Precarietà e Precarizzazione

  • 17:00

    Spetta ad Enrico Panini - Segretario generale della FLC Cgil, concludere il seminario. Queste le sue conclusioni.

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  • 16:30

    Si passa alla seconda domanda rivolta a Fulvio Fammoni: in questa situazione attaccare attaccare attaccare

    In questa fase in cui si discute un programma per chi si propone di governare si deve mettere in campo un’idea ambiziosa. La flessibilità è un punto emblematico del modello europeo e all’interno dei sindacati europei e del parlamento europeo ci sono differenze trasversali. Il tema del dibattito politico oggi è il valore sociale del lavoro: il lavoro è un costo oppure è al centro del modello sociale di sviluppo. La Legge 30 rende tutte le attività di lavoro uguali e servono per l’ordinaria attività di lavoro. E’ provato che non cresce l’occupazione con la disoccupazione perché meno gente cerca lavoro. La Cgil chiede che il contratto a tempo indeterminato sia forma tipica di lavoro; ristabilire la gerarchia delle fonti; modificare codice civile che legifica le collaborazioni coordinate continuative in base al concetto che si debba distinguere tra lavoro dipendente e indipendente e tutti devono avere diritti ma quelli dipendenti gli stessi diritti degli altri lavoratori.

    Proseguendo sul filo delle argomentazioni del primo intervento, Marco Barbieri sottolinea come la situazione italiana si pone tutta all’interno di questo modello dominante a livello mondiale che funziona con costi economici e sociali pesanti. E’ un modello in cui anche la conoscenza emerge e vi si accede, ai livelli che contano, indebitandosi e comprandola. Più disponibilità economiche ci sono e meglio si può accedere ai più alti gradi della conoscenza.

    La contrarietà al precariato e contrarietà all’esclusione e alla mercificazione si deve collocare all’interno di altri processi per costruire un diverso modello produttivo sociale e nuove regole.

  • 15:15

    Inizia la Tavola Rotonda, coordinata da Anna Villari, Presidente di Valore Scuola coop, dal titolo “Costi economici e costi sociali della precarietà nei settori della Conoscenza e dei Saperi” alla quale partecipano Fulvio Fammoni, segreteria nazionale Cgil; Marco Barbieri, Università di Foggia; Enrico Pugliese, Università Federico II di Napoli; Francesco Garibaldo, presidente I.p.L. di Bologna.

    Anna Villari, dopo aver illustrato la scelta del tema della Tavola rotonda, rivolge una prima domanda ai partecipanti.

    Domanda a Fulvio Fammoni, perché la Cgil si oppone all’ampliamento del precariato nel mercato del lavoro anche se è attenta ai suoi cambiamenti e alle nuove categorie che in esso operano?

    Risposta Il problema del precariato c’è da molto tempo e i contratti hanno provato a cimentarsi. Oggi con questo governo c’è un salto di qualità perché diversa è la qualità del ruolo del precariato. A fine legislatura osserviamo che, escluse le leggi ad personam, la maggior parte degli interventi è sui temi del lavoro della formazione e dell’immigrazione. Tre anni fa iniziò la liberalizzazione del lavoro con la legge £0, oggi vanno avanti nell’applicazione della Legge 53. Immigrazione strettamente legato alla formazione: 3 milioni di immigrati legali fra adulti e bambini di cui 1/3 non accede alla scuola e il 30-40% è vittima della dispersione scolastica. Il governo prefigura modello di sviluppo sociale ed economico povero sia come qualità dello sviluppo che dei diritti con una competizione al ribasso concentrata sui costi e la formazione è un costo. Nel ragionamento della frammentazione del lavoro si ottiene il controllo del ruolo delle parti sociali che diventano inutili. I sindacati oggi hanno l’informazione se va bene e l’applicazione alle OO.SS. rimane o accettare o contrastare ma si contrasta un fatto avvenuto. Si deve avere un punto fermo perché se si esternalizzano i servizi si mette in discussione la qualità della formazione e quindi del lavoro.

    Domanda a Marco Barbieri : la molteplicità dei contratti e rapporti di lavoro che crea dumping sociale e frammentazione quali conseguenze ha sulla nostra cultura giuridica?

    Risposta L’idea che ci siano diritti specifici dei lavoratori dipendenti nasce in una certa fase dello sviluppo capitalistico (fra fine 800 e inizio 900) quando appare chiaro che il lavoro subordinato non è merce come le altre e che ci opera sotto un comando altrui cede nel rapporto una parte di se stesso. Il rapporto stato-capitale-lavoro, nel secolo scorso ha realizzato e codificato un sistema in cui hanno trovato cittadinanza i diritti del lavoro. Quel sistema è oggi messo radicalmente in discussione e le ideologie neo liberiste dominanti riportano il lavoro a merce come le altre. L’attuale modello in questo quadro si fonda sulla teoria secondo la quale la flessibilità e la precarietà determinano occupazione e maggiore libertà e autonomia negli individui. E’ falso. In realtà la flessibilità non aumenta l’occupazione e diminuisce la propensione al consumo individuale; la rigerarchizzazione dei rapporti di lavoro genera perdita del senso di se, estraniazione dai processi ed incide negativamente sulla qualità di processi prodotti.

    Sul terreno dell’istruzione l’accumulazione della conoscenza, che è un bene comune, non può che essere realizzata attraverso strutture pubbliche.

    Anna Villari chiede a Francesco Garibaldo : una scuola o un’università con tanto personale precario: secondo le vostre ricerche, quale effetto produce questa condizione lavorativa sulle persone, sul loro rapporto con il proprio lavoro?

    Risposta Le nostre ricerche si occupano proprio di comprendere cosa accade alle persone coinvolte in questo tipo di processi. Non abbiamo ancora esaminato specificamente il settore della scuola, ma settori vicini ad essa come quelli delle produzione culturale, dei musei, biblioteche, editoria. In realtà lavorative fortemente depauperate, ossia fortemente gerarchizzate, caratterizzate dalla contrapposizione fra un nucleo di lavoratori garantiti e diversi cerchi intorno di lavoratori precari. Due sono le reazioni possibili in questi ultimi da noi riscontrate. O il lavoratore reagisce con una progressiva estraniazione dal lavoro oppure in modo opposto con quella che si chiama “soggettivizzazione” del lavoro. Il lavoratore, cioè, sviluppa una fortissima dedizione e identificazione con il proprio lavoro, esasperata al limite del patologico, trovando in questo investimento di sé nel lavoro la compensazione rispetto alla frustrazione della propria condizione di isolamento ed incertezza. Un altro dato interessante che sta maturando, soprattutto fra i lavoratori più giovani, è la percezione chiara che il processo in atto non produce – come si vuol far credere – che certe condizioni di lavoro valorizzino l’autonomia personale e la creatività individuale; in realtà il processo è di standardizzazione, di controllo. E’ un dato importante, su cui riflettere, anche nella prospettiva di una maggiore crescita della consapevolezza sindacale di questi lavoratori.

    Un altro elemento ritengo molto importante da tenere presente rispetto all’analisi dei fenomeni: le linee, le logiche su cui si muove il Governo, seppure improntate ad una “americanizzazione” molto spinta che non ha corrispondenze in Europa, sono comunque all’interno e in sintonia con qielle fortemente presenti nei paesi europei.

    Domanda ad Enrico Pugliese : cosa succede quando un lavoratore a 50 anni è ancora precario?

    Risposta . Oggi c’è da una parte un’area di lavoro protetta e dall’altra precaria molto presente nelle piccole imprese, nei servizi e in agricoltura. Questo è avvenuto prima negli Usa e poi in Europa. In Italia c’è ora un attacco di fondo al diritto del lavoro. Flessibilità e precarietà sono molto presenti nel privato e hanno finito con l’indebolire il sistema dei diritti e delle relazioni sindacali. I dipendenti pubblici hanno un livello di protezione più elevato riferibile al modello sociale europeo; nell’università c’è una crescente presenza di persone che prestano un’opera del tutto simile a chi è di ruolo con retribuzione molto inferiore. Nella ricerca pubblica oggi chi è di ruolo non corre rischi occupazionali. Tuttavia il problema è costituito dall’assoluta impossibilità di accedere al mondo della ricerca. Si devono, a mio avviso, aprire canali d’ingresso per produrre un effettivo cambiamento e devono essere resi disponibili nuovi finanziamenti. Aumentare la platea dei possibili assunti pensando a percorsi di carriera e di accesso integrati è uno dei punti fondamentali per superare l’attuale blocco.

  • 15:00

    Del Caro Francesco - Ricerca

    Sottolinea alcuni aspetti centrali:

    1) E' necessario fornire risorse per risolvere questi problemi, non ci si può limitare ad un po' di ingegneria istituzionale. Le risorse per la conoscenza devono aumentare in valori assoluti, non in percentuale al PIL;

    2) dopo aver sfatato la legenda metropolitana del precario che "si addormenta" se lo si immette in ruolo è importante anche smettere di centrare tutto sui cosiddetti "grandi progetti" e riportare l'attenzione sulla organizzazione dell'ordinario su cui poi sviluppare i progetti. Il rischio, altrimenti, è quello di legittimare la precarizzazione;

    3)la valutazione deve corrispondere a regole certe e immutabili per essere un'operazione seria; inoltre è fondamentale fornire le condizioni migliori di lavoro a coloro che devono essere valutati, altrimenti il "prodotto" non può che essere inadeguato;

    4) la FLC deve veramente occuparsi di tutti i lavori della conoscenza, anche di quelli apparentemente più border line (ad es. Beni culturali, Sanità...) e questo anche perchè vi è una frequente transizione dei lavoratori precari da un settore all'altro.

  • 14:50

    Lucia Iorio, docente precaria di Milano.

    La situazione in una grande città come Milano – dove fino a pochi anni fa la disponibilità di cattedre era discreta – è drasticamente peggiorata. Ciò ha avuto immediate e pesanti conseguenze sui livelli dell’offerta formativa: “Anche le famiglie stanno cominciando a capire le conseguenze dei tagli agli organici della scuola.” A ciò si aggiunge la drammatica condizione che vivono i precari e le loro famiglie: “Noi insegniamo da anni eppure sembra che i nostri titoli non abbiano più valore! La riforma rischia di fare piazza pulita di tutti noi.” Ma non basta: “Il governo ha disatteso gli impegni sul piano pluriennale di assunzioni. Ed è davvero strano se si pensa che gli insegnanti di religione (materia opzionale) sono stati immessi in ruolo in massa senza problemi mentre noi (che pure insegniamo materie obbligatorie!) veniamo discriminati e mantenuti nell’incertezza.”

  • 14:40

    Gianfranco Pignatelli, insegnante precario.

    Il calvario professionale che è il nostro percorso di lavoro è noto. Io voglio ricordare le richieste che abbiamo rivolto alla CGIL e alle altre OO.SS. confederali. La prima: contribuire ad allargare gli spazi occupazionali, considerando la possibilità di limitare i flussi della mobilità professionale, considerando prioritario il diritto dei precari al lavoro rispetto a quello dei docenti già in ruolo ad un miglior lavoro. La seconda, di sottoscrivere una “carta dei precari”, un documento comune su un insieme di richieste ed obiettivi condivisi.

  • 14:30

    Aureliana Scotti insegnante precaria

    Gli insegnanti precari hanno maturato professionalità e competenze che sono un patrimonio e sono sottoposti a campagne denigratorie per farli apparire personale dequalificato. Il Governo presenta e ritira attraverso un suo senatore una proposta di legge che toglie diritti e tutele, gettando nel caos sia i lavoratori che le famigle che cominciano a capire che queste scelte ricadono sui ragazzi. Gli insegnani precari chiedono alla Cgil di presentare una proposta che partendo dall’analisi della situazione attuale, dai costi delle assunzioni fino a quelli per i pensionamenti ribaltino la posizione espressa dal Governo e sia diffusa soprattutto tra i precari.

  • 12:50

    Interviene Raffaele Ruggiero – docente precario proveniente da Napoli.

    Ecco una sintesi del suo intervento: “L’incontro di oggi rappresenta un momento fondamentale per ricordare per chi è dentro il mondo della scuola, dell’università e della ricerca – ma anche a chi ne è fuori – l’odissea legislativa ed amministrativa che i lavoratori precari di questo settore hanno vissuto negli ultimi tre anni e mezzo. A chi, come me, lavora ormai da più di due lustri con contratto a tempo determinato, non risulta casuale,per esempio, che la prima legge del governo Berlusconi (la 333/2001) ha riguardato proprio il reclutamento degli insegnanti e che essa ha gettato nell’incertezza decine di migliaia di lavoratori della scuola pubblica. Non possiamo fare a meno, giorno per giorno, di pensare al misto di dilettantismo sconcertante e quasi vicini con compiacimento con cui le nostre graduatorie sono state fatte di giorno e disfatte di notte per ben sei volte in tre anni scolastici; a come provvedimenti amministrativi costruiti quasi apposta per risultare giuridicamente inattendibili siano miseramente crollati al primo ricorso amministrativo; a come, tanto per dirne una, comuni come Amalfi, Positano ed Olbia, siano stati considerati comuni di montagna ed abbiano dato origine a punteggi raddoppiati determinando sconvolgimenti in graduatorie che servono –vista la situazione conviene ribadirlo – a dare posti di lavoro! Il Ministro parla di scuola del futuro, di insegnanti preparati con nuove metodologie, di riforma del reclutamento, di mano libera da parte di dirigenti e di contrattazione individuale nelle assunzioni del personale. Ma se non bastassero diversi articoli della Costituzione (ormai diventati un’”opzional” in questo Paese) a mettere in seria crisi la Legge 53, se non bastasse questo verrebbe quanto meno da chiedersi come mai, mentre si parla di una scuola migliore, finanche nelle grandi periferie urbane, affette da problemi sociali gravissimi, la presenza dello Stato viene via via drammaticamente ridimensionata.

  • 12:35

    Interviene Giusto Scozzaro – responsabile della formazione professionale – che presenta il quadro di contesto normativo e le problemicità ad esso collegate con particolare riferimento alla mancanza di strumenti nazionali e regionali di ammortizzazione sociale e di sostegno al reddito in un settore che per sua caratteristica deve essere flessibile nell’offerta.

    Vengono presentati i dati di una ricerca fatta dal sindacato sulle tipologie contrattuali impiegate nella formazione professionale. Emerge che nel settore diminuiscono i rapporti di lavoro subordinato, mentre aumento i lavori atipici: co.co.co., contratti a progetto, ecc. Il ricorso a forme di lavoro flessibile e precario è dovuto anche a fenomeni di concorrenza tra “vecchi” e “nuovi soggetti” basate sui costi minori a danno della qualità dell’offerta formativa. In conclusione vengono avanzate alcune proposte per rendere meno precario il settore aumentando la qualità dell’offerta formativa, allargare i diritti e la tutela ai nuovi lavori.

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  • 12:20

    E’ ora il momento di Massimo Mari, del Centro nazionale FLC Cgil. Questa la sintesi del suo intervento:

    “Gli effetti della frammentazione del mercato del lavoro introdotta dalla controriforma Maroni sono sotto gli occhi di tutti. Soprattutto nei settori dell’economia più deboli ed esposti alle leggi di mercato i fenomeni di preoccupante destabilizzazione del lavoro a tempo indeterminato sono più drammaticamente evidenti.

    Nella scuola privata la precarizzazione del lavoro è pesante e trae origine insieme dalla crisi del settore e dagli effetti della Legge Maroni. Da un lato le imprese ricorrono sempre di più a esternalizzazioni, trasformazioni di azienda, contratti a termine; dall’altro tendono a smantellare il lavoro subordinato e le tutele con il ricorso massiccio a lavoro autonomo.

    Per fronteggiare queste dinamiche rimane fondamentale il ruolo dell’azione sindacale e della contrattazione nazionale. Ma un settore debole e poco sindacalizzato questo non è sufficiente.E’ necessaria una coerente azione legislativa che cancelli le norme introdotte dalla L. 30 sostituendole con leggi nuove più avanzate sul lavoro che riconoscano centralità della contrattazione collettiva e del contatto collettivo, dei diritti uguali e certi per tutti i lavoratori e delle tutele sociali.

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