Lo sciopero generale
proclamato dalle Confederazioni CGIL, CISL e UIL ha fatto del 25
novembre una grande
giornata di lotta.
Non solo è riuscito lo
sciopero (si parla del 80% nei pubblici uffici, dell'80% alla
Fiat, del 70% nella grande distribuzione commerciale, del 90%
dell'industria veneta, fra l'80 e il 100% nell'industria
friulano-giuliana, ecc.) ma è riuscita soprattutto la
mobilitazione che ha invaso le strade e le piazze: 100.000 a
Milano, 80.000 a Roma, 30.000 a Palermo, dove ai comizi parlavano
rispettivamente Pezzotta, Epifani e Angeletti, mentre a Bergamo
Enrico Panini ha parlato di fronte a 10.000 persone.
50.000 a Torino, dove le
coriste del Teatro Regio hanno intonato il Requiem di Mozart,
4.000 a Locri, dove la manifestazione è stata un'altra
occasione per esprimere l'opposizione alla malavita organizzata,
8.000 a Catanzaro, 5.000 a Crotone, 6.000 a Vibo, 20.000 a
Castrovillari (lo sciopero in Calabria era di 8 ore), 30.000 a
Bologna, oltre 15.000 a Modena, 15.000 a Parma, 10.000 a Ferrara,
10.000 a Ravenna, 2.500 a Rimini, 8.000 a Forlì, 4.000 a Cesena,
3.000 a Imola, 1.500 a Piacenza, 20.000 a Reggio Emilia, 10.000 a
Siracusa e a Ragusa, 8.000 ad Agrigento, 5.000 a Caltanissetta,
2.000 a Trapani, 6.000 a Milazzo, 1.500 ad Enna, oltre 2.000 a
Perugia, dove lo sciopero era di 8 ore, 4.000 a Cagliari, 4.000 a
Udine, 1.000 a Monfalcone, 5.000 a Trieste, dove in serata al
Teatro Verdi è andata in scena la Messa da Requiem per protestare
contro i tagli al Fondo per lo Spettacolo, 6.000 ad Ancona, 20.000
a Padova, dove è stata letta l'adesione alla manifestazione del
rettore dell'università , 15.000 a Mestre, 5.000 a Belluno,
10.000 a Treviso, 12.000 a Vicenza, 8.000 a Verona, 2.000 a
Rovigo.
Insomma, una grande
partecipazione di lavoratori ma anche di studenti e di cittadini,
a cui hanno contribuito i lavoratori dell'università , delle
accademie e dei conservatori, della formazione professionale.
Grande la partecipazione anche nella scuola, dove lo sciopero era
di una sola ora, non essendo stata possibile una condivisione
unitaria della richiesta della FLC Cgil di andare allo sciopero
dell'intera giornata.
Come è noto al centro della
protesta c'erano numerosi obiettivi: l'emergenza sociale,
l'emergenza sanitaria, l'emergenza occupazionale, il
Mezzogiorno, la restituzione del fiscal drag per i lavoratori.
Obiettivi rinfocolati dall'ultimo colpo propagandistico del
governo che giovedì ha finto di intervenire sulla riforma
del TFR rinviandola in realtà al 2008.
"Uno
sciopero di fronte al quale il governo sa rispondere solo con
insulti" ha detto Angeletti. "Uno sciopero che non è
preelettorale, ma cade oggi solo perché il governo ha voluto
rinviare le questioni senza confrontarsi con i sindacati" ha
detto Pezzotta. "Uno sciopero imponente in tutta Italia, da cui
vengono le stesse indicazioni, e cioè che i lavoratori, i
pensionati e i giovani condividono le nostre critiche alla
finanziaria e al governo" ha detto Epifani, ed ai giornalisti
che lo sollecitavano sul rinvio della riforma del TFR ha risposto
"Ci sono talmente tanti motivi per scioperare che possiamo
aggiungere pure quello del TFR!".
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Lo scorso venerdì 18 novembre è stata pubblicata
in Gazzetta Ufficiale la legge
di riforma costituzionale: in premessa c'è l'avvertenza
che entro tre mesi si può procedere alla richiesta di referendum
popolare da parte di un quinto dei membri di una Camera, di
500.000 elettori o di cinque Consigli regionali.
Il Coordinamento Nazionale "Salviamo
la Costituzione", di cui fa parte
la Cgil
, ha deciso di procedere alla richiesta di referendum attraverso
la raccolta di firme, che andranno
consegnate entro 90 gg. dal 18.11.05.
Come FLC siamo
impegnati in questa campagna, che dovrà sfociare nella
cancellazione di questa pericolosa legge di riforma: abbiamo,
infatti, oltre agli altri, un motivo specifico per respingere
questa legge, che attiene proprio a quanto previsto all'art. 39
comma10 lett.b) e c).
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Il
procedimento di contrattazione collettiva per i rinnovi dei
contratti nazionali dei comparti è disciplinato dall'art. 47
del D.Lgs. 165/2001, il quale stabilisce anche i tempi per i
controlli e la verifica delle compatibilità economiche. Tutta
teoria, perché, nella realtà , i tempi intercorrenti tra
l'avvio del negoziato e i soldi in busta paga sono ben diversi e
più lunghi di quelli previsti dalla norma.
Al
riguardo, l'ARAN ha analizzato il fenomeno e ha prodotto uno
studio i cui risultati sono sintetizzati nella nota che segue:
"In
ogni tornata contrattuale del pubblico impiego le maggiori
polemiche riguardano il tempo necessario per raggiungere gli
accordi: le scadenze "saltano" anche di anni e spesso l'Aran,
l'Agenzia negoziale, si trova nel centro della bufera.
Nel Rapporto trimestrale dell'Aran sulle retribuzioni dei pubblici
dipendenti del novembre 2005, uno studio aggiornato al 15 novembre
2005 analizza le tre fasi dell'iter compiuto da ciascun contratto
- preparazione, negoziazione e certificazione e controllo - e
fornisce dati sui tempi che sono stati necessari perché un
contratto sia divenuto definitivo.
Prima fase: preparazione. Il Governo e i
Comitati di settore, che decidono l'atto di indirizzo e lo
trasmettono all'Aran, hanno impiegato, in media, 10,3 mesi per il
biennio 2002-2003 e 19,1 mesi per il biennio 2004-2005.
Seconda fase: negoziazione. La trattativa tra Aran e
Organizzazioni sindacali, che si è conclusa con la firma
dell'ipotesi di contratto, è durata, in media 8,4 mesi per il
biennio 2002-2003 e 1,8 mesi per il biennio 2004-2005. Nei tempi
della contrattazione vanno compresi anche quelli necessari ad
ottenere integrazioni o modifiche degli atti di indirizzo.
Terza fase: certificazione e controllo. Governo, Comitati di
settore e Corte dei Conti per dare via libera
definitiva ai contratti hanno impiegato in media 3,4 mesi nel
biennio 2002-2003. Mancano i dati per il biennio 2004-2005 perché
alcune ipotesi di contratto sono state firmate da poco.
Fornendo
i dati sui tempi dei contratti dei comparti più numerosi e
avvertendo che il negoziato per il secondo biennio (2004-2005)
riguarda solo la parte finanziaria e non anche quella normativa e
che quindi è meno complesso, il bollettino dell'Aran informa che:
Scuola. Nel primo biennio la prima fase è durata dieci mesi
e la contrattazione circa sette; nel secondo biennio,
rispettivamente venti mesi e un mese e mezzo.
Ministeri. Nel primo biennio la prima fase è
durata otto mesi e il negoziato sei; nel secondo biennio,
rispettivamente venti mesi un mese e mezzo.
Enti locali. Nel primo biennio, la prima fase è durata
diciannove mesi e la seconda meno di tre. Per il secondo biennio,
l'atto di indirizzo non è ancora pervenuto all'Aran.
Sanità . Nel primo biennio sono stati necessari sette mesi
per la prima fase e circa ventidue per la seconda; nel secondo
biennio, ventidue mesi per la prima e ancora non si sa quanto per
la seconda.
Università . Nel primo biennio la prima fase è durata quasi due
anni e la trattativa otto mesi; per il secondo biennio la prima
fase non ha ancora completato il suo cammino.
Ricerca. L'atto di indirizzo per il primo biennio è stato
fermo tre anni e mezzo e la trattativa è ancora in corso; per il
secondo biennio si attende il nuovo atto di indirizzo.
Poiché,
spesso semplificando, si attribuisce alle decisioni prese nella
legge finanziaria sugli stanziamenti una "automatica"
apertura della trattativa e una sua altrettanto veloce
conclusione, nel suo Rapporto trimestrale l'Aran fa notare che lo
stanziamento in legge finanziaria di risorse non dà avvio ad
alcun processo negoziale, che viene aperto - ribadisce il Rapporto
- solo con la trasmissione all'Agenzia dell'atto di
indirizzo".
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