La conoscenza come leva per un diverso sviluppo nel Mezzogiorno

  • 15:45

    Enrico Panini nel concludere i lavori della giornata esprime soddisfazione perché siamo riusciti a proporre una critica dura alle proposte della Moratti senza nominarla mai, come ci ha detto il rappresentante di Assindustria facendoci un complimento perché noi amiamo stare al merito delle questioni che analizziamo. Vogliamo costruire l’identità del nostro nuovo sindacato della conoscenza, con le nostre storie di scuola, università e ricerca che si confrontano, con il proprio pensiero autonomo, con le proposte della politica. Stiamo costruendo un percorso insieme alla CGIL perché il pensiero e l’identità della conoscenza sia sempre più forte e definito dentro la cultura confederale. Accanto a questo nostro percorso vive, nelle esperienze quotidiane, la battaglia contro le proposte devastanti del governo e della Moratti sui nostri settori che delineano un modello sociale che divide i cittadini e li separa. Abbiamo all’orizzonte due scioperi: uno, quello dei docenti universitari, per il ritiro del disegno di legge sullo stato giuridico che precarizza ulteriormente i lavoratori dell’università, l’altro, quello della scuola, contro le riforme e i tagli agli organici e le risorse ma soprattutto per rivendicare, ancora, il diritto al contratto. Contemporaneamente avanza la nostra conferenza di programma, un programma che vogliamo confrontare con tutte le forze che si candidano a governare in futuro il nostro Paese; abbiamo toccato il punto più basso della nostra storia e per questo vogliamo individuare priorità, porre al centro gli individui e i loro diritti senza ripartire dalle ingegnerie politiche. Di fronte a provvedimenti inaccettabili e non mediabili perché non sono accettabili le scelte di fondo che le hanno prodotte, si dividono i cittadini e non si riconosce a tutti il diritto di studiare, le scelte devono essere nette, come è netta la nostra richiesta di abrogazione della Legge 53. Le contraddizioni del Mezzogiorno, in un tessuto sociale già fragile, diventano esplosive se si sommano alle scelte che il governo ha compiuto su scuola e mercato del lavoro.

    Le conoscenze devono essere al centro dello sviluppo del Sud e vanno considerate davvero come una leva di sviluppo, questo significa che chiediamo al governo di investire sul mezzogiorno in risorse e in responsabilità. Le nostre proposte sono chiare:

    - generalizzare la scuola dell’Infanzia;

    - innalzare l’obbligo scolastico a 18 anni, come condizione di successo per i giovani;

    - triplicare il numero dei laureati;

    - avviare una grande campagna di alfabetizzazione degli adulti.

    Questi punti vanno sostenuti da un piano straordinario per il diritto allo studio: risorse, strutture, tempo per studiare sono fondamentali; inoltre il riconoscimento pieno dell’autonomia delle istituzioni, lungi da essere un fatto tecnico o strumentale, è lo strumento sostanziale che affida le scelte, le decisioni e le responsabilità alle comunità locali.

  • 15:15

    Ferraro Giusy porta la sua esperienza di insegnante che opera in una scuola inserita in un cntesto sociale complesso come lo ZEN di Palermo. Allo ZEN come in altre aree a rischio esistono sistemi di vita organizzati che mettono insieme valori tradizionali, moderni, globali ,locali che costruiscono identità e cultura. Le diverse realtà sociali non possono essere omologate. Guardare la realtà locale ci fa scoprire le diversità, quanto c'è di nuovo e vario per costruire una risposta significativa. Investire in Conoscenza è giusto ed è una scommessa per costruire sviluppo e lavoro; investire sulle persone è importante soprattuto al Meridione ma servono più risorse finanziarie.

    L'esperienza concreta porta a dire che serve sia la riorganizzazione di saperi tradizionali sia l'inclusione di nuovi conoscenze nello specifico lavorare sulla diversificazione degli apprendimenti, sulle metodologie. Bisogna investire nei primi anni della scuola Primaria. E' inoltre necessario fare una battaglia culturale. Racconta infine l'esperienza di Francesco, un alunno che è diventato "famoso" nel mondo dello spettacolo, e tornando a scuola, racontava ai suoi compagni che bisogna andare al cinema a vedere i film e poi a scuola a studiare, perchè "la scuola fa camminare sulla terra"

  • 14:50

    Patrizia Dandolo del Dipartimento Formazione e Ricerca della CGIL, si riferisce nel suo intervento alle competenze professionali nel Mezzogiorno.

    Sostiene che parlare di formazione e mercato del lavoro significa traslare il discorso dal concetto “conoscenza” a quello di “competenze”. Queste considerazioni hanno portato a concepire un sistema come quello della Formazione Continua, ossia a innescare un processo di crescita individuale che accompagna il lavoratore lungo l’iter della vita così come ci ricordano gli Orientamenti dell’Unione Europea. La Formazione Continua fornisce duplice serie di strumenti:

    - la capacità di aggiornare le proprie competenze;

    - una migliore potenzialità valutativa.

    Diviene necessario, quindi, dare all’individuo i diritti, gli strumenti per costruire una propria crescita umana e professionale. La FC negli altri paesi europei (Francia, Germania, ecc.) è ormai un concetto diffuso e sedimentato da tempo e si focalizza sulla determinazione dei sistemi, modelli e procedure che consentano una misurazione e certificazione delle competenze, processi lavorativi indirizzati all’acquisizione di nuove competenze o al consolidamento di quelle preesistenti, la creazione di supporti atti a dimostrare le competenze individuali e ad accompagnare il lavoratore lungo l’intero arco della sua vita. A ciò si unisce un sistema di integrazione fra il mondo dell’istruzione, della formazione professionale e quello del lavoro, al fine di creare processi di apprendimento multipli e al tempo stesso paritetici. Purtroppo nel nostro Paese siamo ancora arretrati rispetto agli standard esteri sebbene il mercato del lavoro tende sempre più ad internazionalizzarsi.

    La costituzione da parte delle parti sociali dei Fondi Interprofessionali per la FC, può costituire un’opportunità concreta di istruzione professionale per i lavoratori italiano e proprio per questo richiede impegno attento e continuativo del Sindacato. Lo scenario descritto diventa essenziale per cercare di comprendere il ritardo del Mezzogiorno rispetto il resto d’Italia che non è riconducibile esclusivamente alla configurazione del mondo scolastico e universitario. Dai dati Excelsior si osserva che le imprese delle regioni meridionali i insulari, rispetto a quelle del resto d’Italia, in fase di assunzione prediligono individui con un livello di istruzione più basso (assumono il 5,6% di laureati contro il 10,9% del Nord-Ovest, il 10,3% del Centro, il 6,9% del Nord-Est); in termini di lavoratori diplomati è inferiore a tutte le altre: 25,9% contro il 31% del resto d’Italia.

    La sovrabbondanza di offerta di laureati rispetto alla domanda è di natura quantitativa, ma potrebbe anche non sussistere in termini qualitativo o tipologici; anche la dimensione dell’azienda incide silla selezione dei soggetti laureati: la richiesta aumenta proporzionalmente alle dimensioni dell’impresa. Così come i livelli medi retributivi che crescono in misura direttamente proporzionale all’aumentare delle dimensioni aziendali. Questo perché nelle aziende più grandi si riscontrano simultaneamente i seguenti fattori:

    - ruoli professionali “arricchiti”;

    - una migliore cultura di impresa;

    - una maggiore presenza del Sindacato che focalizza l’attenzione sia sugli aspetti retributivi, sia sui percorsi lavorativi, la valorizzazione delle competenze, ecc.

    La recente diffusa strategia di terziarizzazione e frammentazione delle attività produttive provoca un indebolimento e una minore valorizzazione delle competenze. Purtroppo il sistema economico meridionale è rappresentato dal 50% di micro aziende contro il 25% del Nord e i comparti particolarmente qualificati (finanza, assicurativo, informatica) ammontano solamente alla 3,9% contro il 7% del resto d’Italia.

    Uno dei maggiori problemi del Mezzogiorno, quindi, consiste nella mancanza di un sistema imprenditoriale integrato che consenta il passaggio dall’istruzione universitaria o superiore a posizioni lavorative che consentano una prosecuzione del processo di arricchimento. È una considerazione che merita uno specifico approfondimento supportato da un progetto di ricerca finalizzato alla individuazione delle problematiche connesse alla crescita professionale dei lavoratori del Mezzogiorno e alla definizione di strumenti e metodologie per favorire i processi per la valorizzazione delle risorse umane.

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  • 14:30

    Alla ripresa dei lavori il prof. Enzo Persichella, sociologo presso l'Università di Bari dichiara che non è affatto agevole sviluppare un discorso riguardante gli effetti della “riforma Moratti” su una realtà particolarmente complicata e diversificata qual è quella meridionale. Conviene farlo assumendo come criterio guida la nozione di socializzazione intesa come processo o meglio come sviluppo delle competenze comunicative dei soggetti nonché delle loro capacità di prestazione. Per la scuola dell’infanzia si può affermare che per le nuove generazioni meridionali la partecipazione ha raggiunto livelli superiori al 97 per cento.Tante e notevoli sono però le differenze con cui si trova a fare i conti la nostra scuola di base. Il sistema scolastico pone le sue condizioni normative, curricolari, organizzative e comportamentali. Evasioni ed abbandoni sono i segnalatori più evidenti ed immediati del fenomeno di vera e propria descolarizzazione che continua a colpire le fasce sociali più deboli delle regioni meridionali in tutti i segmenti del sistema di istruzione nonostante il tasso di scolarità abbia raggiunto livelli elevati. L’elevato grado di dispersione evoca conseguenze negative sul piano sociale, a livello individuale e di sistema scolastico per la produzione di pericolose sacche di marginalità: situazioni che diventano esplosive quando questi elementi si condensano e si intrecciano all’interno di particolari condizioni ambientali (a Napoli come a Bari, a Taranto come a Palermo, Catania, Messina).

    Anche a livello universitario il fenomeno della dispersione si presenta allarmante.

    Passando al settore della formazione professionale, l’apporto di questa insostituibile e cruciale componente del complessivo sistema formativo meridionale, appare ancora del tutto inadeguato e notevolmente discriminatorio, quale strumento insostituibile di efficaci politiche attive di sviluppo.

    Molto dipende allora dal tipo di sistema formativo integrato che un dato territorio è capace di mettere in piedi, capace di perseguire obiettivi formativi, tali da sostenere realistiche politiche attive del lavoro e da influenzare positivamente le scelte e le decisioni riguardanti le linee di sviluppo economico,ma anche gli orientamenti e i comportamenti dei giovani e delle loro famiglie,nonché le convenienze offerte all’iniziativa imprenditoriale dall’esistenza di forza lavoro preparata adeguatamente. Si tratta di un sistema formativo integrato formato da scuola e formazione professionale. Entrambe queste funzioni sono insostituibili e non già da pensare disinvoltamente o surrettiziamente interscambiabili. Tutto questo naturalmente assume un senso preciso in presenza di un certo tipo di scuola secondaria superiore che non può essere quello disegnato dalla Moratti.Va anche osservato che nel disegno morattiano per la secondaria superiore si tocca un punto nevralgico e mi riferisco alla ricollocazione all’interno del sistema formativo integrato dell’istruzione professionale di Stato. Anche per questo occorre porre mano decisamente alla riorganizzazione del sistema regionale di formazione professionale dando piena attuazione ai meccanismi di delega alle province, valorizzandone poi i criteri di efficacia ed efficienza. Sono proprio anche queste necessità che ”alla prova dei fatti” portano a valutazioni estremamente critiche delle politiche formative morattiane. Sono valutazioni negative che riguardano il metodo e il merito e sono riferibili a tutti i livelli del sistema formativo.da quello dell’istruzione di base a quello della formazione superiore, nonché a quello della ricerca.

    Sul piano del metodo ad esempio la Moratti ha scelto di arrivarci attraverso un percorso non condiviso, forzando in vario modo l’attuazione, evitando forme di dibattito e catturando demagogicamente per via mediatica le famiglie quali espressione esaustiva dell’intera opinione pubblica enfatizzando i pacchetti di una sperimentazione rivolta di volta in volta ai diversi settori del sistema. Tutto questo richiama un'altra questione fondamentale che va ben oltre il metodo ed attiene ad un attacco portato costantemente all’autonomia, a quella delle scuole come a quella delle università e degli enti di ricerca e quindi come inesorabile riaffermarsi di una concezione e di una condotta che non possiamo non denotare come vero e proprio centralismo.

    Un discorso a parte richiede infine tutta la questione degli anticipi alla scuola dell’infanzia ed alla scuola elementare. Un’intervista qualitativa condotta nel 2003 su un campione eterogeneo di genitori pugliesi ci presenta un vasto campionario di opinioni, aspettative, valutazioni a volte disparate e contrastanti ma ha almeno il merito di fare un poco di chiarezza tipologica rispetto all’insieme famiglia.

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  • 12:40

    Dopo il dibattito riprendono gli interventi con il contributo di Franco Garufi del Dipartimento Mezzogiorno della CGIL.

    “Conviene partire da alcuni dati del rapporto 2004 del Dipartimento Politiche di Sviluppo del Ministero dell’Economia che affermano che l’econoia del Sud è fuori dalle tendenze dell’internazionalizzazione, che la spesa per la ricerca è pari allo 0,76% del PIL dell’area; il 58,7% è ricerca svolta dall’Università.

    Più in generale nel Sud oggi c’è un problema di livelli di vita democratica e civile e c’è anche un problema di legalità che riguarda parti significative del territorio meridionale condizionato dalla presenza della criminalità organizzata. Il progetto Mezzogiorno, firmato con 14 organizzazioni imprenditoriali è un’occasione importante per favorire una nuova fase di crescita economica e sociale; su questo terreno è importante anche il contributo di idee e di progetti che viene dal mondo dell’Università e dagli intellettuali meridionali.

  • 12:20

    Domenico Pantaleo, segretario generale della CGIL Puglia, afferma con piacere che "si ritorna a discutere di Mezzogiorno".

    È importante e ciò avviene grazie all'iniziativa delle forze sociali.

    Il panorama sul versante politico-industriale e dell’occupazione è complesso. Il paese cresce poco, con difficoltà nei settori industriali.Il Mezzogiorno quindi arretra più di altri sia pur con i distinguo opportuni. Eppure era iniziata una fase importante, ma dal 2001 ad oggi vi è stata un’inversione di tendenza.

    Occorre una mission nazionale per imprimere qualità allo sviluppo del Mezzogiorno nei settori sociale, ambientale, industriale, ecc.

    Per fare questo occorrono idee nell’attuale Governo non sembrano essercene.

    Il territorio dovrebbe essere al centro delle politiche: autogoverno e attori locali perché il territorio

    diventi centrale, non in una visione localistica, ma in sintonia con l’Europa e il resto del mondo.

    Il governo riaccentra le risorse, taglia sulla ricerca e sull’innovazione. Inoltre, vi è la tendenza per cui le regole di rapporto fra impresa e istituzioni sono tornate alle vecchie logiche dell'assistenzialismo e del clientelismo.

    Occorre stabilire priorità sapendo che le risorse sono limitate.

    Va conciliato l'interesse a fare impresa con gli interessi più generali del paese

    Nei prossimi anni, dunque, dobbiamo superare il gap con il resto d' Europa e del mondo

    Altrimenti il 60% delle imprese pugliesi rischia di delocalizzarsi o di scomparire.

    Occorre una regia effettiva, mancata invece in questi anni.

    Deve svilupparsi un’attenzione alla qualità del lavoro. Domande e offerta devono tornare ad incontrarsi, sviluppando proprio la dimensione qualitative dello sviluppo.

  • 12:00

    Si apre il dibattito con il contributo di Alessandro Laterza, responsabile formazione Assindustria.

    Laterza ha sottolineato la necessità di assumere sempre diversi livelli di prospettiva centrale e locale di governo dei processi. Un approccio secondo il quale è bene riportare il governo dei processi a livello centrale visti i deludenti risultati locali (ad esempio programmazioni negoziate, programmazioni regionali) non è condivisibile.

    Non è proponibile una prospettiva su scala ridotta dei processi rispetto a:

    - rapporto tra mondo delle imprese e sistema formativo: la difficoltà di organizzare la domanda delle imprese non è un problema solo del Sud ma di tutto il Paese;

    - i bassi livelli di competitività non riguardano solo il Sud ma tutto il Paese e tutta l’Europa.

    Dunque anche le proposte locali debbono avere una prospettiva più ampia come la proposta di Franco Cassano alla Conferenza d’Ateneo sull’Istituto Agronomico Mediterraneo.

    Laterza ha espresso, inoltre, preoccupazione su:

    - la “fuga dei cervelli” dal Sud rappresentata dal fenomeno delle mancate iscrizioni dei ragazzi del Sud alle Università del Sud non compensate da iscrizioni provenienti da altre realtà territoriali con altre università. Anche questo è un problema non solo del sud;

    - per il turn-over delle università che dovrebbe stimolare ipotesi di previsione e razionalizzazione;

    - per la situazione che riguarda le competenze ed i bassi esiti formativi dei ragazzi che studiano negli istituti professionali e che occorre significativamente affrontare.

    Un’ultima considerazione, poi, la fa sulla città di Bari e si chiede come mai una città che ha una popolazione studentesca attiva così elevata (poco meno di 80000 unità) non si rappresenti e percepisca come città universitaria che offra, cioè, servizi che la connotino non solo come agglomerato urbano.

  • 11:40

    Il prof. Luigi Nicolais, Assessore alle Politiche formative, all'innovazione ed al trasferimento d'impresa della Regione Campania tratta nella sua comunicazione il tema dell'università, ricerca, alta formazione, innovazione, trasferimento tecnologico, effetti sulle imprese, sull'occupazione, sulla qualità della stessa e sulla qualità della vita.Nicolais mette in evidenza due aspetti: da una parte la Società della conoscenza come capacità continua di gestire e monitorare l'Innovazione, dall'altra la grande trasformazione del nuovo potere forte delle Regioni. In questo quadro l'innovazione è lo strumento per govenare la modernità e deve vedere il confronto con la ricerca, l'impresa,la finanza ed il capitale umano. Non c'è innovazione senza ricerca, non c'è ricerca senza ricercatori, non ci sono ricercatori senza un sistema efficente della formazione e dell'alta formazione. Il ruolo nuovo del Soggetto Pubblico deve essere quello di innescare processi di emoluzione positiva e diffusione pervasiva. Il problema per l'Ente locale e appunto quello del governo della complessità: scomponendola e semplificandola, coinvolgendo i vari attori, impostando una strategia basata sulla qualità.

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  • 11:20

    Il prof. Michele Capriati, docente di Politica Economica della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bari, interviene su “Il futuro del Sud: tra politiche economico-finanziarie e diritti di cittadinanza”.

    Riprendendo una domanda posta nel suo intervento da Rizzuti (Quale modello di sviluppo per il Mezzogiorno?) il prof. Capriati invita a ripensare il concetto stesso di sviluppo ribaltando il paradigma dominante di tipo economicista che lo lega indissolubilmente all’incremento del reddito e del PIL pro-capite. Propone, al contrario, il ricorso ad un filone di pensiero, sicuramente molto fertile, che vede nel processo di espansione della democrazia, delle libertà personali e dei diritti di cittadinanza un potente fattore di sviluppo. Da questo punto di vista evidenzia come la storia del nostro Paese, dall’unità d’Italia a oggi, sia la storia di una mancata estensione delle libertà e della democrazia nel Mezzogiorno.

    Nel Sud, quelle che vengono definite libertà strumentali e, cioè, pre-condizioni per il conseguimento di uno sviluppo democratico, conoscono un ritardo storico e segnano un profondo divario tra Nord e Sud del Paese. Il riferimento è qui alle libertà politiche, alla tipologia di struttura economica, alle occasioni sociali, alle garanzie di trasparenze e alla “sicurezza protettiva”.

    Capriati passa quindi ad analizzare come queste condizioni vengano declinate nel Mezzogiorno.

    Rispetto alle libertà politiche, è noto che nel Sud d’ Italia esse siano profondamente condizionate dalla presenza della criminalità organizzata; in riferimento alla struttura economica, il dato che viene evidenziato è che il PIL pro-capite al Sud è al 60% rispetto il Centro Nord, ma anche che risultano estremamente carenti le infrastrutture sia materiali, un esempio significativo è quello dei trasporti, che immateriali. Dal punto di vista delle occasioni sociali, con riferimento soprattutto alla sanità e alla scuola, risulta che nel Mezzogiorno il numero degli analfabeti è dell’11% rispetto ad una media nazionale del 6,8 e che, se è vero che al Sud ci si ammala meno, è anche vero che la mortalità è maggiore per la mancanza di strutture sanitarie diffuse ed adeguate.

    Ancora, rispetto le garanzie di trasparenza, basti dire che il 30-50% dei commercianti subisce la richiesta del pagamento del “pizzo” (dato Confesercenti). Infine, per quanto riguarda la “sicurezza protettiva”, cioè la tutela dei più deboli, nel nostro Paese viene destinato solo lo 0,2% del PIL per gli ammortizzatori sociali contro un 3-4% di Germania e Francia.

    Al termine della sua relazione, pensando al futuro, Capriati invita a cambiare le priorità della politica ponendo ai primi posti la riforma del Welfare, destinando le risorse all’inclusione, all’istruzione, alla sicurezza in generale. Per fare questo è necessario tenere insieme, evitando una pericolosa polarizzazione, la forza dei sistemi locali sulla cui iniziativa ed autonomia è necessario puntare, con il ruolo forte ed attivo dello Stato nella definizione delle priorità. Quindi più beni pubblici e conseguente ruolo integrato dello stato centrale e periferico.

    In questa prospettiva, conclude Capriati, non si può permettere che la fornitura dei servizi di base sia affidata totalmente al mercato che, per definizione, tende ad escludere e ad emarginare.

  • 11:00

    La prima comunicazione della giornata è del prof. Franco Cassano, docente di Sociologia della conoscenza presso l’Università di Bari, che parla di “Sud d’Italia, Europa, Mediterraneo, cooperazione euro mediterranea, nell’attuale «sistema mondo»”.

    Il prof. Cassano ha ricordato la grande stagione degli anni ’90 caratterizzata da una forte spinta di rinascita dello spirito pubblico nel sud puntando sulla nozione di autonomia.

    Si pensava, attraverso il localismo virtuoso, di costruire le basi di un nuovo tessuto produttivo. Cambiato il modello di Stato si sono persi continuamente colpi e si sono accentuate le patologie. Oggi insistere sulla molteplicità delle differenze porta alle disuguaglianze; perciò non è più sufficiente ragionare di localismo virtuoso. Il Mezzogiorno perde colpi dentro uno Stato che perde colpi. Nell’attuale contesto la concezione di “riformismo statale” fatto di solidarietà nazionale è entrata profondamente in crisi. Tra l’altro l’Europa guarda altrove e il riferimento al Mediterraneo rischia di sparire: con questo federalismo ci si avvia verso forme di “secessione fredda” in cui ciascuno cerca di “valorizzare” la propria specificità. In questa direzione non si favoriscono processi di riaggregazione che sarebbero necessari dentro un quadro di interessi generali. Occorre una politica estera diversa verso i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Bisogna creare un movimento politico affinché questo tema entri nell’agenda del governo. Ciò è fondamentale per arrestare l’attuale declino del Mezzogiorno.