubblica.
Il DL 112/08 (ora legge 133/08) prevede il taglio in tre anni di 8 miliardi di euro e di oltre 130.000 posti nella scuola statale nei prossimi tre anni.
Il DL 137/08 (in discussione al Senato) reintroduce il maestro unico facendo tornare indietro di decenni la scuola elementare.
Il DL 154/08 impone alle Regioni, pena il commissariamento, di procedere al dimensionamento e alla revisione della rete scolastica entro il 30 novembre 2008.
Il piano programmatico del Ministro Gelmini, in applicazione dei tagli previsti dal DL 112, prevede interventi sul numero di alunni per classe, sugli anticipi nella scuola dell'infanzia, sull'orario dei ragazzi, sui modelli di scuola, sui profili del personale ATA e sulla rete scolastica.
E chi ne pagherà maggiormente le conseguenze saranno i lavoratori precari licenziati in tronco (36.000 supplenze in meno - 27.000 docenti e 9.000 ATA solo nell'anno scolastico 2009-2010) per far quadrare i conti di Tremonti.
Il 30 ottobre lo sciopero e la manifestazione a Roma serviranno a far capire che sulla scuola non si procede con i diktat ma con la condivisione, non si procede con i tagli ma con gli investimenti, non si procede con la polizia ma con il dialogo.
A tutto questo si aggiunge la questione salariale e il rinnovo dei contratti.
Come fa il Ministro a non capire che con questi tagli non si riforma, ma si smantella?
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Università. Le ragioni dello sciopero che Gelmini non capisce
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Il Ministro Gelmini non capisce perché la contestano nelle Università, e in effetti lei non ha ancora emanato nessun provvedimento. Ci ha pensato però il Ministro Tremonti che, forse, nei 9 minuti a disposizione per far approvare la legge finanziaria dal Consiglio dei Ministri non ha fatto in tempo a spiegarglieli.
Fra l'altro il Ministro non conosce neanche i dati OCSE sulla ricerca pubblica e sull'università e cita dati falsi.
Lo sciopero indetto da FLC Cgil, Cisl Università e Uil PA-UR è contro i provvedimenti del Governo contenuti nella Legge 133/08 che distruggono l'Università pubblica:
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il Fondo di Finanziamento Ordinario, già abbondantemente ridotto dai precedenti governi, è ulteriormente decurtato, e in realtà si riduce di un terzo; inoltre è ridotto il finanziamento del PRIN (Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale);
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la drastica riduzione delle assunzioni del personale docente e tecnico-amministrativo, dopo due anni di blocco dei concorsi e a fronte dell'elevato numero di precari che lavorano nelle università;
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la possibilità di trasformazione degli Atenei in Fondazioni private, con la privatizzazione dei rapporti di lavoro, il conferimento dei beni dell'Università al nuovo soggetto privato e l'indeterminatezza degli organi di gestione degli Atenei, nessuna garanzia per la libertà di ricerca e di insegnamento;
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l'inadeguatezza delle risorse per il rinnovo contrattuale del biennio 2008-2009 e gli attacchi al diritto alla salute da parte del Ministro Brunetta;
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i Fondi del finanziamento del diritto allo studio sono stati ulteriormente ridotti con l'inevitabile un forte aumento delle tasse universitarie se gli Atenei diventassero fondazioni.
Tali provvedimenti vanno ben una pura manovra di risparmio e determinano uno scenario in cui sparisce l'università italiana come sistema nazionale tutelato dalla Costituzione, in cui il ruolo pubblico è elemento decisivo di garanzia per la libertà di ricerca e d'insegnamento e degli interessi generali del Paese.
La mancanza di risorse economiche e l'impossibilità di assumere impediranno il ricambio generazionale, aggravando il problema già insopportabile del precariato, e chiudendo le porte dell'università ad intere generazioni.
Il progetto del governo è molto chiaro: smantellare l'università pubblica che garantisce uguali opportunità a favore di poche università di eccellenza, determinando una situazione di divaricazione tra chi ha la possibilità economica di studiare nelle sedi più prestigiose e chi, anche se più meritevole, non ha questa possibilità.
Tutto questo non è riforma.
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Afam. Le ragioni dello sciopero che Gelmini non capisce
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Il Ministro dell'Università e della Ricerca si occupa dell'AFAM solo per chiudere i 70 conservatori distribuiti sul territorio nazionale e lasciarne 5 o 6 attivi. Quelli che saranno chiusi potranno passare agli enti locali, enti a cui sono già state abbondantemente tagliate le risorse.
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I finanziamenti dei conservatori e delle accademie hanno compensato l'eliminazione dell'ICI e saranno ulteriormente decurtati dai fondi per salvare le banche.
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La riforma prevista dalla legge 508/99 è ulteriormente rinviata per mancanza di risorse.
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Il Contratto è scaduto da 34 mesi e non ci sono le risorse, anzi sono stati ridotti i fondi per la contrattazione integrativa.
Ancora una volta la scelta di questo Governo è contro la conoscenza, contro il patrimonio culturale di una nazione, contro tutto quello che è pubblico e può favorire i meritevoli e non solo i ricchi.
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Ricerca. Le ragioni dello sciopero che Gelmini non capisce
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In tutti gli enti di ricerca il Ministro Gelmini, insieme ai suoi colleghi ministri, viene contestato, perché non considera la ricerca come un investimento per il futuro del Paese e le persone che operano in questo settore come una ricchezza da valorizzare.
Questo Governo, invece, sta realizzando un progressivo impoverimento della ricerca pubblica: le tabelle della finanziaria 2009 indicano, nei casi migliori, finanziamenti costanti in valore assoluto e, quindi, decrescenti in valore reale, ma spesso tagli, come è il caso dell'ENEA e del CRA.
Ancora più grave è la riduzione del personale attuata con la combinazione di diversi provvedimenti:
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riduzione delle piante organiche del 10% con conseguente impossibilità di nuovi ingressi, in alcuni casi immediata, in altri tra uno o due anni;
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il calcolo del turnover su base numerica (un'uscita = un nuovo ingresso) senza tenere conto che chi esce è in genere ai livelli di stipendio più elevati e potrebbe essere sostituito con più di una persona senza aggravi;
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blocco delle stabilizzazioni al 30 giugno 2009, ma gli effetti potrebbero aversi subito, attraverso l'emendamento “ammazza precari”.
L'effetto principale di queste azioni è la cancellazione del futuro per quanti, giovani o meno giovani, operano da anni negli enti con ruoli importanti e con risultati che in altri paesi sarebbero considerati di eccellenza. Sono tempi determinati, assegnisti, borsisti, co.co.co., sempre tutti precari.
Il Ministro Gelmini, che si vanta di apprezzare i giovani, li sta cacciando dal mondo della ricerca e costringendo a cambiare mestiere o ad emigrare.
A tutto questo si aggiungono soppressioni, commissariamenti, ristrutturazioni degli enti di ricerca, in una logica di riduzione delle spese e in assenza di un progetto organico che riconosca la specificità del settore e nell'assoluto disprezzo dell'autonomia delle istituzioni di ricerca, garantita dalla Costituzione, e di chi opera nella ricerca, sancita dalla Commissione Europea.
Il 14 novembre la ricerca sciopera anche perché il contratto di lavoro è scaduto da 34 mesi.
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