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Calo demografico: la posizione di Francesco Sinopoli (Flc-Cgil)

Siamo stati la prima organizzazione sindacale a lanciare l’allarme, sostenendo  come la perdita degli alunni sia una perdita per tutto il Paese e non solo per quelle regioni che sono più direttamente coinvolte dal calo demografico.

27/04/2018
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La Tecnica della Scuola

di Reginaldo Palermo

Anche al segretario della Flc-Cgil Francesco Sinopoli abbiamo posto alcune domande sul problema del calo demografico e delle sue conseguenze sul sistema scolastico.
Ecco le domande e le risposte.

La Fondazione Agnelli ha riportato l’attenzione sul problema del calo demografico e delle conseguenze sul nostro sistema scolastico. Lei pensa che sia davvero un problema importante?

Si, lo è.
Siamo stati la prima organizzazione sindacale a lanciare l’allarme, sostenendo  come la perdita degli alunni sia una perdita per tutto il Paese e non solo per quelle regioni che sono più direttamente coinvolte dal calo demografico. Paghiamo anni di politiche sociali sbagliate, di tagli al welfare, di disinvestimenti nel lavoro, nell’istruzione e nell’occupazione femminile.  In questo quadro la politica dei bonus è stata una scelta fallimentare, una colpevole dispersione di risorse pubbliche. Le statistiche parlano chiaro: il nostro è un Paese bloccato che da anni non riesce più a guardare al futuro e investire su se stesso.

La sensazione è che in questi anni le organizzazioni sindacali si siano preoccupate poco di questo tema. E così ?

Al contrario, da tempo denunciamo il permanere di squilibri strutturali e di un ritardo della politica nell’individuare le misure strutturali necessarie a superare questi divari.
Occorre agire secondo quanto prevede la nostra Costituzione all’art 119: laddove si manifestino condizioni tali da far emergere una fruizione dei diritti civili e sociali attenuata e inferiore alla media del Paese, lì occorre operare, per porre riparo, con interventi adeguati e anche sostitutivi dello Stato, alle diseguaglianze esistenti fra le varie zone del Paese. E’ il caso di molte zone del Sud del Paese.  Se è vero, come dimostrano molti studi,  che in Italia l’ascensore sociale è bloccato, allora è altrettanto vero che contro le diseguaglianze di partenza si può fare molto purchè si riconosca il problema per tempo.

Lasciando da parte l’ovvia proposta di diminuire il numero di alunni per classe, come andrebbe affrontata la questione secondo voi?

Se si vuole praticare- e non solo predicare  – una didattica personalizzata/individualizzata che sia centrata non sulla trasmissione, ma sul dialogo e sull’attività, sulla ricerca e sul lavoro in team,  allora la riduzione degli alunni per classe non appare più come una proposta scontata  ma come un cardine sul quale far girare la porta della qualità della scuola. Anche se è una misura che da sola non basta. Bisogna invece agire su una molteplicità di interventi.

Ne indichiamo alcuni:

  1. Generalizzare la scuola del’infanzia. Investire in età prescolare è fondamentale in quanto da quel segmento di scuola comincia l’iter di crescita armonica del futuro cittadino.
  2. Alzare l’età dell’obbligo scolastico a 18 anni, non attraverso una riforma “a sottrazione”, come fa la sperimentazione della riduzione del percorso a 4 anni, ma con l’estensione dell’obbligo a 18 anni. E’ questo l’unico modo concreto di condurre la lotta alla dispersione.
  3. Tempo pieno e tempo prolungato: occorre restituire il tempo scuola tagliato dalla Gelmini
  4. Istruzione per adulti: occorre investire per far uscire l’Italia dal triste primato che detiene in merito all’analfabetismo funzionale e alla scarsa partecipazione del mondo adulto al patto  formativo per tutta la vita.
  5. Prevedere i necessari sussidi per garantire il diritto allo studio ai meno abbienti, come prevede la costituzione.
  6. Investire nell’edilizia scolastica
  7. Abbassare da 1000  a 900 alunni il dimensionamento ottimale della rete scolastica, come media degli istituti ordinari (vedi indicazioni del Senato nel 2012)
  8. Regolarità dei concorsi per dare stabilità alle scuole.
  9. Lotta alla precarietà
  10. Retribuire adeguatamente gli insegnanti. Formare le future generazioni è un lavoro che richiede massima responsabilità e rispetto. L’adeguamento delle retribuzioni dei docenti alla media dei loro colleghi europei non è solo una questione salariale ma parla al Paese della funzione sociale che gli insegnanti debbono riacquistare. Lo discorso vale per l personale Ata.

Con un vistoso calo demografico come quello che si preannuncia
nei prossimi anni, ha ancora senso chiedere un incremento generalizzato degli organici ?

Ampliamento e stabilizzazione degli organici docenti e Ata sono un punto centrale della nostra proposta, ma si tratta di interventi mirati e non di richieste a pioggia.  La scuola non ha bisogno di riforme epocali ma di investimenti costanti nel tempo, di personale stabile, formato, motivato. La stabilità è uno dei punti di forza di una scuola: questo vale soprattutto per la docenza, perché la continuità didattica è di per sé produttrice di risultati positivi, ma vale anche per gli aspetti che riguardano la direzione e l’amministrazione.
La nostra insistenza sulla stabilizzazione del personale e sull’indizione con cadenza regolare dei concorsi non è, come talvolta ci accusano, una nostra mania di volere più personale ma una delle condizioni essenziali per una buona funzionalità del sistema scolastico.
Per questo il 21 e il 22 marzo scorso,  in occasione dell’Assemblea Nazionale dal titolo “La scuola che verrà” che si è tenuta a Roma,  abbiamo avanzato una serie di proposte per un’idea nuova di scuola, la scuola che forma e educa secondo i principi ordinatori scritti nella Costituzione.
È chiaro che esse hanno un costo: 20 miliardi di euro in un sessennio, ma si tratta di denaro ben speso e il rendimento per lo Stato e per i singoli è assicurato.