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Fermate i cannoni

di Silvia Grambois

05/01/2009
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- L’odio, i razzi, i carri armati: una spirale infinita alla quale non si sa o non si vuole basta. Nessuno sembra in grado di opporsi a questa nuova fiammata di guerra e morte.

Il primo ucciso nell’attacco di terra è stato un bambino di 11 anni: colpito dall’obice di un cannone mentre giocava in casa. La sera del nono giorno di guerra, secondo i medici di Hamas, i morti palestinesi erano 520 di cui 87 bambini. Non sappiamo se fra di loro era conteggiata anche la bambina morta di paura domenica mattina verso le 11: di lei ha raccontato il parroco cristiano di Gaza City, secondo cui i bambini diventano matti in quel frastuono senza fine di bombe dal cielo e colpi di mortaio. Numeri che si accavallano, di bambini morti insieme alla famiglia sull’auto colpita in pieno, di civili sorpresi in fuga, o nelle loro case. Numeri di una tragedia che non ha più volti, se non quello del soldato israeliano, il volto imbrattato di nero - non avrà neppure vent’anni - che guarda una foto prima dell’attacco. Chissà se tornerà.
Il vecchio esorcista ha detto alle agenzie di stampa che a Gaza s’è scatenato il diavolo. Certo, se il diavolo ha una forma, ha quella bestiale della guerra: non importa neppure essere credenti per dargli ragione.
Quello che sconcerta è l’impotenza, grande assoluta: non possiamo far altro che raccogliere la litania di morte, ora su ora, senza che nulla fermi l’odio. L’America sabato notte non ha accettato di firmare la proposta di cessate-il-fuoco, per due volte ha messo il veto, le ragioni di Israele e le ragioni di Hamas contrapposte, l’Onu impotente: impotente persino a chiedere.
Su quella lingua di terra sovraffollata si sta consumando di nuovo l’incapacità, l’inettitudine dell’Occidente a trovare le parole forti che fermano le guerre. Parole che una politica debole ha dimenticato. Risposte che sembrano perdute.
E allora dobbiamo ricominciare a dirle noi quelle parole semplici che ci rombano in testa, quando non sopportiamo più di sgranare un rosario infinito di morte, di odio, di bimbi che muoiono di paura: e dirle in casa ai figli e al lavoro e in strada, e mettere bandiere di pace sui balconi, e urlare la rabbia contro le guerre e contro chi non le sa o non le vuole fermare. Ricominciare noi: “Fermate i cannoni”.

di Silvia Grambois