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All’università più studenti non assicurano più fondi

Negli atenei gli studenti e i fondi pubblici restano due rette (quasi) parallele.

21/09/2020
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Il Sole 24 Ore

Eugenio Bruno

Negli atenei gli studenti e i fondi pubblici restano due rette (quasi) parallele. Come conferma il rapporto tra il Fondo di finanziamento ordinario 2020 e il numero di iscritti. Con la prima classificata (Perugia stranieri) che guadagna il 3% di iscrizioni ma lascia sul terreno l’1,6% di risorse e, più in generale, continua a incassare più del doppio della media. E l’ultima (Bergamo) che aumenta dell’8% la popolazione studentesca e solo dello 0,5% la dote pro capite. A dimostrazione del peso ancora occupato dalla spesa storica nei conti delle università.

Ci sono tanti modi per leggere il Ffo 2020. Anche alla luce delle ultime novità: da un lato, l’aumento ex lege (dal 24 al 26%) della quota distribuita in base al costo standard; dall’altro, la modifica dei criteri perequativi voluta dal ministro Gaetano Manfredi, per cui nessun ateneo può perdere risorse rispetto all’anno prima e al massimo può guadagnare il 4% (al posto del -3,+3% previsto fino al 2019). Una prima narrazione porta a dire che la ”torta” aumenta (da 7,45 a 7,8 miliardi in un anno) senza che cambino però i rapporti di forza tra gli atenei. In valore assoluto in cima c’è sempre la Sapienza di Roma (497 milioni) davanti a Bologna (414) e Federico II di Napoli (360). Con variazioni impercettibili da un anno all’altro e indipendenti dall’avere guadagnato (la prima) o perso (le altre due) iscritti.

Un’altra lettura possibile la offre l’elaborazione dell’università di Bergamo realizzata per Il Sole 24 del Lunedì e riassunta qui accanto. Analizzando il rapporto Ffo/studente scopriamo che in testa per finanziamento pro capite c’è l’università per stranieri di Perugia con 12.758 euro: un valore che è più del doppio rispetto alla media (circa 5mila euro) e che dimostra quanto pesino ancora la spesa storica e il trascinamento dei fondi da un anno all’altro. Se dai 7,8 miliardi lordi del Ffo passiamo ai 6,8 netti delle tre grandi macroaree - quota base da 4,2 miliardi, parte premiale da 1,9 e perequazione da 175mila euro - più piani straordinari e risorse per scatti biennali vediamo che il costo standard vale appena 1,6 miliardi. Capita così che l’ateneo perugino benefici ancora del fatto che 15 anni fa aveva il doppio degli iscritti odierni.

Gli studenti sono emigrati, i fondi no. Una discrasia che troviamo, capovolta, anche in coda. Con Bergamo che, nonostante abbia guadagnato 1.700 allievi (+8%) in 12 mesi, riceve un “assegno” pro capite di 2.786 euro (+0,5% rispetto al 2019). Proprio a causa del tetto del 4% (e prima del 3%) che le ha fatto perdere, solo nel 2020, 1,7 milioni (6 nel triennio) e che, quest’anno, colpisce ancora più duramente Ferrara (-2,3 milioni). Partendo da questi dati il rettore bergamasco, nonché coordinatore degli atenei lombardi, Remo Morzenti Pellegrini, sottolinea che «occorre fare di più per sostenere gli atenei più attrattivi». Ben venga allora - aggiunge - «la scelta politica che nessuno abbia meno dell’anno scorso, ma a una condizione: che le risorse aggiuntive non servano solo a non fare arretrare ma anche a valorizzare chi è in crescita». Prevedendo ad esempio - suggerisce - che almeno nell’attribuzione dei punti organico (il meccanismo che assegna agli atenei gli spazi per le assunzioni e che dipende soprattutto dal turn-over) si privilegi chi ha un personale sottodimensionato.

Una richiesta che il ministro dell’Università, Gaetano Manfredi, dice al Sole 24Ore del Lunedì di essere pronto ad accogliere: «I 220 punti organico straordinari - assicura - saranno usati in maniera strategica e terranno conto anche del rapporto docente/studente». Per una buona notizia che arriva ce n’è una cattiva che va. Anche nel 2021 la quota premiale di Ffo andrà distribuita usando la “vecchia” valutazione della ricerca, la Vqr 2011-14. Causa pandemia, la possibilità di usare la nuova 2015-19 slitta infatti al 2022.