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Corriere-QUESTI STUDENTI COSÌ CONCRETI

Differenze di un movimento QUESTI STUDENTI COSÌ CONCRETI di VALERIO MAGRELLI Ancora una volta, Roma fa da teatro alla protesta giovanile. Occupazioni, manifestazioni, autogestioni, parlano...

15/12/2001
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Corriere della sera

Differenze di un movimento

QUESTI STUDENTI COSÌ CONCRETI

di VALERIO MAGRELLI

Ancora una volta, Roma fa da teatro alla protesta giovanile. Occupazioni, manifestazioni, autogestioni, parlano oggi la stessa lingua che, a partire dal Sessantotto, migliaia di studenti hanno scelto per esprimersi da Valle Giulia in poi. A ondate cicliche, le medesime liturgie si sono sviluppate in modo sempre più prevedibile. Già vari anni fa ci fu chi ne parlò come di veri e propri riti di passaggio, ormai funzionali a quella società adulta tanto aspramente combattuta a parole, e corteggiati dai mass media solo per la fotogenia di ogni movimento studentesco. Da questo punto di vista, per esempio, gli anni Settanta si dimostrarono insuperabili. In un clima che pure aveva portato a battaglie civili fondamentali come quelle sul divorzio o sull'aborto, si impose nelle scuole una mobilitazione che spiccava per vaghezza. A distanza di tempo, quasi nulla è rimasto di simili rivendicazioni. Non solo. Il sistematico silenzio sui disastri del comunismo reale, che altrove in Europa la sinistra iniziava coraggiosamente a infrangere, finirono per minare l'attendibilità delle altre lotte.
Tutto questo, del resto, ha ovvie ragioni. L'estrema facilità con cui troppi rappresentanti della protesta di allora si sono integrati, rinnegando proprio ciò per cui si erano battuti, risponde ad una logica precisa, quella del massimalismo. Il disinteresse per le questioni concrete, l'insofferenza verso la soluzione di problemi specifici, il disprezzo per il "formalismo" della democrazia borghese: ecco il vizio di quella esperienza, che si riassume nell'impossibilità di tradurre uno scontro politico in acquisizioni tangibili, utili alla società.
Tornando a quegli anni, insomma, non si può fare a meno di citare Ionesco, che rivolge alle barricate parigine la sua definitiva profezia: "Distruggete, distruggete, tanto diventerete tutti notai". Sto esagerando, certo, ma soltanto per denunciare la spaventosa meccanica di un pendolo che ha oscillato tra velleitarismo e disimpegno. Ebbene, proprio tali accuse rivelano la distanza che separa gli studenti di allora da quelli di oggi, a cui va invece riconosciuto un pragmatismo e un senso civico ammirevoli.
Molte parole d'ordine di venti anni fa erano demagogiche fino all'insensatezza: basti pensare ai cosiddetti "esami di gruppo", buoni soltanto a favorire chi, grazie ai privilegi della propria casta, avrebbe comunque trovato un immediato inserimento nel mondo del lavoro. Ai nostri giorni, al contrario, la posta in gioco riguarda la sopravvivenza di un bene inestimabile come l'istruzione pubblica. È sufficiente, credo, per ammirare rigore e maturità di questo movimento.
Roma, si diceva, torna ad essere in prima fila. Ne è la riprova la strategia del digiuno messa in atto da alcuni studenti del liceo Tasso per protestare contro la riforma voluta dal ministro Moratti. Si tratta di una scelta temeraria, dei cui rischi si dicono coscienti i ragazzi implicati. L'iniziativa, per ora, è stata sospesa, ed è auspicabile che non debba essere proseguita. Ma è la riprova di una serietà che merita attenzione.