Convegno interregionale "Migranti e diritti di cittadinanza" - Seconda giornata

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    Riprendono i lavori del Convegno interregionale "Migranti e diritti di cittadinanza" coordinati da Salvatore Tripodi del Centro nazionale FLC CGIL.

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    Ad intervenire è la dottoressa Maria Rita Petrella dell'Ufficio Scolastico Regionale Lombardia, di cui mettiamo a disposizione il testo integrale del suo intervento.

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    10.30
    Interviene Luigi Rossi, segretario nazionale FLC CGIL.

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    10.50

    "La questione della lingua. Essere migranti a Bolzano" è il titolo dell'intervento di Marcella Perisutti, Centro Linguistico Provincia di Bolzano. Pubblichiamo di seguito un abstract dell'intervento a cura della stessa relatrice.

    Negli ultimi anni, anche in Alto Adige la presenza di alunni stranieri ha raggiunto una dimensione significativa. I processi migratori non sono più un fenomeno emergenziale, ma si sono trasformati in processo di cambiamento strutturale della nostra società. Le "nuove" minoranze originate dalla migrazione rivestono in Alto Adige caratteristiche di unicità per la presenza, oltre al gruppo linguistico italiano, di gruppi linguistici autoctoni, e cioè le comunità storico-tradizionali di lingua tedesca e ladina (i "vecchi" gruppi minoritari).

    Il ruolo della lingua è particolarmente complesso in Alto Adige, un territorio in cui la lingua nazionale coesiste con la lingua tedesca, parificata in provincia alla lingua italiana, insieme al ladino in alcune parti del territorio, e garantite da leggi apposite e da uno specifico sistema scolastico.

    Considerando questi aspetti, nel maggio 2007, la Provincia di Bolzano, con l'intento di promuovere pari opportunità di apprendimento, ha deliberato l'attuazione di un progetto comune ai tre gruppi linguistici per l'attivazione di Centri linguistici provinciali.

    L'attuazione del "Progetto comune" ha promosso, attraverso l'organizzazione dei laboratori linguistici e la creazione di reti di scuole e di territorio, l'integrazione scolastica e sociale degli alunne e alunne migranti e rappresenta, dopo tre anni, una prassi educativa consolidata ed efficace che arricchisce l'offerta formativa delle scuole.

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    11.15

    L'abstract che proponiamo di seguito è relativo all'intervento di Maria Cristina Paoletti, Coordinamento nazionale immigrati FLC CGIL, che ha presentato il tema "Classi ponte e tetto del 30%".

    Paoletti, dopo essersi soffermata brevemente sul tema delle c.d. classi ponte, questione ancora aperta ma sostanzialmente "rientrata" o quanto meno messa in coda nell'agenda politica dell'attuale maggioranza di governo, affronta la problematica relativa al tetto del 30% di presenza nelle classi di alunni di cittadinanza non italiana (cni), prevista dalla circolare ministeriale n. 2 dell'8.1.2010.

    Sottolinea che il tema della elevata o esclusiva presenza di alunni di cni pone sicuramente alcune questioni ed interrogativi sotto il profilo dei possibili esiti dei processi di apprendimento - insegnamento, soprattutto a fronte delle continue riduzioni di risorse umane e finanziarie alle scuole e sul piano della costituzione di "ambienti" che possano favorire l'interazione tra alunni e alunne di diversa origine culturale e linguistica.
    Non si può negare, infatti, che sussistano in questi contesti scolastici, indici di difficoltà maggiori nella concreta e quotidiana gestione della vita della classe, soprattutto in presenza di alunni neo-arrivati senza nessuna competenza nella lingua della comunicazione né tanto meno in quella dello studio (questi ultimi rappresentano tuttavia solo una esigua minoranza sul totale degli alunni di cni).

    I problemi sopra menzionati, secondo la relatrice, non trovano comunque una risposta con la prescrizione di tetti e quote calata dall'alto ma con una politica scolastica e sociale che:
    1) assegni risorse umane e finanziarie adeguate ad una effettiva inclusione dei minori di cni, in particolare dotando le scuole di docenti dedicati che operino nella facilitazione linguistica;
    2) promuova intese tra scuole ed enti locali che:
    a. prevengano la cosiddetta concentrazione di alunni di cni nelle scuole;
    b. orientino, sulla base del consenso dei genitori, anche attraverso la riqualificazione edilizia delle scuole da parte degli enti locali, le iscrizioni di bambini autoctoni e di cni, senza porre vincoli ai genitori stranieri che, essendo a senso unico, avrebbero un evidente carattere discriminatorio.

    Paoletti ribadisce, quindi, che la previsione di una quota del 30%, al di là della finalità dichiarata della circolare ministeriale della "massima inclusione e integrazione" degli alunni di cni, costituisce comunque una misura di cui la scuola italiana non aveva alcun bisogno, poiché, come dimostrano alcuni dati particolarmente significativi, le scuole che superano il fatidico 30% sono poco più del 3% sul totale delle istituzioni scolastiche.
    Si tratta, infatti, di circa 2000 unità su una cifra approssimativa di 58.000 scuole; di queste 2000, più di tre quarti sono scuole dell'infanzia e scuole primarie, in cui altissima è la presenza di alunni nati in Italia che, quindi, non presentano alcun problema sul piano delle competenze linguistiche indispensabili a promuovere il processo di apprendimento.
    Dunque, la previsione del tetto è stata, in concomitanza ad una politica di tagli alle risorse delle scuole, un mero simbolo identitario, da agitare all'elettorato a scopo di propaganda politica, come un possibile argine al presunto dilagare di immigrati nel nostro Paese e all'aumento crescente degli alunni stranieri nelle nostre scuole. Si è trattato di una bolla politico-mediatica che si è "sgonfiata" da sola, dinanzi alla realtà dei numeri e delle cifre relativi alla presenza degli alunni di cni nelle scuole.

    La relatrice, inoltre, riferisce del ricorso al Tribunale di Milano, promosso dalll'Asgi e da "Avvocati per niente", nonché di quello al Tar del Lazio, presentato dall'associazione "Progetto Diritti", entrambi avverso la circolare ministeriale e le rispettive note applicative dei due USR ritenute illegittime e discriminatorie.
    Infatti, al di là delle dichiarazioni, tali circolari, se recepite dagli organi delle istituzioni scolastiche, costituiscono una lesione del principio assoluto e inderogabile - sancito dalle norme di diritto interno (costituzionale e di rango primario e regolamentare) nonché dal diritto internazionale - della parità di trattamento sul piano del diritto all'istruzione, nello specifico al diritto all'iscrizione degli alunni di cni con le stesse modalità e condizioni degli alunni italiani.

    In conclusione del suo intervento, Paoletti sottolinea che se la memoria presentata dall'Avvocatura dello Stato (nell'ambito del menzionato ricorso al tribunale di Milano) ha contribuito a ridimensionare notevolmente la circolare, sostenendo il carattere non vincolante della stessa (in quanto contenente solo indicazioni interne per le istituzioni scolastiche) tuttavia non ne ha eliminato il carattere discriminatorio, potenzialmente lesivo del diritto all'istruzione per gli alunni di cni.

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    11.40

    L'ultimo intervento in programma di questa seconda giornata è quello di Teresa Sarli, Coordinamento nazionale immigrati FLC CGIL, con il tema "L'orientamento dopo la scuola media di primo grado". Pubblichiamo di seguito l'abstract dell'intervento curato dalla stessa relatrice.

    I dati degli alunni stranieri che risultano iscritti nelle scuole del Friuli Venezia Giulia diffusi da USR dimostrano che la percentuale degli alunni stranieri sul totale della popolazione scolastica è pari all'11,27% (15.932 alunni stranieri sul totale di 141.331 allievi frequentanti le scuole della regione).

    Tale incidenza raggiunge la percentuale maggiore nella provincia di Pordenone (14,81%) e quella minore nella provincia di Trieste (9,18%). La percentuale più alta è presente nella scuola dell'infanzia , dove nella scuole di Pordenone si raggiunge il 21,2% sul totale dei bambini iscritti. La percentuale più bassa si registra invece nelle scuole secondarie di secondo grado - 8,16 % il dato regionale - con la concentrazione più bassa a Trieste con 7,14%. Oltre ai dati generali, è significativo evidenziare che 31 scuole (15,7%) degli istituti scolastici superano il 20% delle presenze complessive di stranieri. Tre di queste scuole si collocano tra il 30 e il 40%.

    Superiore alla media regionale (11,27%) è la presenza di alunni stranieri nelle scuole dell'infanzia e primaria, al di sotto invece (8,16%) la percentuale di stranieri nella scuola secondaria di II grado.
    A livello regionale nella scuola secondaria di II grado il numero di iscritti stranieri è maggiore nelle tipologie di scuola finalizzate ad un inserimento diretto nel mondo del lavoro, corsi di studi negli istituti Tecnici e Professionali.

    Questi dati dimostrano che in Friuli Venezia Giulia il problema dell'orientamento s'imporrà nei prossimi anni in modo pressante quando gli alunni della scuola dell'infanzia concluderanno il ciclo del I grado e dovranno scegliere percorsi scolastici che possano facilitare il loro inserimento sociale e lavorativo.

    Nell'ordinamento italiano, sappiamo tutti, che l'istruzione è considerata come un diritto-dovere fino all'età di 16 anni e che questo è garantito anche per gli alunni stranieri.
    Gli alunni stranieri sono i soggetti socialmente più deboli e anche coloro che presentano un curriculum scolastico interamente nella nostra lingua hanno bisogno di un sostegno, perché, comunque hanno alle spalle famiglie svantaggiate culturalmente. È necessario per i ragazzi stranieri e le loro famiglie al momento della scelta della scuola superiore conoscere il sistema scolastico italiano per poter scegliere la scuola più idonea e che corrisponda all'esigenza e alle aspirazioni dell'adolescente.
    Sarebbe utile dare sostegno e informazioni alle famiglie nelle diverse lingue .

    È chiaro che per garantire il diritto-dovere all'istruzione è necessario, inoltre, non solo dare informazioni alle famiglie, ma anche orientarle per individuare il percorso scolastico con le caratteristiche più adeguate alle esigenze del proprio figlio, nel rispetto degliinteressi dell'adolescente e delle proprie capacità e come già inserito nella piattaforma FLC è necessario realizzare forme di certificazione e di riconoscimento dei crediti formativi che valorizzino le conoscenze e le competenze pregresse degli immigrati.
    È importante, inoltre, assicurare il riconoscimento delle differenze culturali, ma ponendo molta attenzione soprattutto per le scelte che le famiglie impongono in modo particolare, alle figlie femmine che a volte è come se avessero un destino già predefinito. Nelle famiglie la conquista dell'indipendenza e la possibilità di compiere le proprie scelte spesso si scontrano con una mentalità difficile da sradicare che vorrebbe le ragazze predisposte naturalmente ad una vita all'interno delle mura domestiche. Destinate già in partenza a un probabile futuro di moglie e madre. Le ragazze risultano, quindi, vittime di vecchi pregiudizi. Continuare il percorso scolastico è anche una battaglia per far valere i propri diritti.

    Nella mia esperienza di insegnante ho visto moltissimi abbandoni, con grande sofferenza delle ragazze, per matrimoni combinati dalle famiglie con perfetti sconosciuti oppure perché dovevano accudire i fratelli più piccoli. Le ragazze straniere che vivono in Italia hanno il diritto di scegliere autonomamente il proprio futuro e la scuola dovrebbe, in questo percorso, trovare il modo di sostenerle, aiutarle.

    Un altro aspetto che non bisogna dimenticare è quello che spesso si tratta di ragazzi che arrivano alla fine della terza media ad un'età più avanzata dei compagni italiani (15-16 anni), con percorsi più frammentati o già in età da potenziale inserimento lavorativo.
    Quando si inizia l'iter dell'orientamento sarebbe utile considerare il livello di acquisizione non solo della conoscenza della lingua italiana, ma anche valutare le competenze che l'allievo ha acquisito. Troppo spesso gli allievi stranieri vengono indirizzati verso gli istituti professionali o la formazione professionale come una decisione senza alternative, che dia loro un mestiere. Invece, le famiglie devono conoscere tutte le opportunità dei percorsi scolastici per poter fare scelte consapevoli anche per evitare il problema dell'abbandono scolastico e della dispersione, che sappiamo molto alta per gli immigrati.

    Un buon orientamento scolastico ha come obiettivo quindi, anche la prevenzione del disagio e quindi la riduzione della dispersione scolastica.

    È necessario determinare strategie, come ad esempio l'affiancamento di un mediatore culturale, al momento dell'inserimento alla scuola superiore.

    Un problema che le famiglie affrontano all'atto dell'iscrizione e che certamente va affrontato è quello della modulistica; i moduli predisposti, per esempio quest'anno, erano complicati anche per genitori italiani. C'è stata molta confusione soprattutto in merito alla scelta di percorsi triennali presso la formazione professionale o presso gli istituti professionali e per alcuni allievi è stato necessario un riorientamento.

    Per l'anno scolastico prossimo in Friuli Venezia Giulia, come credo anche in altre regione, è aumentato in modo sensibile il numero degli alunni stranieri che hanno scelto la formazione professionale.
    Perché?
    Questo è stato determinato dal riordino degli istituti professionali previsto dall'Intesa in Conferenza Unificata tra Stato e Regioni e dell'accordo territoriale tra Regione Friuli Venezia Giulia e Ufficio Scolastico Regionale in merito al ruolo integrativo e complementare rispetto al sistema di istruzione e formazione professionale che gli istituti professionali possono svolgere.
    Di conseguenza i docenti degli istituti professionali hanno dovuto deliberare l'attivazione di percorsi paralleli a quello dell'istruzione professionale chiamati"modalità dell'offerta sussidiaria complementare" e di comporre classi con quadri orari sostanzialmente diversi da quelli previsti nel D.P.R. 87 del 15 marzo 2010.
    Il rischio, però, è quello della soppressione del percorso quinquennale in quanto tutte le classi prime potrebbero, negli anni, essere istituite come percorsi triennali di Istruzione e formazione professionale con l' inevitabile effetto che pochi alunni proseguiranno al 4° e 5° anno, in modo particolare gli alunni stranieri. Che, come detto precedentemente sono proprio coloro che vengono indirizzati a percorsi scolastici brevi, professionalizzanti, percorsi che forniscano una preparazione immediatamente spendibile nel mondo professionale-lavorativo, che non garantiscono conoscenze culturali.

    Sappiamo che la modifica degli articoli 117 e 118 della Costituzione ha assegnato alle Regioni competenze esclusive in materia di istruzione e formazione professionale e la Regione Friuli Venezia Giulia ha deliberato solamente la "...modalità dell'offerta sussidiaria complementare per l'erogazione dell'offerta sussidiaria di percorsi IeFP, finalizzata al rilascio dei titoli di qualifica e di diploma negli istituti professionali di Stato" mentre l'intesa sottoscritta in Conferenza unificata Stato Regioni prevede anche la modalità integrativa che preserva il carattere di percorso quinquennale degli istituti professionali.

    Il D.P.R. 87 del 15 marzo 2010 è stato pubblicato il 15 giugno 2010 in Gazzetta Ufficiale e l'accordo tra Stato e Regioni, in conferenza unificata, il 16 dicembre 2010 e la Regione Friuli delibera a fine gennaio 2011, quando, ormai, il termine delle iscrizioni alle classi prime stava per scadere. I tempi sono stati molto ristretti e i genitori hanno avuto pochissimo tempo per capire cosa stava succedendo. L'orientamento è stato inevitabilmente approssimativo, i docenti non avevano informazioni certe.

    Per concludere ritengo necessario che la Regione Friuli Venezia Giulia per l'anno scolastico 2012/13 ripensi alla propria scelta e che preveda la modalità integrativa che garantisce il carattere di percorso quinquennale degli istituti professionali.

    12.00

    Ha inizio il dibattito nel quale sono intervenuti: Carlo Mini, Piemonte - segreteria FLC CGIL, Hanane Razzouqui, Varese - sportello immigrati, Clara Castellucci, Mani Tese, Alberto Artioli, Piemonte, CGIL.

    12.50

    A trarre le conclusioni delle due intense giornate di lavori è Pietro Soldini, responsabile immigrazione CGIL nazionale.

    Soldini mette in evidenza, compiaciuto, il fatto che ormai dentro la CGIL vi è un rifiorire di iniziative che dimostrano la consapevolezza della responsabilità che la nostra organizzazione e in particolare i docenti della FLC hanno verso i temi che riguardano i migranti.

    Denuncia poi la manipolazione dei dati sul numero e la presenza dei migranti nel nostro paese da parte degli organi di informazione e invita alla riflessione sul fatto che spesso lo "straniero" è additato come responsabile di fatti di cronaca di cui poi si scopre non essere assolutamente responsabile. La denuncia di Soldini si rivolge anche alla cattiva informazione a proposito degli sbarchi delle ultime settimane, dei titoli sui giornali e nei telegiornali che parlano di "invasione" dal Nord Africa e sostiene la necessità di contrattare spazi e luoghi per fare VERITÀ su questi eventi.

    L'uso indiscriminato e volutamente mistificatorio degli appellativi "clandestino" e "profugo" viene stigmatizzato da Soldini: si è clandestino quando si arriva vivo in Italia, si diventa profugo quando si muore in mare! Ma è lo stesso Soldini ad affermare che la cattiva informazione e una lettura distorta del fenomeno non è solo "patrimonio" della destra politica (Lega e soci), ma sta anche all'interno delle forze del centro sinistra, che tendono a negare il fenomeno, a "rimpicciolire " i numeri. Invece di affrontare con proposte alla luce del sole il problema.

    Oggi, prosegue Soldini, una parte rilevante del mercato del lavoro svolto dai migranti è al nero e viene gestito dalla criminalità organizzata. Per questo bisogna cambiare approccio

    1. fare battaglia comune contro la criminalità
    2. denunciare che il migrante non è colpevole ma vittima della criminalità

    Allo stesso modo è necessario rendere evidente che

    1. spesso, anche in seguito alla crisi, molti migranti regolari diventano irregolari e quindi clandestini
    2. bisogna cambiare registro rispetto ai migranti a cui l'Italia non offre chanche di regolamentazione, ma crea sempre più ostacoli in tal senso. Qui gli stranieri non sono facilitati a integrarsi, ma avviene l'esatto contrario: gli stranieri restano stranieri anche se vivono qui da tempo e anche se nascono qui (come è il caso del 70% di alunni stranieri che frequentano le nostre scuole)
    3. i sistemi di integrazione di Francia (assimilazione) e Gran Bretagna (società multietnica) non hanno prodotto risultati positivi e che non è necessario provare altre scorciatoie: ai migranti vanno offerte le stesse opportunità degli italiani!

    Dopo avere evidenziato che senza risorse non si fa alcuna integrazione e che gli unici euro per fare ciò ci vengono dati dall'Europa, Soldini annuncia che La CGIL a breve (nel mese di giugno) avvierà una campagna nazionale (con raccolta firme e proposta di legge popolare) a favore della cittadinanza italiana per i migranti.

    Subito dopo l'annuncio, dal pubblico si è alzata un'ovazione visto che la FLC CGIL propone insieme alla CGIL confederale nella sua Piattaforma per i migranti proprio questo.

    Per Soldini la CGIL deve preparare, infine, una vertenza strategica a favore dei migranti e iniziare l'integrazione a partire dal suo interno: infatti, i migranti iscritti al nostro sindacato sono già oltre 500 mila.