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Formazione tecnica superiore e lauree professionalizzanti: evitare un'inutile competizione

L’ultimo provvedimento firmato dalla ex Ministra Giannini rischia di creare un grave disorientamento negli studenti e nelle strutture formative.

03/01/2017
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Abbiamo più volte segnalato come il nostro Paese abbia un assoluto bisogno di una formazione tecnica superiore post secondaria strettamente connessa con gli obiettivi di ricerca, innovazione e sviluppo del sistema produttivo dei prossimi anni. Abbiamo denunciato come all’inesistenza di serie politiche industriali corrispondano risorse assai limitate e parcellizzate in tema di formazione dedicata. A ciò occorre aggiungere un capacità programmatoria nazionale e locale molto limitata e una governance debole, pesantemente condizionata e orientata da interessi e da prospettive di corto o cortissimo respiro.

Emblema di questa situazione di totale confusione politica, programmatoria e amministrativa è quanto sta avvenendo nel settore degli Istituti tecnici Superiori (ITS).

Negli scorsi mesi abbiamo assistito a un proliferare di seminari, convegni, interventi sui giornali, ecc. tutti orientati, con varie sfumature, a considerare strategico per il nostro Paese un processo di forte espansione della formazione tecnica terziaria. Anche la Legge 107/15 dedicava ben 8 commi agli ITS da cui sono scaturiti due accordi in Conferenza Unificata: quello sul sistema di monitoraggio e valutazione degli ITS (Atto 133/CU del 17 dicembre 2016) e quello sulle misure di semplificazione (Atto 42/CU del 3 marzo 2016). A questi accordi occorre aggiungere quello in Conferenza Stato Regioni sulla definizione della struttura e del contenuto dei percorsi annuali di istruzione e formazione tecnica superiore, IFTS, (Atto n. 11/CSR del 20 gennaio 2016). È facile constatare come la Legge 107/15 e i successivi accordi in realtà operavano soltanto su aspetti di manutenzione del “sistema”. Poche parole venivano spese sulla mission e sulle modalità di espansione del settore nonché sul collegamento tra formazione tecnica superiore e le politiche industriali. Silenzio assordante sull’idea che la stessa formazione tecnica superiore possa rappresentare un volano di sviluppo e innovazione del Paese nel suo complesso e/o di singoli territori.

Deludente è anche la parte dedicata agli ITS nell’ambito del Piano Nazionale Industria 4.0. Le risorse finanziarie previste in realtà non sono aggiuntive ma sono quota parte dei finanziamenti erogati per l’ordinario funzionamento delle fondazioni. Mentre per effettuare attività di studio, ricerca e progettazione in relazione al Piano Nazionale Industria 4.0, il cui coordinamento operativo e progettuale è stato affidato all’ITS Umbria Made in Italy Innovazione, Tecnologia e Sviluppo di Perugia, è stata stanziata la mirabolante cifra di € 76.800,00.

Durante la discussione del disegno di legge di bilancio 2017 è stato dato per certo il raddoppio delle risorse da destinare alla Formazione Tecnica Superiore. Non solo ciò non è avvenuto ma leggendo la Nota integrativa per il bilancio dell’anno 2017 e per il triennio 2017-2019 si scopre che è previsto un modestissimo incremento del numero degli studenti (per il 2019 si prevedono nuove iscrizioni di 2.800 studenti, fronte dei 2.400 previsti per il 2017). Il messaggio è chiarissimo: la formazione tecnica superiore rimarrà per anni un settore residuale con scarsi investimenti e con un’offerta formativa asfittica perché priva di un chiaro quadro di riferimento politico e istituzionale.

A completare un quadro preoccupante, la ex Ministra Giannini, come ultimo atto del suo incarico ha firmato il 12 dicembre 2016 il decreto n. 987, relativo alle procedure per la “Autovalutazione, valutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi” delle Università. A sorpresa il comma 2 dell’articolo 8 prevede la possibilità di attivare a livello sperimentale nuove lauree triennali professionalizzanti in deroga agli attuali ordinamenti didattici e ai requisiti minimi di docenza. Tali corsi di studio (massimo uno per ciascun Ateneo e per ciascuno degli anni accademici 2017/18 e 2018/19):

  • devono essere “direttamente riconducibili alle esigenze del mercato del lavoro”
  • sono attivati previa convenzione con imprese qualificate le quali devono fornire un numero adeguato di tutor aziendali
  • devono prevedere da 50 a 60 Crediti Formativi Universitari in attività di tirocinio curriculare
  • sono ad accesso programmato (massimo 50 studenti).

Al termine del primo ciclo di sperimentazione sarà possibile riaccreditare il corso se nel frattempo sarà stato assunto l’80% degli studenti entro un anno dal conseguimento del titolo di studio.

Appare evidente come l’impianto della sperimentazione rischia concretamente di far esplodere una pesante competizione tra università che intendono attivarla e gli Istituti tecnici superiori. Quale utilità abbiano gli studenti, le istituzioni formative, il mondo produttivo da questa situazione caotica, non è dato sapere. Da parte nostra esprimiamo totale contrarietà a questo modo di procedere e chiediamo alla Ministra Fedeli:

  • una pausa di riflessione sulla sperimentazione prevista dal DM 987/16
  • l’istituzione della Commissione Nazionale per il coordinamento dell’offerta formativa degli I.T.S. con la presenza delle parti sociali, così come previsto dall’Accordo in Conferenza Unificata del 3 marzo 2016
  • l’individuazione di forme di coordinamento con le rappresentanze del mondo universitario
  • l’attivazione delle procedure per la definizione degli standard qualitativi e le modalità di reclutamento dei docenti e del personale utilizzato nei percorsi degli Istituti Tecnici Superiori (art. 15 comma 5 del DPCM 25/01/2008).