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Il Nuovo-Devolution, è di nuovo scontro Udc-Lega

Devolution, è di nuovo scontro Udc-Lega Il ddl approda in commissione alla Camera e già si preannuncia scontro. Il centrista Tabacci presenta un emendamento che depotenzia i poteri trasferi all...

14/02/2003
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Il Nuovo

Devolution, è di nuovo scontro Udc-Lega

Il ddl approda in commissione alla Camera e già si preannuncia scontro. Il centrista Tabacci presenta un emendamento che depotenzia i poteri trasferi alle Regioni. Calderoli: allora ridiscutiamo le alleanze.
ROMA - Per la devolution un'altra vigilia segnata da roventi polemiche. Coi centristi di nuovo all'attacco e la Lega che, per un Bossi distensivo ma fermo, esibisce un Calderoli pronto a chiedere che vengano ridiscussa l'intero patto elettorale del centrodestra. La modifica costituzionale che ridisegna l'articolo 117 della nostra carta fondamentale si prepara infatti (dopo aver ottenuto il primo sì del Senato) al vaglio della Commissione Affari Costituzionali della Camera. Dove comincerà lunedì prossimo l'esame degli emendamenti al testo, in vista del suo passaggio in aula dal 24 febbraio.

Ma già oggi in quella stessa commissione, in sede di dibattito generale, Bruno Tabacci, Presidente della Commissione Attività Produttive e esponente spesso "indipendente" dell'Udc, ha preannunciato che presenterà una modifica al provvedimento "a titolo personale". E questo nonostante il sottosegretario alle Riforme Aldo Brancher (Forza Italia) abbia chiesto a nome del governo di lasciare intatto il testo pervenuto da Palazzo Madama.

La cosa ovviamente ha già fatto trasalire Umberto Bossi. Che però sembra per ora non voler dare troppa risonanza all'iniziativa apparentemente isolata di Tabacci. Tanto è vero che si limita a sottolineare che ''la devoluzione è un patto e mancare ai patti davanti all'elettorato è un problema". Per poi aggiungere sereno, ma ultimativo: "Passerà così com'è senza cambiare una virgola, perché l'abbiamo giurato''. Il leader del Carroccio per la verità coglie anche l'occasione per replicare a Carlo Azeglio Ciampi, che aveva chiesto un federalismo solidale. ''La solidarietà - ha infatti precisato - riguarda un articolo preciso, il 119, che parla di come distribuire i soldi, di come creare finanziamenti per tutti, e quello non riguarda il 117''. Insomma, parole pacate e la sottolineatura che la riforma avverrà all'interno di un "recinto costituzionale".

"Il governo porterà a casa il federalismo": il responsabile delle Riforme se ne dice sicuro. "E io non farò come
Carlo Cattaneo, che andò in esilio in Svizzera: resterò qui fino a quando non sarà realizzato il cambiamento". E lo scontro, aggiunge Bossi, "lo scontro in aula sulla devoluzione non riguarda le competenze specifiche che vanno alle Regioni, ma piuttosto se è giusto che la nostra Costituzione porti al federalismo". Il ministro usa una domanda retorica per spiegare la riforma che ha in mente: "E' meglio che la Regione sia un cane alla catena nelle mani del governo o, grazie al federalismo, possa essere libera di muoversi all'interno di un recinto costituzionale?". Da qui l'attacco all'opposizione, che "vuole apparire federalista ma in realtà non lo è". E a chi gli contesta i costi della riforma, Bossi spiega che "costerà zero lire, dopodiché dovrebbe rendere più efficiente il Paese".

Il vicepresidente del Senato e segretario federale del Carroccio, Roberto Calderoli, la mette giù un po' più dura. Dice che il bilancio della Lega dal lato delle riforme è assolutamente negativo. E che se si continua così occorrerà ridiscutere tutti i patti, a partire da quelli preelettorali con il centrodestra. Insomma, se non sia meglio per la Lega correre da sola. E lunedì Calderoli chiederà al consiglio federale del Carroccio di pronunciarsi su questo tema.

''La Casa delle Libertà - dice l'esponente leghista - è nata sulla base di un accordo che prevedeva come punti determinanti del programma la devoluzione e le altre grandi riforme del Paese. Ora però l'Udc ha convocato per questi giorni una riunione per la valutazione del testo della devoluzione all'esame della Camera. Ma come, quello non è lo stesso testo varato dal governo, votato dal Senato e già sottoscritto dai segretari di partito della Cdl ancora prima delle elezioni politiche del 2001? Sono molto perplesso, dopo quasi due anni di legislatura le riforme non vanno avanti, il Nord continua ad essere schiavo del centralismo, i suoi problemi principali restano irrisolti, e sul territorio mi trovo a dover aver ancora a che fare con residuati bellici della prima Repubblica''.

Di qui la richiesta a Bossi di mettere come primo punto all'ordine del giorno del Consiglio federale un bilancio delle riforme, e di conseguenza "una valutazione dell'opportunità o meno di accordi elettorali in vista delle prossime amministrative viste le insistenze della nostra base a correre da soli''. Primo passo verso la convocazione di un'Assemblea.

Ma gli strali della Lega non toccano più di tanto Tabacci che, tetragono, si appresta a depositare quello che qualcuno ha già chiamato pittorescamente un emendamento "salvapatria". Che tenderebbe appunto a circoscrivere e ridurre l'autonomia di poteri che avranno in futuro le regioni su polizia locale, sanità e scuola. E tal proposito l'esponente del Biancofiore oggi ha fatto già capire dove vuole arrivare.
''Le nuove competenze esclusive delle Regioni devono trovare un limite insuperabile nelle competenze esclusive dello Stato - ha infatti dichiarato davanti alla Prima Commissione - E, a scanso di equivoci futuri, vanno specificate". Tabacci ha quindi configurato il rischio che "l'esercizio della potestà legislativa regionale non sia sottoposta ad alcun momento di verifica e non riceva il previo consenso degli organi centrali"; come pure la possibilità di conflitti che spetterebbe necessariamente alla Corte costituzionale dirimere con ripercussioni istituzionali fortemente negative. E anche sulla polizia locale, ha chiesto di precisare che le Regioni possano attivare "competenze legislative esclusive con funzioni ausiliarie all'attività di tutela della sicurezza riservata allo stato centrale''.

Poi ha ammonito un po' tutti i colleghi della Prima Commissione sul fatto che "questa è l'ultima occasione per cambiare il testo sulla devolution, visto che i Regolamenti parlamentari non consentono modifiche di ddl costituzionali in seconda lettura". Ma in questo ultimo caso si è preso una piccata replica proprio dal presidente ella commissione stessa Donato Bruno (Forza Italia), che ha sentito il bisogno di ricordargli come tutti i membri dell'organismo conoscano già bene la Costituzione.

Ce n'è comunque abbastanza per prevedere ancora una volta (come già accadde per la fatidica legge sull'immigrazione) un nuovo braccio di ferro fra Udc e Carroccio. Non è però ben chiaro se si tratta di un ben collaudato gioco della parti, legato ad altri contenziosi interni alla coalizione, e destinato quindi a lasciare la natura del provvedimento in questione immutata; o se veramente ci si debba predisporre ad uno scontro tutto interno alla maggioranza sul grado di devolution da realizzare. Anche perchè c'è chi, come il Presidente dei senatori del Biancofiore Francesco D'Onofrio, tenta da giorni di gettare acqua sul fuoco delle polemiche nascenti.

E' stato infatti lui a negare fino all'ultimo l'esistenza del fatidico emendamento appena preannunciato. Ed è stato sempre lui a sottolineare che il centrodestra si trova semmai concorde su un'unica modifica impellente: quella del titolo V della Costituzione, che fu rimodellato dal centrosinistra attraverso una ratifica frettolosa sul finire della scorsa legislatura e con un margine di voti risicatissimo.

Ma le sue parole rassicuranti mal si conciliano con quanto appena promesso da Tabacci. A meno che quest'ultimo non stia agendo in splendida e destabilizzante solitudine. A tal proposito Dario Galli, vicepresidente del gruppo leghista alla Camera, dichiara polemicamente che ''l'ennesima sortita dell'on. Tabacci, che bisogna vedere quanto seguita dall'Udc, dimostra come già accaduto che è stato eletto nella Casa delle libertà forse senza averne letto il programma, in cui la devolution è una parte fondamentale''.

Molti comunque ricordano che l'appuntamento incombente delle prossime elezioni amministrative potrebbe accendere gli animi. Che insomma sia la Lega che l'Udc hanno bisogno di presentarsi al corpo elettorale come fautori di un federalismo spinto l'una e come difensori dell'unità nazionale e della moderazione politica postdemocristiana l'altro.

Perché quelle sono in effetti le rispettive peculiarità politiche, attraverso cui le due sigle possono sperare di mantenere quote di voti indispensabili per avere voce in capitolo nella maggioranza. Per questo solo l'esame concreto della devolution in Commissione Affari Costituzionali ci dirà da lunedì prossimo quali sono le reali intenzioni di Lega e Biancofiore.

(13 FEBBRAIO 2003; ORE 15:57, ultimo aggiornamento 21:16