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Corriere-Bambini, viva la lentezza

IL TEMPO NELL'INFANZIA Psicologi e pedagogisti: pericolosa la frenesia degli adulti Bambini, viva la lentezza Quando è cominciato il tempo? Quand'è "c'era una volta"? Le domande dei bambi...

13/05/2002
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Corriere della sera

IL TEMPO NELL'INFANZIA Psicologi e pedagogisti: pericolosa la frenesia degli adulti

Bambini, viva la lentezza

Quando è cominciato il tempo? Quand'è "c'era una volta"? Le domande dei bambini ci fanno sorridere, meno spesso riflettere. Ciò che consideriamo con tenerezza immaturità, inadeguatezza, contiene in realtà lo straordinario valore dell'infanzia. Il tempo del bambino, almeno fino a otto, nove anni, è diverso dal tempo degli adulti, ma forse più importante, perché rappresenta le fondamenta sui cui costruire il senso di sé, della propria storia. "I grandi" se ne dimenticano quotidianamente. Basterebbe pensare a quante volte durante la giornata i più piccoli si sentono dire: "Dài", magari incalzati da una spintarella sulla schiena. Ma i ritmi calmi dei bambini, interpretati erroneamente come lentezza, sono semplicemente quelli legittimi, naturali, di chi sta costruendo il proprio edificio. E ha il compito impegnativo di costruirlo bene, con basi solide. La psicologa Silvia Vegetti Finzi ha lavorato a lungo sull'età evolutiva. Fra i suoi libri più noti c'è la trilogia, scritta con Anna Maria Battistini e pubblicata da Mondadori, sui bambini e sugli adolescenti. "Fino a tre anni - spiega - il tempo del bambino è uno: il presente. Così come per gli adolescenti prevale il futuro, e per gli anziani il passato. La misura dei più piccoli è "qui" e "ora". Imporre accelerazioni, cambiamenti continui, getta il bambino nell'ansia. Verso i tre anni i bambini sono in grado di dire "quando ero piccolo". Ricordano fatti della loro vita e intorno a questi organizzano e collegano altri accadimenti del proprio passato, ma un passato individuale, non collettivo".
Intanto il presente corre freneticamente. E se gli adulti patiscono lo stress, i bambini rischiano vere e proprie ferite. A difesa dei ritmi dell'infanzia si schiera da sempre la pedagogista Grazia Honegger Fresco, presidente del Centro Nascita Montessori, e autrice di molti volumi su Maria Montessori, tra cui "Montessori: perché no?" (Franco Angeli editore) e l'affettuoso "Facciamoci un dono" (Edizioni Merdiana), vademecum pratico e fantasioso sui regali che una mamma può fare al figlio, da zero a dieci anni. Non da ultimo il dono del tempo.
"C'è un film d'animazione - dice Honegger Fresco - "Momo e la conquista del tempo perduto", che tutti dovrebbero vedere, in cui una bambina è impegnata contro una banda che ruba il tempo. Ecco, il furto del tempo, così bello e così ricco nell'infanzia, è un problema della nostra società. I bambini in età prescolare sottoposti a ritmi innaturali somatizzano, si ammalano; quelli più grandicelli hanno problemi di concentrazione. Da qui la tanto discussa diffusione dei tranquillanti. Manca il rispetto per il tempo del bambino. Che è conservatore, ha bisogno di rifare le stesse cose, rileggere le stesse fiabe, stare nella stessa casa: questo lo rassicura. Solo così le cose nuove diventano accessibili. Con la gradualità. Allora sì l'autonomia diventa una conquista entusiasmante".
L'autonomia del bambino, sintetizzata nel principio montessoriano "aiutami a fare da solo", è un percorso esaltante e fiducioso nelle capacità del bambino, anche in quelle di padroneggiare il tempo. "Nella prima infanzia tutto è contemporaneo - continua Honegger Fresco -. I bimbi giocano con i dinosauri e non si stupirebbero di vederli entrare dalla porta. Ma anche a nove anni, l'epoca degli Assiri e di Gesù Cristo sono tutt'uno, fanno parte di un passato astratto. Per apprendere occorre capire, per capire bisogna visualizzare. Questo è il senso dei materiali montessoriani, in matematica come in italiano. Lo stesso calendario viene fatto dai bambini annotando e confrontando i cambiamenti della natura giorno e per giorno. Per la storia ci sono le strisce: dieci centimetri, cent'anni. Importante non è sapere, ma capire, fare proprio. Il bambino è curiosissimo della storia dell'uomo, basta non ridurre tutto a due paginette da imparare a memoria".
Anche la pedagogia che si basa sui principi del tedesco Rudolf Steiner, rifiuta il metodo "date e battaglie", come spiega Alberto Ciarchi, insegnante della Scuola steineriana di Milano: "Partiamo dai miti, cioè da una storia senza tempo, da uno stato di coscienza dell'umanità. Due grandi filoni, la mitologia precristiana del Nord e quella orientale, ci portano poi alla nascita della nostra civiltà. In seguito s'impara la storia non per fatti ma per biografie di grandi personaggi attorno alle quali costruiamo il mondo e le sue vicende".
Assolutamente centrale, nella pedagogia steineriana, è il concetto di ritmo nel processo di crescita: "I bambini pagano le conseguenze di una società che ha perso le sue tradizioni e i suoi riti. Cioè i ritmi, quelli che scandivano le tappe dell'esistenza. Oggi gli orari della giornata così come i tempi della vita, sono stati totalmente scardinati. E questo per i bambini è destabilizzante, li indebolisce, dentro e fuori. Interferisce nell'equilibrio psicologico e toglie energie al fisico. Ciò che una volta era il tempo del pasto, il tempo di andare a dormire, il tempo delle vacanze, oggi non è mai lo stesso. Resiste qualche rito, come quelli dell'educazione religiosa, penso alla comunione, che rappresentano tappe di crescita, ma non basta. Credo che la nostra civiltà debba rielaborare e riscoprire riti e ritmi, perché diventino di nuovo natura, istinto".
mvilla@corriere.it
Maria Luisa Villa