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Fuoriregistro-La condanna del silenzio - di Marino Bocchi

La condanna del silenzio Se l'espressione organizzata del dissenso diventa "cospirazione politica" e "propaganda sovversiva", in base alla sopravvivenza giuridica del codice Rocco, e' anche p...

17/11/2002
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Fuoriregistro

La condanna del silenzio

Se l'espressione organizzata del dissenso diventa "cospirazione politica" e "propaganda sovversiva", in base alla sopravvivenza giuridica del codice Rocco, e' anche perche', noi di sinistra, noi democratici, messi alle strette dalla pretesa di impunita' e di rivalsa della classe dirigente
berlusconiana, abbiamo trasformato la Magistratura in un Totem, una specie di divinita' immune da ogni sospetto o critica. Questi giudici di Cosenza
non fanno altro che utilizzare il reato di associazione sovversiva (di per se' ambiguo e che andrebbe usato con molte cautele, come dice oggi sull'Unita' il senatore Calvi) per ripristinare la ricorrente idea del
"complotto", che dei reati associativi e' la conseguenza logica. Dal teorema Calogero passando per il processo a Sofri, per tacere su Valpreda, Piazza Fontana, Pinelli, ecc., i giudici hanno spesso assolto ad una funzione di sorveglianza e tutela, non tanto della legge quanto degli equilibri politico-istituzionali. E allorche' alcuni di loro hanno cercato di sottrarsi a questo compito, come e' accaduto nel lungo episodio di Mani pulite, o in Sicilia nella lotta alla mafia, o sono stati emarginati e
ammazzati o infine "normalizzati". Questi giudici di Cosenza che criminalizzano il dissenso sono gli eredi dei loro colleghi (anche di Magistratura Democratica) che negli anni '70 operarono allo stesso fine, trasformando un'intera generazione in una gigantesca banda armata, riducendo al silenzio, piu' che la voce dei violenti quella di chi rifiutava di cedere la rappresentanza dei propri bisogni e ideali e
desideri alle consorterie burocratiche degli apparati di opposizione.

La lezione, dal '68 ad oggi, e' sempre la stessa. E non e' un caso che alla base del teorema accusatorio dei giudici di Cosenza vi sia il principio della "continuita' generazionale", intesa come maledizione e condanna quasi metafisica, una sorta di coazione a ripetere, una colpa edipica e originaria, che nasce dal sospetto verso ogni forma di protesta sociale che
non si esprima attraverso i canali autorizzati dall'ordine costituito, per cui i No-global di oggi sono i discendenti dei terroristi degli anni '70 e quelli, a loro volta, attraverso la radice originaria del '68, erano gli
eredi ideologici del "terrorismo" archetipico, cioe' dei partigiani che avevano combattuto contro il nazi-fascismo. Si legga un passaggio dell'ordinanza calabrese, citato oggi da D'Avanzo su Repubblica: "Anna Curcio (arrestata ieri) racconta al telefono che è in viaggio per Genova dove lavorerà "... a un progetto di comunicazione con delle radio indipendenti che trasmetteranno in rete sul sito
www.radiogap.net "... Gap - scrive il pubblico
ministero - Gap, come la formazione eversiva ideata da Giangiacomo Feltrinelli che operava per propagandare in Italia e in Europa, i fondamenti strategici e i principi organizzativi della guerriglia urbana".
"Per il pm - annota il giudice delle indagini - il ricorso a tale sigla per denominare la radio operante a Genova durante il G8, non può essere casuale, ma voluto da persone ben informate sui trascorsi eversivi e che accarezzano l'idea di sfruttare la forma 'anomica' del movimento antiglobalizzazione per riattualizzare la lotta armata storicamente
fallita" (pag. 128 dell'ordinanza del gip)".

Lo stesso concetto venne affermato da alcuni dopo i
fatti di Genova. Anche in quella occasione si disse che quei ragazzi che avevano sfidato la linea rossa erano il prodotto dell'intossicazione ideologica degli anni '70. Siccome i fatti (Firenze e non solo), l'hanno
poi ampiamente smentita, quella presunta verita' storica andava riaffermata, come molte volte e' accaduto in Italia, per via giudiziaria.
Col rischio, sottolineato anche da D'Avanzo, che questa inchiesta, come le tante altre che l'hanno preceduta nei decenni scorsi, finisca per gettare la
protesta disobbediente nella lotta armata, per condannare anche questa generazione al silenzio, alla rabbia individuale, a fenomeni diffusi di devianza. E infine, per dar modo a noi, noi educatori, psicologi, esperti, di poter concludere che il disagio giovanile si può curare solo passando da San Patrignano.