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Corriere-Caro ministro, al supermercato dell'università il tre più due non funziona

LETTERA APERTA Luciano Canfora scrive a Letizia Moratti e spiega perché il nuovo ordinamento che unisce diploma e laurea deve essere rivisto "Caro ministro, al supermercato dell'università ...

16/01/2002
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Corriere della sera

LETTERA APERTA Luciano Canfora scrive a Letizia Moratti e spiega perché il nuovo ordinamento che unisce diploma e laurea deve essere rivisto

"Caro ministro, al supermercato dell'università il tre più due non funziona"

Signor Ministro, non avendo avuto il gravame, che forse è anche un vincolo, di partecipare alle "commissioni di saggi" che hanno partorito la riforma universitaria entrata in vigore il primo novembre 2001, ma avendone invece quotidianamente sott'occhio gli effetti, ho ritenuto che un tempestivo promemoria potesse essere, per il Ministro in carica, di una qualche utilità.
A torto si è di recente affermato che le innovazioni introdotte dal precedente governo siano da considerarsi ormai definitive e immutabili, novelle leggi mosaiche. Qualunque legislazione è passibile di modifica, e la modifica s'impone e diventa urgente quando si tratta di leggi errate e dannose.
Tralascerò dettagli secondari e mi terrò al punto principale intorno al quale si è in passato dibattuto, in modo, a mio avviso, flebile. Mi riferisco all'ordinamento degli studi denominato con formula brachilogica "tre " due".
Un ordinamento che ha, in verità, del miracoloso, tale da far impallidire quella che i teologi definivano, e definiscono, e intorno alla quale a lungo si scontrarono, "transustanziazione". Infatti c'è qualcosa di miracoloso in quel segno di addizione ("più").
Grazie a quel semplice segno matematico, un percorso triennale, avente per obiettivo un autonomo, autosufficiente, e (si spera) coerente itinerario mirato ad una formazione "di base", diventa - ed è lì il miracolo del mutamento di sostanza - la gran parte (tre anni su cinque) di un percorso di tutt'altro tipo: specialistico, e non "di base".
Il percorso che si conclude in tre anni deve essere, non può non essere, altra cosa rispetto a quello che conduce ad una vera laurea. Sommarvi i due anni (due!), nei quali si dovrebbe fabbricare in tutta fretta lo studioso, fingendo che già i primi tre mirassero a tal fine, è semplice autoinganno. E perciò rovinoso. Parecchi anni fa Nicola Tranfaglia, all'epoca in fiera polemica col ministro Falcucci, scriveva assai giustamente che "nei Paesi più avanzati del mondo" vi è chiara distinzione - nell'ordinamento universitario - tra "diplomi, laurea e dottorati". ( La Repubblica del 10 dicembre 1986, pagina 24: appena quindici anni fa).
Eccellente impostazione, nella quale ad ogni cosa viene attribuito il giusto nome . Bisognava - come additato quindici anni fa da Nicola Tranfaglia - tener separate le due strade, e render chiaro, anche sul piano onomastico, che tre anni vuol dire "diploma" e quattro o cinque (a seconda del tipo di facoltà) vuol dire "laurea".
Quando i nomi vengono correttamente usati in corrispondenza delle cose non diventano più possibili le somme in cui, contro ogni elementare principio aritmetico, gli addendi sono eterogenei . I tre anni che portano ad un diploma (in modo truffaldino oggi chiamato laurea, contro la giusta veduta del Tranfaglia 1986) non possono essere addizionati ai due di necessità convulsi e raffazzonati anni "specialistici" (i quali portano daccapo alla "laurea"). Se non, ripeto, grazie a repentini e miracolosi mutamenti di sostanza. Debbono essere due percorsi totalmente distinti.
Non mi dilungo nella esemplificazione. Soggiungo soltanto che il nostro Paese non meritava questo trattamento da Paese in via di sviluppo, dove si costruisce, nel deserto, una prima struttura universitaria di una qualche efficacia. Non meritavamo questa retrocessione ope legis. E Lei è ancora a tempo per rimediare.
Luciano Canfora